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Vuoi vedere che i soldi pubblici se li sono già spesi? Eccolo, il dubbio che ti coglie davanti alla scelta dei partiti (tutti, di destra e di sinistra, governativi e di opposizione, bianchi, rossi e verdi padani salvo flebili eccezioni radicali...) di immergersi in un silenzio totale di fronte a una domanda. Quella che si stanno ripetendo, frementi di indignazione, alcuni milioni di cittadini: se la crisi è così «drammatica» da obbligare il governo a bloccare gli stipendi agli statali fin dalla prossima busta paga possibile, come mai il Palazzo si prende il lusso di non tagliare immediatamente i rimborsi elettorali ai partiti, che per primi dovrebbero dare l’esempio?
La Spagna di Zapatero (quella Spagna su cui tanti abbozzano oggi sorrisetti ironici...) ha 575 parlamentari, circa metà degli italiani, e un costo dei Palazzi e dei partiti infinitamente più basso di quello dei nostri, eppure già nel 2008, quando fu chiaro che la crisi sarebbe stata pesante, decise di dare un taglio netto e immediato al finanziamento pubblico, da 136 a 119 milioni di euro: il 13%. Da noi no. Non solo il calcolo di un euro di rimborso a elettore per le «politiche» al Senato si continuerà a fare contando il numero degli elettori della Camera, che sono ovviamente molti di più. Non solo il taglio non sarà del 50% come aveva inizialmente fatto intendere Tremonti ma solo del 10% (ammesso che non scenda ancora...) ma la prima sforbiciata arriverà come è noto alle prossime politiche del 2013, la seconda alle prossime
europee del 2014, la terza alle prossime regionali del 2014. Quando un maestro, a causa dell’inflazione, avrà già subito un taglio (i calcoli sono di Tuttoscuola diretto da Giovanni Vinciguerra) fino al 15% dello stipendio contro uno del 5% per chi, dallo stesso Stato, riceve 20 mila euro al mese.
Perché? La risposta, che spiegherebbe l’imbarazzata scelta unanime di adottare la tattica del pesce in barile (zitti, allineati e coperti), sarebbe nel fatto che un po’ tutti i partiti, una volta passata la legge che distribuiva i denari, si sarebbero precipitati in banca: «Noi dobbiamo avere, da qui alle prossime elezioni, tot denari: ce li anticipate subito e poi vi rivalete sulle pubbliche casse?». Morale: se venissero bloccati oggi, immediatamente, quei rimborsi, i partiti dovrebbero restituire soldi che hanno speso prima ancora di averli. E questo anche certi partiti che, mentre l’imitavano sottobanco, criticavano Tremonti per le cartolarizzazioni e altri interventi di finanza «creativa».
Non bastasse, c’è chi si è spinto a spiegare anonimamente la scelta di non dare un taglio radicale ai contributi con parole che mai e poi mai saranno dette pubblicamente: se la riduzione fosse troppo robusta, alcuni partiti, presi con l’acqua alla gola e incapaci di ridurre le spese, potrebbero tornare alle cattive abitudini di un tempo... Mica male, come spiegazione...