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Il Cavaliere tenda di gestire i contraccolpi delle indagini

• da Corriere della Sera del 14 maggio 2010

di Massimo Franco

 

L’approccio sta diventando più guardingo, e aperto a tutti gli scenari: anche i più insidiosi per il governo. Il modo in cui Silvio Berlusconi parla delle inchieste giudiziarie, almeno in privato, tende a non escludere nulla. La parola d’ordine ufficiale è che l’Esecutivo va avanti; e che lo scandalo del G8 non somiglia a Tangentopoli, l’indagine che terremotò la classe politica all’inizio degli anni Novanta del secolo scorso. Ma il presidente del Consiglio sembra consapevole che una nuova fase si è comunque aperta. E tenta di pilotarla, non soltanto di subirla.
Per questo avrebbe ammesso durante,una cena che «se qualcuno ha sbagliato pagherà le conseguenze». È il segno di un momento di attesa. Il premier non esclude che possano arrivare altre rivelazioni o provvedimenti riguardanti esponenti del centrodestra o addirittura membri del governo.
Anche per questo non ha ancora sostituito il ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola, costretto alle dimissioni per alcuni favori ricevuti nell’acquisto di una casa.
Ma il solo fatto che Berlusconi lasci filtrare l’irritazione per il modo in cui si è mosso Scajola, costituisce una novità. E’ come se Palazzo Chigi si aspettasse e quasi sperasse di vedere emergere i nomi di chi «ha sbagliato»: per capire se può andare avanti con gli equilibri odierni, o se deve voltare pagina. Si tratta di una preoccupazione che il presidente del Consiglio condivide con Umberto Bossi. Anche il capo della Lega osserva con sospetto quanto accade. L’inchiesta gli appare «un po’ strana, un po’ preparata». Non ci sarà crisi, a meno che non «si portino via tutti i ministri». Ribadisce che il governo non rischia «fin quando ci siamo io, la Lega e Tremonti». Ma concede che «la situazione è brutta». Quanto brutta lo diranno i prossimi giorni. Rispetto alla tesi del «complotto», però, il linguaggio è cambiato.
E’ verosimile che i rapporti con Gianfranco Fini, tuttora pessimi, si evolveranno con lo sviluppo delle inchieste. II presidente della Camera giura di non pensare ad imboscate parlamentari. Ma la diffidenza reciproca rimane intatta, anzi aumenta per l’assestamento progressivo della corrente finiana. L’eventualità di una rottura irrimediabile ora viene ammessa apertamente. Con quali contraccolpi, tuttavia, non è chiaro. Fini ieri ha confermato che, pur essendo «pro tempore», comunque non rinuncerà al ruolo di terza carica dello Stato. Se però davvero Berlusconi sta pensando ad un appello a Pier Ferdinando Casini, qualcosa potrebbe muoversi. Il Pdl cerca un nuovo baricentro, e arriva a definire l’Udc «una costola separata del centrodestra» con il ministro Ignazio La Russa, ex di An. Ma è difficile che l’Udc accetti di entrare nella maggioranza in questa logica. Solo se Berlusconi prendesse atto che la crisi economica richiede un coinvolgimento di tutti, Casini sarebbe pronto a spingere per una collaborazione delle opposizioni col governo. Ma l’«asse del Nord» non la pensa così: alle Regionali il partito di Bossi e quello di Casini si sono azzuffati. E’ vero che le Regionali sembrano lontane. Ma finora più che una soluzione si intravede solo tanta confusione.


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