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Scaglia: Un caso di ordinaria ingiustizia. Intervista a Rita Bernardini

18 maggio 2010

 
 
Rita Bernardini, già segretaria di Radicali italiani, ora deputata della delegazione Radicale nel PD, è stata la prima a visitare a Rebibbia, a fine febbraio, Silvio Scaglia. Molto attiva sul fronte del problema “giustizia” e delle condizioni delle carceri italiane, coglie l’occasione della scarcerazione del fondatore di Fastweb per ricordare che quello di Scaglia non è un caso anomalo ma espressione di “ordinaria ingiustizia”.
 
 
 
 
Intanto un commento alla vicenda di Silvio Scaglia, alla sua prolungata carcerazione preventiva. Che idea si è fatta?
 
Confermo l’idea che, come radicali, abbiamo sempre avuto sulla carcerazione preventiva, una misura che dovrebbe essere disposta solo in casi eccezionali e per brevissimi periodi. Invece, in Italia, se ne fa un uso abnorme, basti pensare che i detenuti in attesa di giudizio sono quasi il 50% e che circa il 30% di loro sarà riconosciuto innocente. Questo ci dicono le statistiche degli anni passati. In pratica il ricorso sempre più frequente alla misura cautelare in carcere e la lunga durata dei processi costringe centinaia di migliaia di presunti innocenti a scontare lunghe pene in condizioni spesso poco dignitose e illegali, come quelle che ho potuto riscontrare nel reparto isolamento di Rebibbia dove è stato ristretto Silvio Scaglia. Ma qui occorrerebbe conoscere un po’ di storia recente del nostro Paese, ignota alla gran parte degli italiani. Mi riferisco alla vera e propria opera di “killeraggio” compiuta dalla Corte Costituzionale nei confronti dei nostri referendum: nel 1999, quando come radicali vendemmo buona parte del nostro patrimonio per convocare gli elettori italiani ad esprimersi su temi cruciali, fra i referendum “bocciati” dalla Consulta c’era proprio quello contro la carcerazione preventiva. Oggi, in parlamento, giace una proposta di legge depositata dalla delegazione radicale e a gennaio di quest’anno siamo riusciti a far approvare una mozione sulle carceri che ”impegna il Governo a ridurre i tempi di custodia cautelare, perlomeno per i reati meno gravi, nonché del potere della magistratura nell’applicazione delle misure cautelari personali a casi tassativamente previsti dal legislatore, previa modifica dell’articolo 280 del codice di procedura penale”.
 
 
 
Cosa pensa di chi dice che la carcerazione preventiva è diventato uno strumento di pressione per far confessare (anche se non hai nulla da confessare) o addirittura uno “strumento di tortura”?
E’ che, purtroppo, ci sono troppi magistrati che cercano la via facile e comoda, quella piena di scorciatoie rispetto ad un impegno scrupoloso e intelligente di indagine. In più, si innamorano dei loro teoremi e poi cercano le prove, senza farsi scrupolo di chi capita nel loro tritacarne… e forse nemmeno si rendono conto che quella che maciullano giorno dopo giorno è carne umana. Solo nelle dittature la carcerazione preventiva viene utilizzata come strumento per estorcere confessioni. Da noi il legislatore ha stabilito chiaramente il principio della eccezionalità degli arresti nella fase delle indagini, eppure questi sono diventati la regola. Solo per fare un esempio: il nostro codice di procedura penale rende quasi impossibile il carcere preventivo per le persone anziane e malate, eppure nelle carceri italiane si trovano rinchiuse in attesa del processo anche persone ultrasettantenni e più volte finite in sala operatoria. Insomma, quanto più la legge fa del suo meglio per garantire i diritti individuali, tanto più alcuni magistrati fanno del loro peggio per comprometterli. Il ricorso abnorme ed illegittimo alla custodia cautelare in carcere è la spia della mancanza dello Stato di Diritto o, meglio, di quello che come radicali abbiamo definito “Caso Italia”.
 
 
 
Quanti casi di “abuso” della carcerazione preventiva?
 
Le sembrano degni di un paese civile i dati che ho ricordato in esordio? Decine di migliaia di persone che scontano anni di galera prima di essere riconosciuti innocenti! Il problema è che un tempo la carcerazione preventiva veniva giustamente definita “la lebbra del processo penale”, mentre oggi viene presentata da certa magistratura, certa politica e certa carta stampata, come la soluzione di tutti i mali. Ed i risultati si vedono.
 
 
 
Cosa si può fare oltre alla denuncia?
 
Sa cosa ho dovuto fare per far approvare quella mozione sulle carceri a gennaio? 14 giorni di sciopero della fame a dicembre solo per farla mettere in calendario; dopo l’approvazione avvenuta a gennaio, ho fatto, insieme ad altri radicali come me, ulteriori 19 giorni per chiederne l’attuazione almeno nelle parti riguardanti le misure alternative al carcere, visto che la sovrappopolazione ha raggiunto livelli umanamente insopportabili: 68.000 detenuti in 43.000 posti letto! E, solo dopo che il ministro Alfano ha depositato il DDL che consentiva la detenzione domiciliare a chi doveva scontare meno di 12 mesi, oltre all’introduzione dell’istituto della messa alla prova anche per gli adulti, ho sospeso la mia astensione dal cibo che però mi sono sentita in dovere riprendere per ben 28 giorni di fronte alla demagogia di tutti i gruppi parlamentari che hanno fatto a gara a chi era più bravo a svuotare il DDL dei suoi contenuti più innovativi. Viviamo così noi radicali con successi e battute d’arresto ma, con Marco Pannella, siamo convinti che, alla lunga, la nonviolenza paga come quando, dopo 10 anni, abbiamo vinto all’Onu sulla moratoria universale delle esecuzioni capitali.
 
 
Che succede nelle carceri italiane?
 
Accade che sono letteralmente anti-costituzionali e illegali. Uno Stato che si comporta così per decenni diviene inesorabilmente un delinquente “professionale”. Dall’inizio della legislatura abbiamo visitato oltre 70 istituti di reclusione e case circondariali. Con i nostri occhi abbiamo potuto vedere la sofferenza di tutta la comunità penitenziaria, non solo dei detenuti ma anche di tutto il personale che vi lavora. E’ un sistema impazzito che sta per esplodere. Se arriveremo all’estate con 70.000 detenuti, è prevedibile che ulteriori e ingovernabili tragedie si consumeranno non possiamo prevedere con quali esisti. Solo una classe politica irresponsabile può prendersi il lusso di non intervenire subito. Mi consenta di concludere con quello che considero un dato di fatto: in fondo il carcere è l’ultimo anello di una Giustizia che di giusto non ha niente se pensiamo che ci sono 10 milioni e mezzo di processi penali e civili pendenti e che in dieci anni, solo nel penale, abbiamo dovuto registrare due milioni di prescrizioni. Altro che “obbligatorietà dell’azione penale”! I magistrati si scelgono i processi da celebrare e lasciano cadere nel nulla quelli che non danno loro la ricercata pubblicità mediatica. Fanno questo essendo dei semplici impiegati dello Stato che hanno vinto un concorso e che automaticamente hanno i loro scatti di carriera sia che abbiano agito meritoriamente sia che siano stati delle emerite schiappe. Il tutto condito con una irresponsabilità pressoché totale.. infatti, se sbagliano, paga lo Stato, cioè pagano i cittadini.
 


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