Nell’apprendere che Rosy Bindi è soddisfatta eravamo sicuri che lo fosse per il suo appartamento romano, in zona piazza del Popolo, acquistato per la modica somma di 300mila euro (se lo rivende a me le offro 100mila euro in più, sull’unghia). E invece sbagliavamo. In realtà la signora si sfrega le mani e sorride perché il governo, allineandosi per cause di forza maggiore ai Paesi dell’Unione Europea, si accinge a tagliare la spesa onde evitare la catastrofe finanziaria. Secondo lei l’operazione risparmio dimostra che l’Italia è in crisi come la sinistra ha sempre sostenuto, contrariamente a Berlusconi «inguaribile ottimista».
In questa fregnaccia si condensa la superficialità e la tendenza a disinformare dell’opposizione. La quale attribuisce alla maggioranza e al suo leader affermazioni mai fatte al solo scopo di accendere polemiche anche per chi le promuove. Si dà infatti il caso che il centrodestra non abbia mai negato il disastro economico provocato dai titoli tossici, tanto è vero che lo ha affrontato meglio di Inghilterra, Spagna, Portogallo eccetera, come si evince dal tenore di vita elevato degli italiani confrontato con quello
pessimo di altri cittadini europei, oltre che dalle statistiche dell’Ocse.
Piuttosto il Cavaliere e Tremonti non hanno mai smesso di incitare la gente a reddito immutato (negli ultimi anni) a consumare quanto prima della crisi per aiutare le imprese a resistere sul mercato. D’altronde è noto che l’economia sale o scende se sale o se scende il morale del popolo. Il comportamento dei compagni è contraddittorio. Essi sono impegnati a dipingere l’Italia sull’orlo della tragedia, affamata, disperata, e al tempo stesso a reclamare maggiori investimenti statali per favorire un rilancio illusorio dell’occupazione.
Proposte generiche quando non assurde come l’aumento delle tasse sui redditi superiori a 100mila euro annuali. Intanto c’è poco da spremere il limone visto che è già stato spremuto. Se Tremonti avesse allargato anziché stringere i cordoni della borsa oggi saremmo lì a far compagnia alla Grecia in fondo al burrone. E per non rischiare di raggiungerla a ruzzoloni dobbiamo imporci una sobrietà ancora maggiore, mettendo mano alle cesoie per tagliare seriamente altri oneri che non ci possiamo concedere per via del debito pubblico tra i più alti del mondo.
Qui non c’è da scherzare. O si rientra nei binari della normalità o i nostri titoli di Stato presto o tardi (più facile presto) non verranno comprati e non avremo soldi per la spesa corrente. E allora saranno guai. Altro che investire. Per investire serve recuperare denaro attualmente sprecato in mille settori improduttivi.
Se c’è una critica da muovere al governo è proprio questa: non aver provveduto immediatamente, al primo cenno di crisi, a sbaraccare gli enti inutili, a razionalizzare la sanità (madre di tutte le porcherie), a elevare l’età pensionabile (parificando uomini e donne), a comprimere gli organici dell’impiego pubblico, a non distribuire pensioni di invalidità a chi invalido non è. Le solite cose che andiamo ripetendo da anni e che solo Mariastella Gelmini ha realizzato con rigore nonostante le rabbiose reazioni dei sindacati.
Per adesso, almeno a giudicare dalle voci che arrivano da Roma, non sembra ci sia la volontà di intervenire drasticamente nella direzione indicata. Le idee di risparmio espresse da Calderoli sono buone, ma insufficienti a risolvere il problema. Per tacere dei palliativi suggeriti da varie parti tipo la rinuncia dei politici a uno stipendio l’anno. Iniziati ve simboliche ma non incisive sul piano materiale. Chiediamo a Berlusconi uno sforzo per lui immane: rinunci a una piccola quota di popolarità per salvare il Paese.
Se poi la Bindi si irrita, sopravviveremo anche a questo.