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Un partito di marionette

• da Left del 14 maggio 2010

di Marcantonio Lucidi

 

Professor Carlo Taormina, sui soldi di Anemone che sarebbero serviti per comprare la casa di via del Fagutale, lei si aspettava una simile ingenuità da Claudio Scajola, fra l’altro suo ministro dell’Interno quando lei, per pochi mesi nel 2001, era sottosegretario di quello stesso dicastero?
L’insinuazione è che ci potrebbe essere un collegamento proprio con il periodo in cui era ministro dell’Interno. Quindi se fosse vero quello che si intuisce dai giornali, mentre mi censurava e mi cacciava perché esercitavo la professione di avvocato anche nel periodo in cui ero sottosegretario, percependo solo quello che mi spettava, avveniva qualcosa di ben diverso. Tra l’altro mi pare che lo stesso Berlusconi, alle prime battute di questa vicenda, disse che Scajola doveva rimanere al suo posto. Una cosa è certa: se dentro casa tua c’è il ladro, il ladro deve essere punito prima di tutto all’interno di casa tua. La stessa storia di Verdini, naturalmente poi lui riuscirà a dimostrare la sua estraneità ai fatti. Ho avuto un lungo contenzioso con Verdini, anzi le mie dimissioni dal Popolo della libertà, prima che nascesse, è dovuto proprio all’attacco frontale che io feci a Verdini. Ma di casi ce ne sono tantissimi dentro l’ex Forza Italia e poi nel Pdl. Rifletto spesso per capire la ragione per la quale con me c’è stato un atteggiamento diverso.

E perché ci sarebbe stato un atteggiamento diverso?
Ho sempre ragionato con la testa mia e questo non è un pregio per Berlusconi. Non sono mancate le occasioni nelle quali ho fatto notare quello che non andava soprattutto dal punto di vista della moralità e dell’onestà. Berlusconi è una persona di assoluta distanza da problemi di corruttela per quello che riguardalo svolgimento dell’attività politica. Il suo grande difetto è di scegliere le persone in base a criteri assolutamente gratuiti e che si basano sul fatto che essenzialmente si tratta di schiavi e di servi piuttosto che di persone. Non va oltre nella valutazione delle capacità, delle tendenze, dell’onestà degli individui. Onesti, non onesti, purché siano al suo servizio.

Lei ha citato Verdini, Scajola...
L’elenco è lungo.

Faccia i nomi.
Ho già abbastanza nemici.

Sembra che sotto il Pdl ci stia una piovra.
Ma non è una piovra. Non è un partito di banditi. L’80-90 per cento delle persone è gente perbene. Che poi sappiano fare politica, questo è un altro discorso. Che poi partecipino alla vita politica del partito, anche questo è un discorso diverso perché non esiste partito. La gestione delle cose che ruotano attorno al partito gravita su pochissime persone che egemonizzano tutto e quindi anche la grande maggioranza degli iscritti al Pdl è una maggioranza silenziosa. Subisce.

Prima in Forza Italia, c’erano lei, Martino, Pisanu, Pera. Era il gruppo dirigente che circondava il capo. Adesso abbiamo Verdini, Ghedini, Cicchitto, Pecorella, Bondi. Insomma, Forza Italia e poi il Pdl di tanto in tanto non cannibalizzano i loro uomini?
Se si parte dal presupposto che questo sia un partito, si sbaglia tutto. Questo non è un partito.

E cos’è?
Un centro di diffusione di programmi, di obbiettivi che ruota sempre e soltanto intorno alla persona di Berlusconi. Quando si parla di Tremonti come dell’unico personaggio che in qualche modo sarebbe in grado di contrastarlo, di parlargli alla pari, si sbaglia. Anche Tremonti fa esattamente quello che vuole Berlusconi, perché non esiste che qualcuno faccia ciò che Berlusconi non vuole. Questo è il problema di fondo. Non conta niente nessuno. Sono tutti delle marionette.

Sicché anche voi eravate marionette?
Io ho cercato di non esserlo.

Quindi ha sbattuto la porta?
No, mi hanno cacciato.

E gli altri di prima, Pera, Pisanu, Martino?
Sono state persone che hanno preso determinate posizioni su specifici temi e questo non andava bene al Cavaliere. Pera a un certo punto aveva avanzato anche l’ipotesi della sua candidatura alla presidenza della Repubblica. Figuriamoci. Su Martino la questione è più complessa, di tipo idealistico. Mentre Pisanu, insomma Pisanu è sempre stato un mediocre personaggio della politica. Quando Scajola dovette dimettersi da ministro dell’Interno, il premier lo sostituì con Pisanu facendolo risorgere. Ma ci sono tantissimi altri personaggi che sono scomparsi dalla circolazione. Svaniti nel nulla.

Tornati a fare il loro mestiere?
Chi poteva, altri sono morti di fame. Berlusconi è una persona alla quale non potrai mai rimproverare niente. Lui non dice mai "no". Non è mai, diciamo così, capace di esprimere quello che fa, ma lo fa. È uno scienziato, uno scienziato dell’epurazione.

Su Tangentopoli: Gava, Craxi, Forlani. Tangentopoli è passata tutta dal suo studio. Tutta qua. La differenza fra Tangentopoli e la corruzione di oggi?
È diverso il tipo di corruzione. Nel 92-94 abbiamo avuto l’esplosione ma i segnali erano forti già da prima. Agli inizi si riusciva a controllare la situazione, a bloccare. La magistratura era più tollerante, più integrata con lo Stato, quindi certi ministri si salvavano. Quella era una corruzione nella politica. I partiti erano diventati le agenzie dell’imprenditoria pubblica e privata. Erano coinvolti tutti i partiti.

I Radicali, no.
I Radicali, per quello che ricordo, no. Ho avuto fra gli altri miei clienti l’ex ministro dei Lavori pubblici Prandini, un genio di queste operazioni. Conservo un documento sul quale io ho fatto molto affidamento per la sua difesa: erano riportate, rispetto a determinate tangenti, tutte le percentuali dalla Democrazia cristiana alla Cgil. È stato un documento col quale non dico si sia potuto esercitare un certo ricatto anche dal punto di vista giudiziario però fu una carta fondamentale. Un emblema del sistema. Politica e imprenditoria, politica e affari erano diventati la stessa cosa per tutti i partiti. Ora è diverso. La corruzione è diventata persino più selvaggia: le percentuali di cui si parla oggi sono spropositate, si arriva a situazioni da gangster.

Cioè quanto?
Prima ci si basava sul sistema. Non si chiedeva il 50 per cento perché il sistema chiedeva il 10 e con quello copriva tutto. Montagne di denaro che arrivavano automaticamente. Ricordo un ministro della Repubblica che aveva cambiali di un imprenditore e che sta ancora riscuotendo perché scadevano nel 2010. Di quei soldi, molti rimanevano attaccati alle mani dei singoli politici ma molti andavano
ai partiti. Adesso le forze politiche non prendono niente. La corruzione è per così dire personalizzata, non nel senso che riguardano una singola persona ma riguardano la cricca del partito. Il partito è uno strumento di esercizio di questo potere.

Quindi lei sostiene che Berlusconi nulla sa?
Berlusconi non trae vantaggi da queste cose. Se qualcuno mi parla di un’operazione per l’editoria o per i diritti televisivi attraverso una legge dello Stato, allora lì certamente sono d’accordo con l’idea che lui sappia bene di che si tratta e ci metta del suo. Ma su altre cose, no.

Riassumendo: Berlusconi ha una muta di cani, se la muta trova roba da mangiare in giro, lui lascia fare.
Non lo sa. Lo viene a sapere dopo. L’errore è che quando sa, non interviene. Prendiamo il caso di Verdini. Berlusconi potrebbe dire: "Bello mio, mettiti da una parte". Anzi lo dovrebbe cacciare. Invece non lo fa. Ma non si creda che Berlusconi non stia già pensando a come fotterlo. Verdini è finito. Un morto che cammina.

Lei una volta ha detto: «Ogni tanto tocco con mano il condizionamento sulla vita economica e istituzionale che la massoneria è in grado di esercitare». Nel sistema gelatinoso, in tutta questa roba che sta uscendo fuori, i massoni ci sono?
Veda lei quanti ce ne stanno al governo.

Quanti sono? Chi sono?
Sono tanti.

Dica una cifra.
Eh, ma la massoneria oggi è in grande crescita. E fa tanti soldi. Fa soprattutto soldi. In queste storie fra Anemone e compagni non è che la massoneria sia estranea- Prontio no.

Lei ha sostenuto che Berlusconi ha premuto sull’approvazione del processo breve come una minaccia. Mirava. invece, a ottenere la norma sul legittimo impedimento, a mo’ di ponte per l’approvazione di un lodo Alfano bis come legge costituzionale. Tutto secondo programma?
Sì, ma l’ho capito subito. Non poteva stare in piedi come norma. Berlusconi secondo me l’ha fatto apposta. Ha creato la provocazione, il dibattito, lo scontro.

E tutti si sono distratti, specialmente i giornalisti.

Ma si ricorda la storia di Telekom Serbia, quando me ne sono uscito dicendo "sono io il burattinaio" e tutti i giornalistici cascarono? Era il periodo in cui venne fuori il fatto che Bocchino s’era beccato due miliardi
circa di soldi provenienti da quell’operazione per un giornale. Bocchino è diventato un altro intoccabile. Un giorno gliela ricordo questa cosa. E gli ricordo anche il fatto che è vero che Romeo e gli altri sono stati assolti ma c’era la sua presenza in quella vicenda giudiziaria. Ecco i nomi: Cosentino ha processi a non finire. Landolfi è indagato.

Rinviato a giudizio per concorso in corruzione con agevolazione di un clan mafioso.
È pieno di queste cose ma nessuno si muove.

Gianfranco Fini: che ne pensa?
Sicuramente Fini ha rivestito di politico quello che politico non è: quelle quattro, cinque cose che ha chiesto, il federalismo, la democrazia interna, sono questioni assolutamente tranquille delle quali si sarebbe potuto pacatamente discutere dentro al partito.

Ma nel partito non si può discutere.
Si poteva iniziare un percorso fatto di una discussione perché, a parte la storia dell’immigrazione, il tasto giusto che ha toccato e che secondo me sarà la fonte di tutta la politica dei prossimi anni, è il federalismo. Se permettiamo alla Lega di continuare a essere quello che è, l’Italia si spacca in due se non in tre. Ci sono inoltre valenze economiche incredibili perché la Lega non fa la benefattrice, ha in mano tutta la piccola e piccolissima industria, l’artigianato. Sono immischiati in tutto e di più, quindi non è vero che stanno al di fuori delle cose. D’altronde quando i leghisti dicono che vogliono le banche, mi sembrano come Fassino con Consorte.

C’è corruzione nella Lega?
La corruzione c’è dappertutto. Non posso dire di fatti che riguardino la Lega, posso dire che nel sistema economico del Nord la Lega è molto presente, poi se trae vantaggi leciti perché l’imprenditoria la finanzia legittimamente, ne sono contento. Quello che politicamente m’interessa è il secessionismo concettuale della Lega. Credo che questo sia il problema politico dell’immediato futuro e l’unico tasto politico reale toccato da Fini, ma ne eravamo tutti al corrente. Non posso dimenticare un intervento magistrale alla Camera dell’allora segretario dell’Udc Follini nel quale esponeva il problema dell’interesse nazionale. Per il resto, Fini ha vestito di politicità una cosa completamente diversa. Ha accertato, probabilmente la notizia è uscita dall’entourage di Berlusconi, che lui non è il successore. La questione
è esclusivamente personale. Ha capito che è al capolinea.

Nel programma del partito da lei fondato, Lega Italia, si parla di "fascistizzazionedi Forza Italia".
L’ha ribadita Fini tempo fa.

Per carità, però l’ha detto anche lei. Fini non è mai stato in Forza Italia.
E noi non l’abbiamo mai voluto. C’è stato un momento nel quale avevamo forti contatti con Franco Marini. Quando entrammo in Parlamento nel 2001, ci fu una reciproca ricerca di colloquio e Marini ci disse: scusate, ma io sono un sindacalista, come faccio a mettermi con voi che siete in rapporto con una
forza fascista? Lo ricordo per dire che noi non abbiano mai tollerato l’idea che Fini potesse in qualche modo prendere il sopravvento su Forza Italia, che un fascista potesse venire a fare il padrone a casa nostra. Io poi più degli altri, più di Cicchitto che magari cerca compromessi con tutto e con tutti. Fini afferma chiaro e tondo che vuole fare del Pdl un partito di destra. Questo è il problema. Il 90 per cento degli iscritti a Forza Italia di ieri e di quelli del Pdl oggi non sono di destra. Chiamiamoli liberali, poi è un’accozzaglia di persone, chi socialista, chi repubblicano ma non fascisti e non di destra.

Tuttavia lei scrive: «Il Pdl è nato dall’uso di battute e bacchette magiche». Oppure: «Il Presidente del Consiglio dispone di un potere dittatoriale non dissimile da quello dei Ventennio fascista». Se la mettiamo così, Berlusconi se ne deve andare.
Berlusconi è stato talmente bravo da far pensare che questa non sia una dittatura. Si veda come è ridotto il Parlamento. Il fatto è che dentro al partito non c’è mai stato un minimo di dialettica. È la storia di ieri, di oggi e di domani, perché Berlusconi è così e non lo cambia nessuno. Svuotamento delle istituzioni,
di Parlamento, governo. Che conta il governo? Niente.

Conta solo il presidente del Consiglio.
Ma certo. II fatto che Berlusconi al di fuori della Costituzione sia riuscito nel’94 a farci votare premier contro premier, Berlusconi contro Occhetto, Berlusconi contro Prodi, è l’emblema di questa Repubblica. Un massacro delle istituzioni democratiche. È un dittatore, Berlusconi, come lo sarebbe Bersani se vincesse le elezioni.

Con Lega Italia che farà?

Misurarmi sul federalismo, perché io credo noi possiamo fare quello che il Pdl non può, la guerra alla Lega.


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