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7 milioni l'anno "Chiedete al Pd"

• da Il Riformista del 20 maggio 2010

di Tommaso Labate

 

«E comunque, non ho ancora firmato, eh?». Di fronte a una redazione sotto choc per la notizia arrivata a sorpresa martedì sera, Michele Santoro ha tenuto aperto un piccolissimo spiraglio. Quindi, in un breve discorso, ha messo insieme «la frustrazione di lavorare all’interno di un’azienda ostile» e «la volontà di agire sempre nell’interesse del pubblico».
Soltanto a pochi amici, però, Santoro ha espresso la sua irritazione per com’è andata a finire, la faccenda dell’uscita dalla Rai. Prendendosela col duo Berlusconi-Masi? Macché. Semmai dicendo loro: «Chiedete ai consiglieri del Pd la verità su questa storia».
Per Silvio Berlusconi è il "delitto perfetto". Via da viale Mazzini la più scomoda delle voci contro il governo. Via dalla seconda rete la trasmissione con lo share più alto, e chissà come se la ridono a Cologno Monzese, tra l’altro nell’anno in cui il Biscione - con Retequattro confinata sul digitale terrestre - ha intenzione di rilanciare in grande stile i palinsesti di Italia Uno (che di Raidue è competitor diretta).
Ma sul "delitto perfetto" orchestrato dal mondo berlusconiano e ideato dal dg di viale Mazzini Mauro Masi, come dimostra la confidenza fatta Santoro agli amici («Chiedete a quelli del Pd») rischia di consumarsi l’ultima grande faida catodico-politica tra il centrosinistra, l’ala più giustizialista del fronte anti-Silvio e l’ormai ex paladino di quel mondo. Tutti contro tutti, Michele contro tutti, tutti contro Michele. Il Pd, che col vicepresidente della commissione di Vigilanza Giorgio Merlo arriva a dire che «le cifre per il contratto di Santoro offendono gli italiani». L’Italia dei valori, che con Massimo Donadi mette a verbale che «sarebbero troppi dieci milioni per il contratto di Santoro».
I Radicali, che mandano in avanscoperta Marco Beltrandi per rilevare che «Santoro incassa e i cittadini pagano». Sergio Zavoli, convinto che «questa questione di Santoro avrà conseguenze anche sui suoi colleghi». E mettiamoci pure l’Udc, che sta (ancora) all’opposizione, sicura con Roberto Rao che «è stato violato il portafoglio dei contribuenti» e che «Tremonti deve venire in Aula a chiarire». Il tutto mentre nel centrodestra vige la consegna del più assoluto silenzio. Morale della favola? Contento il Cavaliere, contento Mauro Masi che salva la poltrona, nel pallone tutti gli altri. Dietro tutto l’affaire, però, ci sono due misteri. Primo: quanto incasserà Santoro per togliere il disturbo? Due: com’è maturata l’uscita di scena che «Michele», per parte sua, ha affidato al manager delle star Lucio Presta?
Stando a quanto risulta al Riformista, il conduttore di Annozero incasserà tre anni di stipendio, come previsto dagli incentivi Rai (750mila euro per tre, quindi due milioni e 250mila euro, con un costo-azienda
maggiorato di 450mila euro); in più, per la società di produzione delle docu-fiction, viale Mazzini pagherà 14 milioni in due anni (sette «pezzi da 130 minuti» l’uno all’anno, a prezzo di un milione ciascuno). E la causa intentata dall’azienda contro il reintegro di Santoro, orinai arrivata alla soglia della Cassazione? Finita, nel momento in cui le parti sottoscrivono l’accordo, la faccenda si chiude lì senza che ciascuna parte abbia qualcosa a pretendere dall’altra. Ma il mistero più buffo è il secondo: come si è arrivati, d’improvviso, al voto pressoché unanime sull’accordo tra la Rai (Mauro Masi) e Santoro (rappresentato da Lucio Presta)? I consiglieri dell’opposizione, che hanno votato a favore, giurano di aver appreso la notizia poco prima dalla riunione del board. In poche parole, Paolo Garimberti avrebbe contattato Rizzo Nervo e Van Straten per avvertirli, e senza troppi giri di parole, «che c’è quest’accordo, che Michele è convinto e che lui stesso sarebbe felice se passasse in consiglio col voto di tutti».
Ma questa storia non combacia affatto con quella che Santoro ha affidato agli amici più stretti. Stando a quest’ultima versione, infatti, «Michele» avrebbe individuato accordo e buonuscita con l’azienda solo per tutelarsi di fronte al ricorso della Rai contro il suo reintegro.
Per farla breve, il conduttore di AnnoZero avrebbe garantito a Garimberti che, se l’opposizione avesse votato contro, lui non avrebbe firmato nulla e la sua avventura in Rai sarebbe andata avanti. «Invece», è il sottotesto, «quelli hanno votato a favore ed eccoci qua...».
Certo, Berlusconi e Masi hanno risolto il loro «problema Santoro», e questo è evidente a occhio nudo. Ma l’altra faccia della medaglia? E stato il Pd a cogliere la palla al balzo per scaricare Michele? O è stato Michele a cogliere l’occasione giusta per togliersi di tomo? E l’ala giustizialista del centrosinistra? «Ora non scriva anche lei che sono incaz...», dice Marco Travaglio. «Perché non è vero. Non ho parlato con Michele del suo contratto e non ho intenzione di farlo. Per qualsiasi mia reazione, che sia somma inc... o somma ammirazione, devo prima sapere. E ancora non so nulla», aggiunge. Che per il ticket Michele-Marco non fosse più aria da luna di miele era noto da tempo.
La piccola lite consumatasi prima davanti alle telecamere e poi sul Fatto dopo lo scontro tra Travaglio e Porro. E poi, più recentemente, l’ambizione di Santoro di rilevare alcune quote del giornale diretto da Antonio Padellaro (ma la richiesta è stata respinta al mittente). E finito tutto? Resta la flebile speranza alimentata da Santoro. «Ancora non ho firmato nulla, eh?». Poi, probabilmente, un tratto d’inchiostro cancellerà un’epoca, non solo AnnoZero. A meno, come si suol dire, di clamorosi colpi di scena.


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