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Il Tea Party europeo ha avuto la sua prima consacrazione elettorale in Olanda. Geert Wilders, ultraliberista, isolazionista, populista e anti islamico, ha quasi triplicato i seggi del suo Partito della libertà (da 9 a 24), piazzandosi al terzo posto davanti ai cristianodemocratici del premier uscente, Jan Peter Balkenende. Anche Mark Rutte, il leader del Partito liberale e probabile premier dopo aver vinto le elezioni
con 31 seggi, ha condotto una campagna con parole d’ordine da Tea Party americano: troppo deficit, troppe tasse, troppo internazionalismo, e basta con il politicamente corretto sull’immigrazione. Gli olandesi hanno votato contro l’establishment politico che ha chiuso gli occhi sui danni del multiculturalismo. "Siamo i grandi vincitori e non possono più ignorarci", ha detto un trionfante Wilders. La Main Street olandese ha bocciato il governo di grande coalizione tra cristiano-democratici e laburisti, che ha salvato la Wall Street di Amsterdam (Abn Amro e Fortis, le due banche nazionalizzate durante la crisi finanziaria) e fatto esplodere il deficit (dal quasi pareggio di bilancio al 6,6 per cento del pil)..Il liberale Rutte ha promesso di tagliare la spesa di 45 miliardi, di ridurre le dimensioni dello stato, di dimezzare gli aiuti internazionali allo sviluppo e di respingere gli immigrati che non contribuiscono all’economia del paese. La voglia di libertà degli olandesi è stata espressa anche nel voto ai D66, piccola formazione libertaria simile ai Radicali di Pannella, passata da 3 a 10 seggi.
Wilders ha iniziato a fare sul serio, rinunciando a opporsi all’innalzamento dell’età pensionabile a 67 anni. I negoziati che si sono aperti ieri potrebbero durare mesi, indebolendo la posizione dell’Olanda sui mercati. Gli osservatori scommettono su una coalizione "violetta": liberali, laburisti, libertari dei D66 e Verdi. Ma così, dopo aver votato per un’agenda Tea Party, gli olandesi si ritroverebbero con un premier liberale, in minoranza dentro un governo dominato dalla sinistra.