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Se Bocchino assomiglia a Di Pietro

• da L'Opinione del 18 maggio 2010

di Alessio Di Carlo

 

Che nel nostro Paese - e non solo - il rapporto tra politica e legalità non sia sempre stato dei migliori non è un pettegolezzo, né si può dire che proprio in questi mesi tiri una gran bella aria.
Francamente non ci appassiona il dibattito tra chi parla di nuova tangentopoli e chi spiega che quella fu tutt’altra faccenda. C’è piuttosto da interrogarsi su come affrontare e finalmente sconfiggere una eventuale nuova epidemia corruttiva - prima - e giustizialista, poi.
Ci ha provato dalle colonne di Generazione Italia l’onorevole Italo Bocchino, auspicando che il PdL divenga "Partito della legalità" ed avanzando tre proposte.
La prima consiste nella sottoscrizione di un codice etico, sulla scorta di quello approvato dalla commissione Antimafia, per tutti gli eletti del Pdl in ogni assemblea e per quelli nominati in ogni società o ente su indicazione del partito.
La seconda proposta ricalca quella invocata dai radicali ormai da anni: vale a dire l’adozione dell’anagrafe pubblica degli eletti e dei nominati con la pubblicazione sul sito ufficiale del partito
dei dati reddituali e patrimoniali.
L’ultima proposta, più articolata, riguarda la riscrittura del ddl anticorruzione da parte di Generazione Italia e disponibile sul sito del movimento.
A noi pare che il pur apprezzabile tentativo dell’onorevole Bocchino non colga nel segno. La prima proposta, per il solo fatto di evocare l’adozione di principi etici fa venire l’orticaria. Da liberali crediamo che un esponente politico, come qualsiasi cittadino, debba rispettare la legge (uguale per tutti) e l’etica (propria e individuale). La seconda proposta è talmente condivisibile da chiedersi per quale motivo l’onorevole Bocchino non si attivi di farla diventare legge e per estendere l’obbligo non solo agli esponenti del PdL ma a tutti gli eletti e nominati, a prescindere dal partito di appartenenza. Chissà poi perché solo oggi l’onorevole campano si avvede dell’esìstenza della proposta radicale non che data almeno due anni.
E poi, infine, agli esponenti di Generazione Italia deve andare un appello accorato: quello di non spingere troppo sul terreno del giustizialismo perché il passo per ritrovarsi gomito a gomito con Antonio Di Pietro non è poi così lungo. Sempre ammesso che proprio quello non sia l’obiettivo.


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