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La Marcegaglia è sulla graticola

• da Italia Oggi del 27 maggio 2010

di Pierre De Nolac

 

La Confindustria? È una casta, come quelle dei partiti, dei sindacati e dei magistrati, tanto che il presidente degli imprenditori di viale dell’Astronomia assume il ruolo di quinta carica dello stato. Il messaggio firmato da Filippo Astone, autore del volume Il partito dei padroni (e in precedenza di Affari di famiglia), edito da Longanesi, giunge proprio in occasione dell’assemblea confindustriale, in programma questa mattina all’Auditorium. E alla vigilia il testo è stato presentato nella sede romana dell’Associazione della stampa estera in Italia, in una sala affollata di giornalisti stranieri interessati a quella che è stata definita «una organizzazione mastodontica, costosa e poco trasparente». Astone sceglie con oculatezza i suoi bersagli nell’arco di 384 pagine, a cominciare da Emma Marcegaglia, e difende le piccole imprese, quelle che cercano di sopravvivere: «Le aziende di minori dimensioni sono le protagoniste dell’economia italiana e coprono il 90% dei ricavi di Confindustria». Ma bisogna arrivare a pagina 73 per leggere il paragrafo dedicato alle entrate e alle uscite del sodalizio: in media l’associazione «costa alle imprese aderenti circa 110 euro all’anno per ciascun dipendente di ogni singola azienda affiliata», ovvero «una quota superiore a quella che ciascun lavoratore spende per iscriversi al sindacato», scrive Astone.
Sul tema dei costi «eccessivi e della necessità di uno snellimento dell’organizzazione» era stato assegnato da parte dell’allora presidente Antonio D’Amato un compito a Andrea Mondello, nel 2002, ma il prescelto abbandonò «all’improvviso il suo incarico». Già, perché Astone rileva che se la sede centrale merita un premio per la trasparenza contabile (nel 2008, 44.3 milioni di costi e 51 di ricavi), Roma assorbe «poco meno di un decimo dei 506 milioni di euro di contributi che le 103 associazioni territoriali versano». E «poco o nulla si sa di come vengano spesi ben «455 milioni di euro gestiti a livello locale», perché «nessuno ha mai realizzato una tavola sinottica che metta a confronto, sommandoli, costi, ricavi, destinazioni di spesa e livello di efficienza» delle organizzazioni territoriali.
Così le guerre locali vengono spiegate con l’esistenza di cassaforti formidabili, tenute a debita distanza dai riflettori. In più, se «si sommano i ricavi delle società controllate, si arriva a un giro d’affari di quasi un miliardo di euro, una ricchezza che qualunque partito o sindacato europeo non oserebbe neppure sognare». Anche se c’è l’Editoriale Il Sole 24 Ore che fa perdere colpi al sistema, dato che «il bilancio 2009 della società ha registrato risultati significativamente negativi». I dipendenti agli ordini della Marcegaglia sono «circa 4mila», per essere utili alle 142mila imprese rappresentate, che danno lavoro a
4,9 milioni di persone: anche se, scrive Astone, l’apparato non è però il punto di forza di Confindustria.
L’autore mette sulla graticola due donne: Emma Marcegaglia e Federica Guidi. È definita come una fedele alleata di Silvio Berlusconi: tra loro due «esiste un patto: Confindustria appoggia il governo e questo, in cambio, le concede quello che vuole, soprattutto in tema di welfare e contratti di lavoro». Ma la Marcegaglia viene ritratta come una donna che ha deluso le aspettative dei suoi elettori, e che «ha preferito ritagliarsi un ruolo da tranquillo amministratore di un condominio che dovrebbe essere ristrutturato completamente».
Eppure si traccia la storia di un percorso che, «già da leader dei confindustrialini», vede Emma muoversi «come un politico anziano e navigato, abilissimo nel destreggiarsi tra trattative,correnti, corridoi». Astone ha come punto di riferimento la figura di Ernesto Rossi, condivisa con il leader radicale Marco Pannella: fu l’autore del libro I padroni del vapore, nel 1955, Rossi, quando numero uno degli industriali era Alighiero De Micheli (che però non viene ricordato da Astone), mecenate che amava presiedere la pinacoteca di Brera e il museo Poldi Pezzoli. In ogni capitolo appare qualche frase di Rossi, ma non mancano le citazioni dei testi di Gianni Barbacetto pubblicati dal Fatto Quotidiano, oltre che una frase ostile di Furio Colombo dedicata alla Marcegaglia: «Una presidente senza occhi, senza visione, senza una idea del futuro degli imprenditori italiani».
Nonostante il consenso bulgaro conquistato al momento dell’elezione, con il 99,2% dei voti. La Guidi, accomunata alla Marcegaglia nel capitolo Al senso del nulla», per Astone ha avuto la colpa di promuovere l’autonomia negoziale del singolo individuo con l’impresa per la quale lavora.



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