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Un ex presidente della Repubblica, un ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio di centrosinistra, un sottosegretario alla presidenza del Consiglio di centrodestra, una manciata di generali, un ambasciatore, un sociologo, il ministero dell’Interno, gli elicotteri di Finmeccanica, un consigliere di George W, Bush e infine il dibattito nella minoranza interna del Pd: cose e persone che sembrerebbero avere poco a che fare l’una con l’altra.
E invece Francesco Cossiga, Marco Minniti, Gianni Letta, il generale Leonardo Tricarico, l’ambasciatore Giovanni Castellaneta, il ministro Roberto Maroni, il professor Marzio Barbagli e persino Dario Franceschini sono giunti a lambirsi, se non a intersecarsi, nei paraggi della Fondazione lesa (Intelligente Culture and Strategie Analysis), think tank che si propone "di analizzare i principali aspetti connessi alla sicurezza nazionale" e "all’evoluzione dei modelli di difesa militare".
E’ accaduto infatti che lesa - creatura di Marco Miratiti, ex sottosegretario con Massimo D’Alema e viceministro dell’Interno con Romano Prodi - abbia fatto indirettamente la sua comparsa lo scorso weekend in quel di Cortona, sede del seminario della minoranza pd a cui Minniti, noto come "dalemiano", si è ora avvicinato: non solo, infatti, sì è detto "d’accordo" con gran parte della relazione cortonese di Dario Franceschini,, ma è pure comparso nel novero degli uomini pronti a contribuire con pensieri e opere alla vita di Area democratica, fondazione veltroniana di freschissima nascita,
"Non so se è troppo di sinistra pensare a una moratoria nell’acquisto di sistemi d’arma da parte del nostro governo", ha detto dunque Dario Franceschinì durante il seminario, prima di concludere con un "credo che in un frangente come questo, di gravissima crisi sociale, sia francamente incomprensibile, e anche oltre la soglia delle cose moralmente accettabili, spendere in armi da guerra". "Non penso si possa parlare di una moratoria, chiedo a Dario un supplemento di valutazione". ha ribattuto a quel punto un pacato Minniti, che con lesa, oltre a incassare un "bravo" da Gianni Letta fin dalla fondazione, oltre a mirare a un "network" estero, oltre a produrre dossier sullo stato delle Forze armate e sui servizi segreti, ha puntato a creare un luogo di riflessione sulla sicurezza nazionale "non condizionato" dall’alternanza di governo (così Minniti aveva presentato lesa tempo fa) e ha recentemente siglato con Maroni una convenzione per la redazione annuale di un rapporto su criminalità e sicurezza (dirige i lavori il suddetto professor Barbagli, esponente del consiglio scientifico Issa). Ma, dice un deputato franceschiniano, "siccome lesa è presieduta da Cossiga, e siccome un membro di lesa, Castellaneta, è anche nel cda di Finmeccanica, e un altro membro di lesa, Tricarico, è stato una colonna dell’aeronautica in Kosovo, forse è il caso di dire che Mìnniti è benvenuto, ma che la visione della sua lesa stride con la nostra impostazione".
Dalla commissione Difesa del Senato, intanto, il capogruppo pd Gian Piero Scanu si dice "d’accordo con Franceschini. Ritengo che l’Italia sia nella condizione di accedere a una moratoria, per via della crisi e perché il nostro modello di difesa ci pone oggi di fronte a un bivio: potenziare il capitale umano, dando un impulso alla professionalizzazione dei militari, o acquistare armamenti? Io propendo per la prima opzione".
Nel bel mentre si è posato su lesa anche lo sguardo (sornione) di Marco Pannella, sotto forma di “contributo" volontario al dibattito nel Pd. Sabato, infatti, il leader radicale ha emesso un comunicato su Minniti e D’Alema che, via lesa e Copasir, sarebbero in odore dì "unità nazionale" con Berlusconi. Passa un giorno e, durante la conversazione con Massimo Bordin, Pannella ci torna su con venature ironiche: "Una cosa favolosa... poteva essere una sorta di P2 più seria e ufficiale. Intanto la lealtà del nome: intelligente all’inizio, poi cultura e infine analisi delle crisi. Poi è piena di generali della Guardia di Finanza...".