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Napolitano l'Americano

• da America Oggi (del 23 Maggio 2010) del 24 maggio 2010

di Stefano Vaccara

 

Caro Presidente Napolitano, tra poco sarai di nuovo in America. Per te non è una novità, né da Presidente né da ex comunista. Tu, e scusami se non uso il Lei, ma il tu mi serve, e forse aiuta anche tanti lettori, a sentirti più vicino e diverso, insomma accorcia quel distacco che da tempo, come italiano in America, sento nei confronti di chi sta al governo in Italia. Allora tu, caro Presidente della Repubblica, quando vieni in America sei per me diverso dagli altri, perché tu questo paese hai dimostrato di conoscerlo meglio di chiunque altro politico italiano.
 
Tu sei stato il primo importante esponente del Partito comunista ad attraversare l’Oceano, a fare discorsi al Foreign Relation Council sull’eurocomunismo quando ancora qui i visti a chi era iscritto al Pci venivano difficilmente concessi, e tu sei l’unico che sa parlare e capire veramente l’inglese e con la lingua, anche la cultura politica di questa democrazia americana.
 
È vero, allora studiavi e visitavi l’America da “nemicoâ€, perché pensavi che bisognava conoscerlo il nemico per poterlo combattere. E quando, tanti anni fa ormai, hai finito per conoscerla l’America, e quei suoi valori che scoprivi non essere più “propaganda del capitale†ma erano come scolpiti nella coscienza civile di un popolo che ha fatto una rivoluzione. Sì certo, non una rivoluzione sociale, ma forse ancor più rivoluzione, perché combattuta per la libertà. Così l’America ti ha cambiato. Ti chiamavano infatti il capo dei “miglioristi†allora nel Pci, insomma quelli che non volevano stare più con l’Urss perché, conoscendo bene il nemico, avevano già capito chi avrebbe vinto.
 
Ma sto andando troppo indietro nel tempo, invece dobbiamo parlare dell’oggi. Tu viene qui caro Giorgio, perché il Presidente Barack Obama ti ha invitato alla Casa Bianca solo pochi giorni fa. Chissà perché ti ha invitato... Ah sì, certo, parlerete di Afghanistan e del contributo fondamentale italiano. Ti ringrazierà Barack e anche per il Libano e altrove, e alla fine davanti ai giornalisti finalmente Obama, quando è vicino a te, apparirà sincero nel dire quanto l’Italia sia importante. Saremo tutti contenti.
 
L’ultima volta che sei venuto in America era tre anni fa, ricordi? Ti accolse il “New York Times†con un articolo che fece tanto scalpore allora, dove parlava di corruzione, casta politica, un’Italia che non dava spazio ai giovani che fuggivano... Te la prendesti con quell’articolo.... Poi noi due abbiamo avuto uno scambio in conferenza stampa a New York, ricordi? Facesti i complimenti ad “America Oggi†che ti informava che invece l’articolo cattivo nei confronti dell’Italia quel giorno non era stato pubblicato dal “NYT†ma nella prima del “Wall Street Journal†e che nessuno te lo aveva fatto sapere. Ho avuto come la sensazione che ti piacesse il nostro quotidiano e la sua indipendenza... Però non hai mai risposto quando nella prima pagina di “America Oggi†il direttore Mantineo ti ha chiesto, molto garbatamente, se ti sembrava giusto che il governo tagliasse i fondi solo alla stampa italiana all’estero, discriminandola e soprattutto con un provvedimento “retroattivoâ€... Allora Giorgio, ti sembra giusto che chiuda il giornale degli italiani in America e gli altri nel mondo? 
 
Presidente, mi sono dilungato, scusami, vengo al dunque. Quando incontrerai il tuo collega Obama, ma anche la Speaker Pelosi, ti accorgerai della preoccupazione per quello che sta avvenendo in Italia, ma non per quanto riguarda l’economia, quella si sa è un casino ovunque, ma per i valori fondamentali della democrazia. Sono un po’ sbrigativi gli americani, ma qui si pensa che senza la libertà non c’è democrazia e viceversa. E la democrazia, fin da quando è nata in questo paese, è sinonimo di libertà di stampa ed espressione. Ci siamo capiti, il “First Amendmentâ€, quello del “Bill of Rights†voluto da Thomas Jefferson contro i “federalistiâ€. Già, con te non si deve spiegare nulla, perché sai che l’articolo 21 della costituzione italiana fu ispirato da quel primo emendamento americano.
 
Allora cosa risponderai loro per rasserenarli? Io, lo spero proprio, penso che tu, da presidente di tutti gli italiani, dirai: don’t worry Barack, don’t worry Nancy, quella legge bavaglio anticostituzionale voluta da Berlusconi, con me al Quirinale non andrà lontano.
Welcome Giorgio, l’America ti vuole bene.


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