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Pannunzio, maestro oltre il suo tempo

• da la Voce Repubblicana del 27 maggio 2010

di i.s.

 

Quale fu il ruolo di Mario Pannunzio nel nostro panorama politico e culturale, in quel periodo insieme difficile e creativo che fece seguito alla caduta del fascismo e si snodò lungo i primi decenni dell’Italia repubblicana??
E’ l’interrogativo a cui si propone di dare na risposta il nuovo libro di Massimo Teodori, dedicato al grande intellettuale liberaldemoeratico e che sarà presentato oggi a Roma presso la Sala delle Conferenze in Piazza Montecitorio (Massimo Teodori, "Pannunzio", Le Scie, Mondadori). Sono passati quarant’anni dalla morte di Pannunzio e Teodori ne tratteggia un profilo per molti aspetti inedito, utilizzando anche materiale poco noto, dai documenti conservati presso l’Archivio della Camera dei Deputati all’imponente
carteggio che il direttore del "Mondo" intrattenne per oltre un trentennio. Un lavoro prezioso, che non solo contribuisce a delineare la figura di un personaggio il quale, pur senza assumere ruoli parlamentari,
seppe contribuire al dibattito politico come pochi; ma rappresenta una piattaforma utile, e per molti aspetti imprescindibile, per chi voglia continuare l’opera di Pannunzio nella "politica politicienne" e cercare di mantenere viva quella fiammella liberaldemocratica che, minoritaria in Italia, rappresenta la struttura portante dell’Occidente euroamericano.
Ed è appunto a questa grande tradizione che Pannunzio si richiamava in modo intransigente. Come scriveva Ennio Ceccarini, in un passaggio dell’Olimpo laico" che Teodori riporta nelle sue conclusioni, per lui era un principio e un programma "stare con la filosofia della storia e della libertà contro i totalitari e i socio-antropologhi (quella che Francesco Compagna definiva "la cultura feltrlnellizzata ", nda), gli stalinisti e gli ermetici, i fascisti e i retori, gli irrazionalisti, i giovanilisti e le prefiche del pacifismo. Dietro queste improvvise ventate calde, queste febbrili e buie religioni, egli sentiva, avanzare un nemico ben noto, l’antioccidentalismo, l’antidemocrazia, l’antiliberalismo".
Su questo terreno il direttore del "Mondo" non ebbe mai cedimenti, in primo luogo nei confronti di suoi amici e discepoli che qualche volta da tali cedimenti non furono immuni. E si deve anche all’azione e all’influenza politico - culturale esercitata dal "Mondo" se alcune scelte furono fatte e alcuni rischi furono evitati. Lo sottolinea opportunamente Teodori: "Senza la presenza del ‘Mondo’, le strettoie della guerra fredda sarebbero state ancora più strette, l’ingresso dell’Italia nel Patto atlantico sarebbe stato più difficile, e la spinta verso l’Europa unita sarebbe stata più debole. Più d’ ogni altra cosa, si sarebbe affievolita la resistenza alle tentazioni di un "regime forte" volto a restringere le libertà e ì diritti civili, come avrebbero voluto gli ultraconservatori degli ambienti clericali, militari e imprenditoriali."
Il libro di Teodori, come d’altro canto il personaggio Pannunzio - vero intellettuale globale - non possono essere riassunti nel breve spazio di una recensione. Ma c’è un giudizio dell’autore che forse più di ogni altro riassume ad un tempo la ricchezza di Mario Pannunzio e ne fa un riferimento storico imprescindibile. "Il mondo occidentale, nella duplice dimensione europea e statunitense, per l’intellettuale non rappresentò solo il necessario ancoraggio in politica estera, ma anche la dedizione a una koinè culturale antitetica ai nazionalismi e ai particolarismi". Fu questa la lezione preziosa che dal "Mondo" si irradiò all’esterno, malgrado la limitata diffusione del settimanale, contribuendo per un verso a formare una classe dirigente più giovane che sarebbe sopravvissuta alle vicende del giornale e del partito che Pannunzio aveva fondato con gli altri amici della sinistra liberale; e per altro verso a sprovincializzare un paese ancora ripiegato su se stesso, prigioniero della sua storia più recente, quasi oppresso dalle tragedie della guerra e della sconfitta.
E’ anche a questa lezione che si deve se oggi ancoraesiste una linea di resistenza liberaldemocratica nei confronti delle derive populiste, pressappochiste, avventuriste, E in questo senso Pannunzio è ancora un maestro, oltre il secolo che lo ha visto protagonista.


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