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Le escursioni parigine di Cavour: tra poveri e disgraziati per scrivere un saggio sulla miseria

• da Il Foglio del 7 giugno 2010

di Giorgio Dell'Arti

 

La Stampa, sabato 29 maggio
Lei sostiene che Cavour, arrivato a Parigi, invece di darsi alla bella vita, s’affannasse a raccogliere dati sui poveri con lo scopo di comporre un grande saggio sulla miseria.
Non lo dico io, lo dice il compagno di viaggio di Cavour, che era il conte Pietro di Santa Rosa. Scrisse a Gustavo: «Le nostre giornate sono piene, noi passiamo di solito la prima parte delle nostre mattinate dedicandoci allo studio e alla meditazione delle cose viste il giorno prima; poi a mezzogiorno usciamo e cominciamo le nostre escursioni interessanti. Ospedali, ospizi, prigioni, scuole, monumenti, istituzioni pubbliche di ogni specie sono passati in rivista, visitati, analizzati, anatomizzati».

Abbiamo idea del risultato di queste indagini?
Sì. Cavour aveva interrogato molta gente anche a Ginevra. E aveva i dati di Torino. L’operaio di Torino mangiava carne una volta l’anno, quello di Ginevra tutti i giorni. A Ginevra esisteva un monsieur Lefèvre, che sorvegliava l’applicazione della legge sui poveri. Cavour lo incontrò e vide poi, in casa di Augusto De La Rive, il capo dei radicali. Costui, di nome Fazy-Pasteur e oppositore feroce del governo, descrisse invece una società immersa nel benessere, quasi soffocata dalla mancanza di problemi. «Forse diamo anche troppi aiuti, senza nessun discernimento». Il conte, dopo aver contato in città ben 22 macellerie e due sagateries (banchi dove gli allevatori venivano a vendere liberamente le loro bistecche pagando un piccolo dazio all’ingresso in città), annotò che il ginevrino rifiutava in genere i lavori grossi, puntava a diventare orologiaio o gioielliere, e aveva ripugnannza per la carità pubblica. A Parigi scoprì poi l’esistenza di comitati che fornivano sussidi agli indigenti, purché di 65 anni e con almeno tre figli a carico. 187 mila persone soccorse solo nell’anno 1832...

Quanti abitanti aveva Parigi in quel periodo?
850 mila. L’operaio parigino mangiava carne una volta alla settimana. Quando il prezzo della pagnotta superava i 20 soldi, il popolo scendeva in strada con l’intenzione di spaccare tutto. Venivano perciò distribuite tessere che garantivano pagnotte a sedici soldi, e il resto veniva versato ai fornai dal comune. La pietanza più diffusa erano le patate. Per strada si vendeva il brodo con i bolliti. Le donne acquistavano i legumi già lessi, a casa si scaldavano e insaporivano con un pizzico di burro e sale. La miseria a Parigi era uno spettacolo: la massa di prostitute intorno all’Opéra, il mare di camere ammobiliate nell’Arcis, dieci franchi per una stanza di tre metri quadrati con lenzuola in tela da imballaggio, una branda in camerate da quaranta persone per sei franchi, un posto al dormitorio pubblico per sessanta centesimi.
Spiegarono a Cavour che questi miserabili erano disoccupati di ogni genere, servitori rimasti senza impiego, operai. Tra questi la percentuale di artigiani o di muratori era identica a quella degli addetti all’industria. «Non si può capire la miseria dei lavoratori - dissero se non si osserva il loro comportamento. Come si spiega che moltissimi il lunedì non vengono? Hanno preso la paga al sabato, si son dati ai bagordi. Infatti i tipografi, che son pagati a quindicina, hanno un ritmo di assenze diverso. Anche la beneficenza: se non esistessero la Bicétre, la Salpètrière, e gli altri ricoveri per la vecchiaia, la classe operaia sarebbe costretta a esser più previdente e a metter da parte qualcosa. Perché la domenica se ne vanno in gita alle barriere invece di depositare il loro denaro nelle casse di risparmio?». Cavour prendeva appunti e assentiva.

Esistevano le casse di risparmio?
Sì, e anche le società di mutuo soccorso, in cui ciascuno versava in una cassa comune uno o due franchi. Nel ‘33 la Société Philantropique ne aveva contate 211. Mostrarono a Cavour che queste casse facevano ormai più politica che finanza. Gli dissero anche che una certa miseria è: inevitabile, è insita nello sviluppo stesso della città. In questi discorsi c’era sempre un momento in cui, allargando
le braccia, si citava Matteo XXVI, 11: «Nam semper pauperes habetis vobiscum», «Infatti i poveri saranno sempre con voi».

Come mai tutto questo interesse, da parte delle autorità, per la miseria e per i poveri?I poveri non votavano, e in genere non avevano voce in capitolo. Una volta regolato il prezzo della pagnotta...
I poveri sono pericolosi, la delinquenza è prima di tutto frutto della miseria, le carceri sono piene di poveri diventati delinquenti, le carceri sono un costo, le polizie sono un costo, i poveri sono in ogni caso un costo perché anche i ricchi e i nobili, per quanto poco interessati ai poveri, non possono poi far morire di fame la gente per strada, neanche in un’epoca in cui i poveri non votano. Ci. sono poi quelli che se ne occupano a prescindere, dame di buon cuore, protosocialisti, uomini timorati di Dio, preti, scrittori
che pubblicano romanzi strappalacrime. Infine: chi avrebbe potuto desiderare un rivolgimento sociale se non i poveri? I poveri facevano paura.


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