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A Catania, il presidente della regione Sicilia Raffaele Lombardo domenica ha chiesto ai militanti dell’Mpa di lavorare senza sosta per rimpolpare le casse del partito con il tesseramento, altrimenti «ci tocca rubare». Frase ad effetto, pronunciata con malizia, che comunque ha provocato forti malumori tra gli ascoltatori di radio Radicale, che ha trasmesso il comizio: Lombardo aveva convocato la riunione, come ha scritto il suo staff nel blog del governatore siculo, per stare insieme a quei «semplici cittadini, militanti, dirigenti e amministratori locali» animati dalla volontà di «manifestare affetto e stima per il presidente della regione in questo momento storico in cui sono in gioco le sorti del popolo siciliano». Ovvero, dopo le accuse rivolte dai magistrati a Lombardo. Dopo aver salutato l’ingresso di Aurelio Misiti nel partito (era stato eletto con l’Idv), diventando nuovo portavoce dell’Mpa (anche perché, l’ugola di Lombardo è sempre più sottoposta a sforzi disumani), ha chiesto di combattere nella società civile per continuare in quello che definisce il «processo rivoluzionario» della sua azione di governo. Lombardo ha risposto agli attacchi giudiziari chiedendo agli amici: «Svegliamoci, muoviamoci, alziamoci dalle sedie, riprendiamoci il diritto di liberare la Sicilia, di costruire il futuro dei nostri figli». Sottolineando di non aver chiesto nulla al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, men che mai una visita degli ispettori del ministero della Giustizia, che è guidato da Angelino Alfano, con il quale Lombardo non ha rapporti idilliaci (così come con il presidente del Senato Renato Schifani). E nel mazzo finisce pure Silvio Berlusconi, dato che per Lombardo il governo nazionale «non ci ha dato nulla, piuttosto se ha potuto ci ha levato quel che poteva». Certo, non è stata davvero un’uscita felice quella di scegliere tra la sottoscrizione di un maggior numero di tessere o rubare: senza dimenticare di prendersela con quelle «menti raffinate che ora tramano contro di noi...»