«Ora bisogna verificare se i sacrifici servono». Il nuovo grave lutto per la morte dei soldati italiani, provoca una crepa nel governo, ed è il ministro per la Semplificazione, Roberto Calderoli, ad esprimere dubbi sulla nostra missione in Afghanistan.
Per spegnere l’inizio d’incendio nell’esecutivo deve intervenire il leader della Lega, che corregge il suo collega di partito: «Avevo chiesto un tempo - avverte Umberto Bossi - per portare a casa i militari, ma ora mi pare che la realtà sia diversa. Non possiamo scappare da Kabul. Per l’Occidente sarebbe una fuga, e avrebbe anche delle conseguenze sul governo». Si apre un altro fronte caldo nel centrodestra, incalzato dall’opposizione, che chiede al governo di riferire in parlamento. «Bisogna andare via da questa guerra sanguinaria», tuona il leader dell’Idv Antonio Di Pietro, mentre il segretario del Pd, sollecita una riflessione urgente sulla missione. «Non possiamo consentire ai Taliban - spiega Pierluigi Bersani- di sconfiggere la comunità internazionale, ma bisogna ragionare sull’evoluzione di questa operazione militare, come peraltro sta facendo il presidente Usa Obama, che preme per un coinvolgimento più diretto dei Paesi confinanti».
Non è ancora tempo di andare via dall’Afghanistan, ma la morte di altri due italiani rischia di far diminuire ancora di più il già vacillante consenso dell’opinione pubblica alla missione. Calderoli esprime i sentimenti della base del Carroccio. «Spesso - spiega il ministro - abbiamo espresso perplessità sull’esportazione della democrazia, e bisogna verificare se i sacrifici servono». Bossi lo stoppa, anche se si dice «triste perché tornano i morti». Il premier Silvio Berlusconi ribadisce la linea del governo e sottolinea «la fondamentale importanza della missione in Afghanistan per la stabilità e la pacificazione di un’area strategica». «Continueremo a stare a Kabul», aggiunge il ministro degli Esteri Frattini. E il presidente della Camera Fini chiede al governo di riferire in Parlamento.
L’agguato agli italiani arriva alla vigilia dell’invio di altri mille uomini in Afghanistan. I rinforzi, chiesti dalla Nato e dal presidente Usa Obama, inizieranno a partire da giugno. «Aumenteremo l’attività di addestramento della polizia locale rassicura Ignazio La Russa - per permettere al governo afgano di
essere in grado di fronteggiare autonomamente il problema della sicurezza». Nessuna decisione unilaterale di ritiro, dunque, avverte il ministro della Difesa. Che aggiunge: «Il piano stabilito
dalla Nato è di avviare il disimpegno delle truppe nel 2011 e completarlo poi nel 2013».