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"Anche il Carroccio stringa la cinta"

• da Il Messaggero del 18 maggio 2010

di Marco Conti

 

Al federalismo la Lega non intende rinunciare e ieri mattina è calata in massa a Roma per le ultime limature a quel decreto sul federalismo demaniale che mercoledì verrà varato in commissione e il giorno dopo in consiglio dei ministri.
Silvio Berlusconi è pronto a pagare la prima "cambiale"al Carroccio. Specie se il trasferimento di beni a regioni e comuni si tradurrà in minori trasferimenti in moneta sonante. Oltre però il presidente del Consiglio non intende andare, tantomeno avviare quel federalismo fiscale che per qualcuno, in un momento di crisi come l’attuale, rischia di rappresentare un lusso.
Prima di partire per il Consiglio Europeo di due settimane fa, in un faccia a faccia con Giulio Tremonti che qualcuno definì «vivace», Berlusconi fu drasticamente chiaro: «Se i soldi non ci sono, non ci sono per tutti». II riferimento del premier all’ormai tramontato progetto di taglio delle tasse, non fù esplicito ma altrettanto chiaro. D’altra parte per il Cavaliere se la crisi economica impone a tutti i paesi europei, compreso il nostro, di cambiare l’agenda delle priorità, non si comprende perché la Lega dovrebbe poter spuntare e intestarsi una riforma sicuramente costosa, almeno nella fase di avvio.
Berlusconi, che rientrerà a Roma solo domani dopo una decina di giorni si silenzio, attende che dall’Ecofin in corso oggi a Bruxelles arrivino le indicazioni necessarie per quantificare una manovra che nel frattempo lievita con il passar dei giorni. Così come crescono le ipotesi di tagli. Tra queste quella avanzata dal Carroccio che prevede di ricomprendere nel taglio degli stipendi anche i dipendenti di
tutte le società e gli enti che in qualche modo attingono alle casse dello Stato, come la Rai e le authority. In attesa che Tremonti e i tecnici dell’Economia mettano nero su bianco le proposte, Berlusconi segue
con preoccupazione anche  gli sviluppi dell’inchiesta di Perugia che ha sinora coinvolto, a vario titolo, più di un ministro. Nel “no", ripetuto ieri da Bossi all’ingresso dell’Udc nel perimetro della maggioranza, si legge tutto il nervosismo del Carroccio per un eventuale mutamento delle ragioni sociali del centrodestra che potrebbero realizzarsi attraverso la nomina di un tecnico a ministro dello Sviluppo Economico.
Raccontano che il sottosegretario Gianni Letta sia il primo sponsor di una soluzione che permetterebbe al governo di reggere meglio l’urto di misure impopolari,
La telefonata che sabato scorso Berlusconi ha fatto al presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, sarebbe per qualcuno la conferma della ricerca di un nome in grado di contenere anche quell’asse del Nord rappresentato dall’accoppiata Tremonti-Bossi. Il fatto che ieri il capogruppo del Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto si sia appellato «ai settori più responsabili dell’opposizione, come l’Udc», con ferrea però tutte le preoccupazioni del premier che si prepara al pubblico appello, pronto a trasformare il suo esecutivo in un governo di salute pubblica. Anche se non si tratta del governo di unità nazionale evocato giorni fa da Pannella, sarà decisiva la disponibilità delle opposizioni. Fini compreso


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