Â
Se e anche la Francia decide di mettere in Costituzione vincoli anti-deficit vuoi dire davvero che in Europa nessuno più è al sicuro. Dalla corsa al ribasso dell’euro all’allargarsi degli spread sui titoli di debito pubblico: i segnali dell’ultima settimana sono più di un campanello d’allarme, è il rumore dei nemici ormai alle soglie di casa. Non c’è Stato in Europa al riparo di mercati pronti a cogliere e punire ogni nuovo indizio di debolezza proveniente dalla zona euro.
Era una necessità , quindi, anticipare i tempi della manovra, annunciando da subito interventi vigorosi per il prossimo biennio. (L’Italia non è oggi tra i paesi maggiormente sotto pressione, ma resta un sorvegliato speciale, a causa del suo debito e di un’economia che stenta a ripartire in termini di crescita).
Nei prossimi giorni sarà possibile approfondire e giudicare le singole misure della manovra. Di certo è un bene che nei lavori preparatori il governo abbia messo in primo piano i tagli alla spesa. È importante, però, che si sappia usare il bisturi e non la motosega. Perché il rigore, come continua a ripetere il direttore dell’Fmi Dominique Strauss-Kahn, darà forza all’Italia e all’Europa solo se non ne indebolirà la capacità di crescere. C’è un grafico che fotografa in modo preoccupante l’andamento della spesa pubblica italiana. Si vede la curva della spesa corrente che punta decisamente verso l’alto mentre quella in conto capitale si contrae. Significa che in questi anni i costi di funzionamento della macchina pubblica, sono cresciuti, mentre sono stati penalizzati gli investimenti per lo sviluppo. Occorre che qualunque intervento sulla spesa abbia come bussola l’obiettivo di invertire questa tendenza.
C’è da augurarsi, dunque, che la sforbiciata sugli enti pubblici sia coraggiosa (ma l’Isae è così necessario? E a quando una riflessione sul Cnel?), che i tagli ai costi della politica non siano solo uno specchietto per le allodole, che sulle pensioni si intervenga in modo strutturale per posticipare l’età del ritiro (c’è una riforma che scatterà nel 2015, perché non anticiparne gli schemi attuativi?). Nell’ottica di coniugare rigore e crescita, poi, sul Sole 24 Ore di giovedì scorso si è registrata l’inedita convergenza tra Carlo De Benedetti e il ministro Giulio Tremonti sullo schema fiscale "dalle persone alle cose" oppure, se vogliamo, dalla produzione a patrimoni e consumi. Difficile immaginarne l’attuazione già nella manovra, ma è tempo di avviare il percorso. Da subito, invece, va resa effettiva la lotta all’evasione fiscale, vera chiave di volta di questa manovra.
Come dimostrano le inchieste e le analisi nella pagina qui a fianco, l’economia in nero è un male italiano che non accenna ad arretrare. Il valore aggiunto non dichiarato è oggi stimato al 16-18% del Pil, con una perdita complessiva di gettito di quasi 120 miliardi di curo, pari al 70% dell’intera Irpef. Solo se lo Stato saprà recuperare una quota importante di questo tesoro, si potranno mantenere in piedi i conti pubblici senza infierire sulle imprese e sui cittadini che già oggi pagano troppo in termini di pressione fiscale. Bruno Visentini sosteneva che l’evasione sarebbe scomparsa semplicemente obbligando ad allegare alla dichiarazione dei redditi l’estratto conto bancario. Su questo giornale (si veda il Sole 24 Ore del 14 aprile)
Angelo Provasoli e Guido Tabellini hanno proposto di confrontare la variazione annuale del patrimonio coni redditi dichiarati, chiedendo a ogni contribuente di compilare una dichiarazione annuale della consistenza patrimoniale. Idee, proposte. Giulio Tremonti può contare all’agenzia delle Entrate su un professionista bravo, Attilio Befera, che di idee e proposte ne tira fuori tante. E lo stesso ministro ha fatto
capire che la manovra avrà nel- la lotta all’evasione uno dei suoi cardini. È venuto il momento di fare sul serio. Che la montagna non partorisca il topolino: la formula rigore e crescita, che potrà fare da scudo all’Italia in questi giorni neri dell’euro, passa anche da qui.