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Contro l'omofobia qualcosa si muove anche nell'Islam

• da Secolo d'Italia del 25 maggio 2010

di Omar Camilletti

 

Si è svolto a Parigi lunedì scorso, con il patrocinio del ministero francese dell’Interno e dei Culti, un importante convegno su "Religioni, omofobia e transfobie". E per l’occasione si è anche commemorato il giorno in cui esattamente 20 anni prima, nel 1990, l’Organizzazione mondiale della sanità aveva ritirato l’omosessualità dalla lista che la classificava fra le malattie mentali. La discussione aveva una sorta di prologo nel documento appello di alcuni religiosi contro l’omofobia e la transfobia, redatto il 17 marzo scorso.
D’altronde, le religioni abramitiche hanno tutte una storia in comune, quella di Lot, nipote del profeta Abramo, che viveva a Sodoma, una città dove gli uomini erano dediti ai rapporti omosessuali, nonostante le ingiunzioni divine a loro rivolte attraverso lo stesso Lot. E la Bibbia, ad esempio, racconta che dopo numerosi avvertimenti, Dio distrusse Sodoma. È stato principalmente attraverso questa storia, menzionata nei testi sacri, che le religioni monoteiste fondano la condanna - innanzitutto morale - della pratica dell’omosessualità. «Il ruolo della famiglia è fondamentale nel giudaismo e nelle altre religioni abramitiche ha detto Richard Prasquier, presidente del Consiglio rappresentativo delle istituzioni ebraiche in Francia (Crif) - in cui il crescere e moltiplicarsi è visto come un obbligo divino. E uno dei motivi per cui l’omosessualità è vissuta così male, è che dà l’impressione di bloccare tale obbligo».
Ma all’inizio del colloquio parigino Louis Georges Tin, presidente del comitato Idaho (Giornata internazionale contro l’omofobia e trans), ha specificato che «la violenza contro gli individui è stata invece spesso commessa da persone che usano la religione per giustificare il loro odio verso un capro espiatorio». E ha aggiunto: «Non stiamo chiedendo alle religioni di approvare omosessualità o trans-identità, stiamo promuovendo la stigmatizzazione dell’omofobia e della transfobia». Per questo - ha continuato - tutti gli uomini di fede sono chiamati a condannare attivamente la violenza contro gli omosessuali, affinché tutte le varie comunità religiose in Occidente e tutti gli Stati non si basino più sulla religione per giustificare l’omofobia».
Alcuni esponenti delle religioni hanno comunque già accolto questo processo a favore dei diritti umani. Tra questi, il rabbino Rivon Krygier, il saggista cristiano Jean-Claude Guillebaud, il protestante filosofo Olivier Abel, e il teologo musulmano Tariq Oubrou, tutti firmatari dell’appello del 17 marzo scorso. «Preoccupati per la discriminazione, l’umiliazione e la violenza di cui continuano ad essere oggetto omosessuali e transessuali; secondo noi l’ amare il prossimo tuo come te stesso vale anche per gli omosessuali», ribadisce il filosofo protestante Olivier Abel. «L’argomento, è vero, è molto delicato, e urta la sensibilità comune fra i musulmani», dice Tariq Oubrou, autore dell’assai apprezzato libro Professione imam, ricordando che l’omosessualità è una pratica antica che esiste ed è esistita anche nelle società musulmane. «Ma rimaneva nell’ambito del privato. Non era previsto alcun quadro giuridico e legale per essa, salvo nel caso che vi fosse una condotta apertamente scandalosa». Oggi, ovviamente, i tempi sono cambiati: sono sempre di più gli omosessuali che rivendicano apertamente un riconoscimentomorale e legale ovunque essi si trovino, in Occidente come nei Paesi islamici, cosa che però molte società non sono disposte ad accettare facilmente, anzi molti Stati, per tutta risposta a quello che ritengono un virus "occidentale", hanno inasprito la legislazione contro il comportamento degli omosessuali.
Oggi, 25 Paesi condannano l’omosessualità a una pena detentiva, mentre in sette nazioni vige la punizione con la pena capitale (Afghanistan, Arabia Saudita, Iran, Mauritania, Nigeria, Sudan, Yemen). Non è difficile rendersi conto che questi sette Paesi sono a maggioranza musulmana. «Dobbiamo evitare di ridurre la religione a un sistema di castighi e pene - dice Oubrou - per il quale il senso alto delle tradizioni religiose deve assolutamente impedire ogni pretesto per una diffusione della violenza». «In quanto teologo e responsabile di una comunità religiosa - conclude Oubrou, che è l’imam della città di Bordeaux - non accetto la violenza contro le persone solo perché non condividono la nostra etica sessuale».
Inoltre, seppur assai criticato per la sua assenza alla conferenza, il Consiglio francese del culto musulmano non si è sottratto alle spinosa questione, la quale in sostanza rivela quanto siano disposti a integrarsi i musulmani in una società aperta come quella europea. E così ha preferito condannare con una semplice dichiarazione «contro qualsiasi forma di attentato perpetrato a una persona a causa delle sue opinioni, della sua appartenenza religiosa o a causa del suo orientamento sessuale. Senza dare alcun giudizio o valutazione sulle pratiche sessuali dei cittadini - si leggeva esplicitamente nel comunicato - il Consiglio ricorda che «l’Islam, come altre religioni monoteiste, crede che la vita sessuale, secondo i nobili principi, non possa essere concepito che come parte integrante della vita coniugale tra uomo e donna uniti da un contratto di matrimonio». Una posizione che evidentemente non contesta l’apertura di Tariq Oubrou e di cui si devono ritenersi soddisfatti gli esponenti della Lgbt (Lesbiche, Gay, Bisessuali e Transgender) che hanno sostenuto l’appello degli esponenti religiosi contro l’omofobia. Un analogo prudente silenzio c’è - va sottolineato - da parte dei rappresentanti del cattolicesimo e dell’ebraismo ma sull’argomento specifico del cosiddetto "matrimonio" gay. Dalil Boubaker, rettore della Grande Moschea di Parigi, chiede ad esempio un maggior approfondimento per non negare la diversità umana e questo grazie a una lettura più attuale del testo sacro, Senza avventurarsi «in proposte di azioni concrete che non verrebbero prese in considerazione dalla maggior parte dei fedeli», ammette l’importante esponente musulmano. Del resto a gennaio del 2010 è nata l’Associazione Gay musulmani di Francia (HM2F) che riunisce oggi circa 40 membri, nel tentativo di consentire a gay e lesbiche di religione musulmana di conciliare la loro omosessualità e la loro fede: «Noi non abbiamo scelto di essere gay, mentre abbiamo scelto di avere credenze religiose», ha detto Ludovic Zahed, il fondatore di "Testardo" la rivista di HM2F.
«Spetta a Dio a giudicare», recita un tradizionale adagio tanto caro ai musulmani di tutto il mondo. La dignità dell’uomo, qualunque sia la sua religione, come le sue origini, il suo genere e il suo orientamento sessuale, sono uno dei valori massimi, comuni a tutte le religioni, compreso l’Islam.


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