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Napolitano da Obama, in agenda anche la sicurezza

• da Il Messaggero del 24 maggio 2010

di Anna Guaita

 

Atterraggio "morbido" per il presidente Giorgio Napolitano nel suo viaggio a Washington. In attesa di incontrare il presidente Barack Obama domani nello Studio Ovale, Napolitano impiegherà la giornata di oggi dedicando qualche ora ai capolavori della Galleria Nazionale, uno dei fiori all’occhiello della capitale, mentre il pomeriggio sarà trascorso con gli esponenti della comunità italiana in ambasciata.
Ma gli occhi e le antenne di tutti sono puntati sull’appuntamento alla Casa Bianca, che manco a farlo apposta avverrà nello stesso giorno in cui a Roma il decreto intercettazioni approda (o dovrebbe approdare) all’aula del Senato. La posizione Usa sul decreto è stata già espressa dal vice ministro
della giustizia Lanny Breuer, ma il motivo delle preoccupazioni Usa verranno spiegate più estesamente da Obama a Napolitano nella privacy dello Studio Ovale. Che negli Usa ci sia preoccupazione per possibili ricadute negative nelle indagini contro il crimine organizzato è scontato, ma c’è anche disagio perché si
teme che il decreto indebolisca l’alleanza Usa-Italia nella lotta al terrorismo. Tre giorni fa, Obama ha tenuto un discorso ai cadetti laureandi di West Point, ricordando la. durezza della lotta al terrorismo, per la quale si è impegnato a «cercare nuove alleanze», ma soprattutto a «continuare con determinazione a rafforzare le vecchie alleanze che hanno finora tanto aiutato».
E’ bene inquadrare dunque su che sfondo sta avvenendo il viaggio del nostro presidente. E’ vero che la Casa Bianca ha spiegato l’anticipo di quattro mesi con il fatto che si era creata«un’apertura» nel calendario degli impegni obamiani. Ma è anche vero che il presidente avrebbe potuto anticipare la visita di uno qualsiasi dei capi di Stato e di governo che si aspettano a Washington nei mesi entranti. Che la scelta sia caduta su Napolitano, un leader di provata fede europeista con il quale Obama si è trovato benissimo in un precedente incontro, è di per sè un segnale importante. Ma non è l’unico. Obama vuole certamente consultare l’anziano e stimato collega sulle sorti economiche dell’Unione Europea, anche perché tra meno di un mese si terrà in Canada l’appuntamento del G20, al quale gli Usa arriveranno con una riforma del sistema finanziario praticamente finita e in buona parte fedele alle richieste poste dagli alleati del G20 già nella riunione del novembre 2008. Ma è anche da sottolineare che il nostro presidente viene ricevuto alla Casa Bianca, insieme al ministro degli Esteri Franco Frattini, il giorno dopo la visita del primo ministro libanese Saad Hariri. Non solo: poco prima di salire sul suo aereo diretto a Washington, Napolitano ha visto il presidente della Commissione Affari Esteri della Camera John Kerry, a sua volta diretto a Damasco per parlarvi proprio della sicurezza del Libano. E’ dunque più che lecito immaginare che Obama voglia assicurazioni sulla continuazione dell’impegno italiano sul fronte libanese, impegno peraltro già varie volte descritto dalla Casa Bianca come «prezioso» e «fondamentale.»
E poi, ovviamente, assicurazioni anche sul fronte afghano, la guerra che Obama ha abbracciato, e che ha superato pochi giorni fa il limite drammatico di mille caduti americani. L’Italia ha 2800 soldati sul fronte Afghano, e ha dato anch’essa un forte contributo di sangue. Ma per Obama è vitale che le file degli alleati non si assottiglino proprio quando nell’elettorato cresce il dubbio che l’Afghanistan sia un Paese per cui non valga la pena morire.


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