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Fini in soccorso di Silvio e il governo ritrova l'Unità

• da La stampa del 24 maggio 2010

di Amedeo La Mattina

 

Sembra che ci sia una schiarita nelgoverno e che alla fine la sfuriata di Berlusconi e il lavoro di mediazione di Gianni Letta abbia portato a mitigare Giulio Tremonti. Ieri ci sono stati diverse telefonate tra il premier e il ministro dell’Economia, che ha sentito le parti sociali ed il suo collega Maurizio Sacconi.
A Palazzo Chigi parlano di «un giusto equilibrio» che si sarebbe trovato tra il rigore e la necessità di non gravare la manovra sui cittadini. Sembra che sia prevalsa la linea più morbida del Cavaliere che ha trovato dalla sua parte il presidente della Camera,Gianfranco Fini e il leader della Lega, Umberto Bossi. Per cui quella che si apre è la settimana della verità.
Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, dovrà finalmente spiegare agli italiani quale manovra economica vuole portare al Consiglio dei ministri (potrebbe tenersi tra martedì e mercoledì) e presentare a Bruxelles. Tremonti ha allentato la sua rigidità di fronte al premier, che non vuole una «macelleria sociale». Non vuole inoltre far calare le proposte della manovra sulla testa dei ministri. Ora c’è una frenetica corsa contro il tempo visto il lungo lavoro di sintesi e mediazione che in queste ultime 48 ore sta facendo Gianni Letta per mitigare le proposte di Tremonti. Un inaspettato "assist" al premier è arrivato da Gianfranco Fini, che non vuole una manovra troppo impopolare, che colpisca i dipendenti pubblici, introduca i ticket sanitari.
E’ chiaro che il presidente della Camera, al di là del merito delle misure economiche, sta cercando di infilarsi nella crepa profonda che si è aperta tra il premier e il responsabile dell’Economia. E indebolire l’asse con la Lega. Fini ha sempre sostenuto che «Tremonti non può fare tutto di testa sua come se fosse il dominus del governo».
E ora vede che anche Berlusconi si sta spostando su questa posizione, tanto da far dire ai finiani con sarcasmo che «a poco a poco molti nel Pdl stanno diventando finiani». Così il ministro Andrea Ronchi può dire che «il governo ha il dovere di condividere il senso della manovra con il Pdl, con i sindacati riformisti, le imprese e poi le associazioni di categoria».
In questo gioco in tempi di crisi, Bossi però sembra orientato ad ascoltare più Berlusconi che Tremonti. Anche per il capo del Carroccio l’operazione economica e finanziaria non può prescindere dai duri obblighi europei e dalla tenuta dell’euro. Tuttavia il Senatur, come Berlusconi, ha un occhio sempre attento agli umori della gente, del popolo, del blocco sociale che ha mandato così in alto la Lega nei consensi. C’è una cosa che comunque non sopporta Bossi: che il premier abbia accusato Tremonti di voler fare una manovra più dura del necessario per mettere in cascina risorse per il federalismo fiscale.
Insomma, Fini ha abbastanza spazio per infilare il dito in queste frizioni. E fa dire a Fabio Granata che «le manovre si fanno attaccando sprechi e classi agiate e non mettendo in difficoltà lavoratori dipendenti. Con questo non voglio dire che tutti i ricchi evadono il fisco. Ma devono pagare proporzionalmente al loro tenore di vita. In Italia c’è un meccanismo di sperequazione fra i ceti più deboli e quelli agiati inaccettabile». Italo Bocchino si augura che Silvio Berlusconi coinvolga tutto il Pdl e la sua coalizione nelle scelte per evitare che valutazioni «soltanto contabili creino problemi nel rapporto tra governo e pubblica opinione».
Anche per Bocchino una manovra significativa deve puntare sul taglio degli sprechi e delle «spese lievitate negli ultimi anni cercando di evitare interventi orizzontali che rischiano di essere impopolari».


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