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Ve lo racconto io che cosa vuol dire essere italo-marocchina

• da Sette (Corriere della Sera) del 20 maggio 2010

di Stefano Jesurum

 

Anna. Babbo e mamma mi hanno chiamato Anna perché è un nome facile da pronunciare in ogni lingua. Lo dice parlando lenta e sottovoce, gli occhi che sorridono senza strafare, la cantilena e le aspirate da toscanaccia qual è. Elegante e minuta, Anna ha fatto bene ad aprire Italo marocchina (Diabasis edizioni) con un albero genealogico, il suo. Nessuno snobismo aristocratico tua la raffigurazione di un’identità mista europea e araba, un’identità ricca, una identità che in questa Italia 2010 in troppi chiamano "bastarda" (o lo pensano e non hanno il coraggio di dirlo).
Nonna Marcella e nonna Kebira, nonno Ahdullah, babbo Mario e mamma Manal. Le sei zie - Fatna, Leila, Samia, Khadija, Amina più zio Ahmed: nomi e volti, suoni, colori e storie che hanno riempito i lunghi mesi estivi, da quand’era piccola fino all’altro ieri. Anna Mahjar Barducci è nata a Viareggio il 23 gennaio 1982; è cresciuta tra la Versilia, il Marocco, lo Zimbabwe, il Senegal (ecco cosa significa avere un papà agronomo che gira il mondo per governi e ong). Ha studiato in Italia e a Tunisi, e in Pakistan. Laurea nostrana, master in Spagna, Diritto europeo.
Quindi a Washington, assistente del caporedattore dell’influente quotidiano Asharq alAwsat. E oggi dove vive? A Gerusalemme! (in procinto di trasferirsi a Roma per qualche tempo con il marito Yigal Carmon e la loro piccola Hili - che in ebraico significa "lei è mia").
«Recentemente ero a giro (tipica espressione toscana per dire a spasso, ndr) per Viareggio e mi sono ricordata che devo rinnovare il passaporto. Entro da un fotografo, chiedo di farmi le fototessera e lui mi fa: "Sono per il permesso di soggiorno, vero?". Ancora: l’altro giorno, al supermercato con la mia bambina, si avvicina una signora, anche gentile, fà un sacco di complimenti a Hili, poi mi guarda: "Come mai è più chiara di lei?". E da ragazza, studentessa, mi chiedevano se volessi fare la badante... Quanta ignoranza, e di conseguenza quanto razzismo».
Gli eterni e imperterriti sostenitori di "Italiani brava gente" sosterrebbero che non le è successo nulla di importante, tanto meno di grave. «Lo racconti a mia madre, rimasta traumatizzata da un uomo che un pomeriggio, lungo lo "struscio" di Viareggio, l’ha guardata in faccia e si è passato un dito sul collo nel tipico gesto del "ti tagliamo la gola"». Anna abbassa ancor più il tono della voce: «...andare alla Polizia non serve a niente».
Nelle pagine di Italo marocchina così come nelle parole di Anna Mahj ar Barducci, a colpire sono il coraggio dell’intelligenza (non ama i luoghi comuni) e la vergogna controllata (non è facile narrare la saga familiare di parte marocchina - molte ombre, poche speranze). Quei due mesi all’anno, in estate, a Kenitra («al-Qunaytra, si affaccia sull’Atlantico, una volta c’era una base americana»), non era facile tornare a casa. «Solo da pochi anni, con la Riforma, i figli di madre marocchinasono marocchini, prima contava la paternità e basta». Breve intervallo politico. L’intervistata, che è presidente dell’associazione Arabi Democratici Liberali, concorda - giustamente - sulla tesi espressa da Emma Bonino proprio durante la presentazione del libro di Mahjar: vero che le evoluzioni delle società portano a legislature più avanzate, però altrettanto vero che leggi avanzate, le buone leggi, aiutano le società a evolversi. E in Italia siamo parecchio indietro. Intervallo finito. Già, quei due mesi all’anno, in estate, a Kenitra, "a casa", l’islam, le tradizioni. «Conta poco che tu sia religiosa o no, osservante o no, ma che vivi in Europa sì, che vai a scuola regolarmente, che fai un’altra vita. Per questo sei vissuto "diverso", l’islam non c’entra molto. Se non appartieni all’alta società marocchina, conta che tu venga evada in aereo, che parli altre lingue, che viaggi, che tuo padre non faccia il manovale». Revanscismo sociale? «Poco verso di me. Molto verso mia madre, è lei che si è "emancipata". Io sono banalmente vista come frutto della scelta di mia madre».
E la sottomissione al maschio? «La viviamo quotidianamente attraverso le sofferenze delle mie zie e delle mie cugine». E lei? «Dopo qualche fidanzato italiano-cristiano, mi è capitato di innamorarmi di tin ebreo, per giunta israeliano». Diciamo un "nemico". «E che nemico!», ride per la prima volta Anna. «ll mio Colonnello. Yigal, ashkenazita, famiglia scomparsa nella Shoà, consigliere dei primi ministri Shamir e Rabin, fondatore del Middle East Media Research Institute, ex ufficiale a capo dell’intelligente militare, ex
negoziatore israeliano con la Siria...». E non le hanno detto niente? «La mia è una famiglia di donne, non c’è un uomo che comanda, che lancia anatemi, il punto di vista femminile è più tollerante. Loro guardano se sono felice. E in Italia mi chiedono se voglio fare la badante... vi rendete conto?».

BOMBE A OROLOGERIA
E la piccola Hili? «È nata a Gerusalemme, e questo è bellissimo anche per i musulmani». E in Israele? «Hanno fatto arrabbiare "il Colonnello"... Ci siamo sposati a Cipro perché non esiste il matrimonio civile, Yigal ha riconosciuto la bambina. Però per ottenere la cittadinanza di Hili abbiamo dovuto fare un esame del Dna di padre e figlia... per essere sicuri che sia sua. Piuttosto umiliante, no?».
Anna non perde il buon umore, fa battute dissacranti, usa l’arma dell’ironia. «In questo sono molto israeliana, ebrea e israeliana». Chapeau. Tanto di cappello. E’ così che si diventa insegnamento per le società che vogliono divenire aperte e libere. Abbassa lo sguardo. Cita il giornalista e scrittore marocchino Fouad Laroui: «Vorrei insegnarti una parola. Che cosa ne pensi della seguente: individuo».
Consigli per l’integrazione? «Non esiste un modello perfetto... inglesi, tedeschi, francesi, americani.., comunque sono molto più avanti di noi. Non basta mettere "il musulmano" in lista e poi stop». Paure? «La mia preoccupazione vera è il problema dei figli degli immigrati. Totalmente allo sbando, non hanno punti di riferimento. Qualcuno addirittura vuole contingentare la loro presenza nelle scuole. Certo, in tv trovano l’extracomunitario di turno, una sorta di quota stranieri. Talk show e programmi dove si cerca a ogni costo la ragazzina velata... se non porta il velo ed è intelligente? Peccato, senza velo, per antonomasia non ha nulla da dire di interessante.
Così i più furbi - magari fanno pure bene - si inventano l’associazione dei musulmani rockettari o il circolo delle iperminigonne-ma-arabe, e conquistano il loro microspazio di notorietà». Autocritiche? Vien da pensare che l’imminente ritorno di Anna Mahjar Barducci a Roma sia un colpo di fortuna. Chissà che questa Italia dall’integrazione disintegrata non abbia qualcosa da chiederle.



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