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Morte di un fotoreporter italiano ucciso nell'inferno di Bangkok

• da QN del 20 maggio 2010

di Lorenzo Bianchi

 

«Fabio Polenghi si stava mettendo in posizione con la macchina fotografica. La sparatoria era appena cominciata. Non sono in grado di dire chi ha sparato il proiettile che lo ha colpito. Sicuramente i militari stavano esplodendo colpi di arma da fuoco, molti di noi hanno cercato subito una posizione più riparata». Masaru Goto, un fotoreporter giapponese, era vicinissimo al collega colpito allo stomaco e al cuore. Alle 9 era appostato all’intersezione Sarasin, nella tendopoli di Rachtaprasong, la città degli affari. Il blitz era appena cominciato. I soldati thailandesi stavano avanzando per riprendere il controllo del Parco Lumphini, sul lato sud orientale della roccaforte delle camicie rosse. I ribelli hanno caricato il ferito su una moto e lo hanno portato subito al Police Hospital, un chilometro più a nord.
«Era già morto, ma la sua maglietta nera non consentiva di capire dove fosse stato raggiunto dai colpi», allarga le braccia un altro collega, l’indonesiano Mast Irham, accucciato a una ventina di metri. Eve Li, un’amica del fotoreporter, è sgomenta e incredula: «Diceva che tutto era a posto, che oggi sarebbe stata una giornata tranquilla e non prevedeva di andare a documentare la protesta. Evidentemente ha sentito che l’offensiva dei militari era cominciata e ha cambiato idea». Eve ha sotto gli occhi le immagini trasmesse da tutte le televisioni. Ha rivisto le rudimentali protezioni che Fabio indossava quando scendeva in piazza a riprendere la rivolta rossa: «Indossava solo un casco da motociclista, mi aveva confessato che non possedeva un giubbotto antiproiettile. Sul lavoro portava solo uno di quei gilè per giornalisti che sono molto pratici perché hanno tanti taschini». Così se n’andato Fabio, 45 anni, instancabile giramondo, a Bangkok da circa tre mesi. «Volavano proiettili da tutte le parti, senza nessuna logica», rabbrividisce ancora Dario Pignatelli, fotoreporter che lavora per Bloomberg.
Nell’assalto condotto dai militari hanno perso la vita altre 5 persone. Nel tempio di Ptumwanaram sono stati trovati 9 cadaveri. I quattro leader della rivolta si sono arresi e sono stati portati via dalla polizia. Malgrado il coprifuoco scattato alle 20 in 23 province, i rossi si sono scatenati abbandonandosi a incendi e saccheggi. Le fiamme hanno avvolto la tv Canale 3, la Borsa, una banca, un centro commerciale e l’edificio del giornale Bangkok Post. Il governo ha ordinato di sparare a chiunque tenti di opporre resistenza e ha imposto alle tv di trasmettere solo gli annunci ufficiali. L’ex premier Thaksin Shinawatra, idolo delle camicie rosse, ha fatto balenare lo spettro della guerriglia. A suo carico è stato emesso un mandato di cattura per terrorismo che il tribunale ha ritirato dopo poche ore.


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