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Draghi. Massari: Il Governatore individua le riforme. Molte, quasi tutte
Dichiarazione di Alessandro Massari, Direzione nazionale RI

31 maggio 2010

Un coro di plauso, quasi unanime, ha salutato il discorso del Governatore di Bankitalia.
Molte delle proposte ascoltate sono parte fondante della politica economica radicale, e l’adesione è convinta, ma Draghi a fornito una soluzione ottimale a “quasi” tutti i problemi del Paese.
Fondazioni. Il Governatore ha affermatto che non vuole tornare al periodo in cui la politica “nominava gli amministratori delle banche e suggeriva anche i clienti privilegiati”. Giusto, ma difendere l’assetto attuale delle fondazioni, ignorando le critiche sul loro assetto, risulta una falsificazione della realtà. Quando, negli anni 90, si privatizzarono le Banche, si voleva che le fondazioni fossero enti autoreferenziali? I fatti ci indicano che quella fu la scelta suggerita da un suo illustre precedessore, Ciampi. Attualmente le Fondazioni esercitano ingerenze nelle questioni creditizie, e spesso ricevono critiche per le modalità con cui sono scelti presidenti, troppo spesso nominati per meriti politici e senza alcuna competenza specifica. Ma il Governatore assicura che l’autonomia delle Fondazioni tutelerà gli investitori dal rischio di una cattiva scelta del menagement. Si chiede fiducia, dopo aver correttamente invocato come metodo per uscire dalla crisi, partecipazione, valutazione, controllo, trasparenza. E' necessaria la riforma delle Fondazioni bancarie per riformare il sistema bancario italiano. Questo è un passaggio irrinunciabile per creare finalmente un sistema di mercato efficiente, trasparente e competitivo, fatto di regole conosciute e condivise dai cittadini. Sistema mai realizzato in Italia.
Evasione e corruzione: “Macelleria sociale è una espressione rozza ma efficace e io credo che gli evasori fiscali siano tra i responsabili”. Il governatore però, pur conoscendo la gravità del probema, si limita a citare i dati della sola evasione IVA, in sintonia col professor Forte che di ciò aveva parlato alla stampa nei giorni scorsi. Un passo per volta è bene, ma dopo il primo viene il secondo. E’ l’evasione nel suo complesso che non è più tollerabile. I dati ufficiali 2009 parlano di imposizione pari al 43,2%, ma numerose stime la innalzano, per chi paga effettivamente, di almeno 10 punti percentuali. Ciò è desumibile dalle sue parole, ma non si è ascoltato chiaramente. Stesso discorso per la corruzione. L’Italia si trova al 68° posto nell’indice di propensione alla corruzione (fonte Trasparency). Appena meglio dell’Arabia Saudita, 69° e meno virtuosa di Turchia a Cuba, rispettivamente al 67° e 66° posto. Insomma, a sentire Draghi parrebbe che la corruzione sia concentrata solo al sud. Difficile da credere.

Sul resto, dal rientro del debito, alla riforma pensionistica, dalla riduzione della pressione fiscale per il rilancio della crescita economica alla razionalizzazione delle risorse all’uso dei costi standard, dalla predisposizione di vincoli e disincentivi per la sanità al vincolo di bilancio proposto esplicitamente in pareggio, se non in attivo, dall’integrità delle informazioni statistiche alla loro comparabilità, dalla debolezza di giovani e donna nel mercato del lavoro alla necessità di regole chiare, transnazionali e condivise come unico metodo per uscire dalla crisi, concordiamo, perché la crisi è nata a causa di un deficit di regole e controlli sulla loro applicazione. Ma in Italia ci siamo avvantaggiati con grande anticipo, grazie a un debito pubblico che, in termini percentuali rispetto al PIL, è ben superiore a quello di Spagna, Germania, Francia, Gran Bretagna. La crisi italiana non è nata con quella internazionale, anche se ben conosciamo in tutto l'ordinamento l'esistenza di norme mal scritte e ancor peggio applicate.

Riforme strutturali: Draghi ben ne conosce l’impellenza perché “La crisi le rende più urgenti: la caduta del prodotto accresce l’onere per il finanziamento dell’amministrazione pubblica; i costi dell’evasione fiscale e della corruzione divengono ancora più insopportabili; la stagnazione distrugge capitale umano, soprattutto tra i giovani.

Contemporaneamente, però, ritiene che nelle nuove condizioni di mercato “era inevitabile agire”. Quasi allo stesso modo di sempre.



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