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Gianni e Pinotta

• da Left del 21 maggio 2010

di Eloisa Covelli

 

Renata ama Gianni. E Gianni ama Renata. Non siamo in un libro di Federico Moccia ma dentro la Regione Lazio, dove la neogovernatrice e il sindaco di Roma hanno una corrispondenza di amorosi sensi (politicamente parlando).
Lui la sosteneva prima ancora che fosse candidata. Era in prima linea con lei nella campagna elettorale. Non l’ha abbandonata neanche quando è rimasta senza lista del Pdl nella circoscrizione romana ("Vincerà comunque", sosteneva). Lo si è visto in piazza con lei. Ha portato persino i suoi supporter personali dell’associazione "il Popolo di Roma", quando bisognava tirar su la "mosceria" (copyright Polverini) della piazza scoraggiata per la maratona elettorale. E lei ha ricambiato questo sostegno. Ha messo nel listino (un posto sicuro, quindi) Isabella Rauti, lady Alemanno, e le ha dato anche l’incarico di segretario del Consiglio regionale.
Ha chiamato il sindaco pure per la prima seduta d’aula per porgere un saluto. E l’avrebbe fatto, se non fosse stato per l’altolà di Storace. Come in ogni coppia che si rispetti, si condividono gioie e dolori. Prima la gioia della vittoria, ora i dolori del bilancio. Sia le casse della Regione che quelle del Comune languono. E la coppia Polverini-Alemanno sta combattendo una battaglia contro il governo del suo stesso colore, per ottenere soldi, soldi e ancora soldi. Renata Polverini, che ha tenuto per sé la delega sulla sanità, è alle prese con il riordino della rete ospedaliera regionale. Il piano, per la verità, l’aveva preparato il vecchio commissario Elio Guzzanti. È lì, pronto, sul tavolo del neopresidente. Ma lei tergiversa. Prende tempo. Perché il piano prevede molti tagli a piccoli ospedali nelle province. Tagli necessari a far quadrare i conti senza spremere i cittadini. Ma con le province sul piede di guerra, ci mancherebbe solo questa per rompere del tutto con il resto del Lazio, che l’ha sostenuta e ha consentito la sua vittoria. E poi nelle orecchie dei cittadini è ancora vivo il ricordo delle promesse elettorali, in cui c’era appunto quella di "nessun taglio ai posti letto".
Intanto il governo, sulla spinta dell’asse Tremonti-Lega, ha stretto i cordoni della borsa a Regione e Comune. Il Lazio non avrà i 420 milioni dei fondi Fas (fondi per le aree sottosviluppate) finché non presenta un piano sanitario. E il Comune è da due anni che aspetta i famosi 500 milioni di curo che Berlusconi aveva promesso al sindaco per risanare le casse capitoline (secondo Alemanno lasciate vuote da Veltroni).
La situazione è talmente tragica che il Comune non ha ancora presentato il bilancio preventivo per il 2010. I municipi sono in mutande (e appunto in mutande si sono messi i presidenti per protestare). E Alemanno ha fatto persino un accorato appello all’opposizione: «Dico all’opposizione di chiedere al governo di intervenire, anziché continuare a fare polemiche pretestuose su una situazione drammatica che loro stessi hanno lasciato». Il problema più grosso è quello delle tasche dei cittadini. Quelli laziali si vedranno automaticamente rincarare Irap e Irpef dal primo giugno se non viene presentato al governo un adeguato piano di rientro. La Polverini, forse pensando di rincuorare i suoi elettori, ha detto che «il buco è talmente grande che anche un aumento delle tasse non basterebbe». Difficile pensare che quest’uscita abbia sortito l’effetto desiderato. Per i cittadini romani, in aggiunta, potrebbe arrivare presto un’altra mazzata: quella su rifiuti e trasporto pubblico, che sommata ai ticket già salati e a un eventuale incremento delle tasse regionali, non farà certo felice una popolazione sempre alle prese con il caro-casa, caro-vita, eccetera.
Per il momento la bega con l’Udc alla Regione si è placata, con l’accordo trovato (sembra grazie anche all’intervento di Berlusconi), di due assessori più la vicepresidenza. Quest’ultima è già stata assegnata, con la nomina del centrista Raffaele D’Ambrosio, mentre sugli assessori c’è un accordo di massima ma non ci sono ancora i nomi. Sembrerebbe che a dover sacrificare il posto in giunta siano due assessori delle province: Antonio Cicchetti (exAn, reatino) e Francesco Battistoni (viterbese). Cicchetti ha già fatto sapere che non si schioda: «Mi devono cacciare, io da qui non mi muovo. Nessuno mi farà dimettere, ne vedremo delle belle».
Certo è che eliminare due rappresentanti delle province farebbe ancora di più alterare i cittadini di Frosinone, Viterbo, Latina e Rieti, che hanno contribuito pesantemente alla vittoria della Polverini (che a Roma, invece, è stata battuta da Emma Bonino) ma non sono stati equamente ricambiati. I presidenti delle quattro province stanno portando avanti una vera e propria rivolta che mira a staccare Roma dal resto del Lazio, grazie a un referendum.
Se ciò non bastasse, il ticket Polverini-Alemanno deve risolvere anche le beghe interne al suo partito. Il neopresidente ne ha avuto una prova al primo Consiglio regionale. Durante il voto a scrutinio segreto per il presidente dell’assemblea, ci sono stati cinque franchi tiratori. Due provenivano sicuramente dalla Destra dì Storace, che a inizio seduta ha polemizzato perché si voleva dare la parola al sindaco Alemanno per un saluto («Qua non ci sono padroni», ha detto). E dopo averla spuntata, ha spostato la polemica su un altro piano: «Nessuno mi ha informato del candidato da votare». Ma gli altri tre? Gli Udc hanno assicurato la loro fedeltà all’uscita dalle urne, e d’altronde era stato appena trovato l’accordo per i due assessorati più la vicepresidenza del Consiglio. Quindi perché rischiare? Ma i mal di pancia all’interno del Pdl sono talmente tanti che potrebbe essere stato chiunque: ex An o Fi insoddisfatti per la giunta oppure rappresentanti delle province messi in second’ordine, o ancora neoassessori che vedono la loro poltrona traballare. La scossa nella maggioranza regionale si è propagata fino ìn Campidoglio, dove Storace ha cominciato a fare campagna acquisti, portando dalla sua parte l’ex capogruppo del Pdl, Dario
Rossin. Una defezione non da poco. Al suo posto, a guidare i pidiellini, è stato messo Luca Gramazio, figlio d’arte cresciuto a pane e politica, uno dei "malpancisti" del Pdl che avevano protestato per la scelta degli assessori regionali e in generale per la conduzione del partito. Forse un segno della resa del duo Polverini-Alemanno ai frondisti interni. Una bandierina bianca issata per sancire una tregua.
Il gesto è chiaramente simbolico ma serve a puntare i riflettori sulla parte della regione rimasta fuori dalla spartizione delle poltrone. Per questo, il rimpastino per il momento è rimandato. C’è da sistemare il piano sanitario. Vedere cosa deciderà il 10 giugno il Tar, che potrebbe togliere tre consiglieri alla Polverini, riportando l’aula da 73 a 70 consiglieri. Nominare i presidenti di commissione. E poi dopo ci si potrà dedicare al rimpasto. Con tre consiglieri e qualche defezione, la maggioranza potrebbe non reggere. I "malpancisti" per il momento si sono dati una calmata, appesi alla promessa di un immediato coordinamento regionale, e zittiti dalle difficoltà del governo. Ma la tregua non durerà per sempre, e per dirla con Storace, presto in Consiglio «si potrebbe anche ballare».


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