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Pannunzio e Scalfari. E Pannella

• da Europa del 20 maggio 2010

di Federico Orlando

 

L’ultimo libro di Massimo Teodori, il quinto in quattro anni (Pannunzio, Mondadori, p.280, euro 19,50) sarà presentato il prossimo giovedì alla camera, dopo la proiezione del documentario "Pannunzio & Il Mondo" curato da Nello Ajello. Del rapporto tra Pannunzio e il suo capolavoro (successivo al Risorgimento liberale), che metteva insieme liberali, socialriformisti, repubblicani, ex azionisti, il Corriere della Sera ha scritto: «Si era così creato un polo intellettuale democratico, alternativo alla fucina gramsciana del Pci. E il centrismo degasperiano aveva trovato una vigile coscienza critica, sempre all’erta di fronte al pericolo di un’involuzione confessionale». Aiutò a far nascere il centrosinistra, si sa, ma non riuscì a far nascere la terza forza, tanto apparentemente diversi erano i laici fra loro quanto apparentemente compatti fra loro erano i democristiani per un verso e i comunisti per l’altro.
Così Il Mondo, nato nel 1959, si esaurì nel hanno 1966, come impedito la vent’anni prima s’era esaurito il Pli dividendosi sullo scoglio della scelta tra monarchia e repubblica: la passione istituzionale era stata più forte della ragione storico-politica, che avrebbe consentito al Pli di arroccarsi, in attesa che i tempi logorassero i partiti di massa, come terza forza tra polo conservatore cattolico e polo progressista marxista. Come in Inghilterra, come in Germania, oggi. «E col Pli scomparve - annota Teodori - un altro
punto di riferimento, dopo il partito d’azione, della democrazia laica e riformatrice, e iniziò la diaspora che avrebbe attraversato tutta la vicenda della repubblica». Protagonisti (di cultura laico-liberale) di quella diaspora, due giovani rampolli del mondo pannunziano, Eugenio Scalfari e Marco Pannella: l’uno fondatore dell’Espresso e poi di Repubblica, il giornale-partito dei democratici laici, capace di pressione condizionante sia sulla sinistra democristiana che sul riformismo comunista, fino alla nascita del Pd; l’altro, vento individualistico di tempesta sulla palude clericomarxista, stratega di frattura piuttosto che di continuità con gli equilibri e la modestia pannunziani. «Grande direttore di una raffinata orchestra politica e culturale» Pannunzio, «ineguagliabile solista che ha silenziato le voci intorno a lui» Pannella. E tuttavia, se nessuno fra i tanti debitori ha potuto o voluto raccogliere l’eredità pannunziana, come sostiene Teodori, a noi sembra che l’opera dei due eredi-non eredi, tuttora protagonisti della vita civile italiana, garantisca quella terza cultura né clericale né materialista (nel senso peggiore, di destra) che è la premessa per ribaltare il biculturalismo antidemocratico.


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