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Quando la sinistra era (quasi) libertaria

• da Corriere della Sera del 14 giugno 2010

di Pierluigi Battista

 

C’era una volta una sinistra che detestava lo strapotere dei magistrati, diffidava di una polizia onnipotente, e vedeva come una minaccia alla libertà uno Stato che potesse spiare chiunque, senza argini e controlli. C’era una volta una sinistra, certo confusa e pasticciona, che però avrebbe accolto lo slogan barbarico «intercettateci tutti» come una disfatta delle proprie ragioni, una concessione ai tentacoli autoritari del Potere, una sottomissione agli imperativi e agli apparati dell’«ordine costituito».
C’era una volta una sinistra che si sdilinquiva  con i versi libertari di Fabrizio De André. Che intonava commossa Here’s to you Nicola and Bart per ricordare, sdegnata, l’oltraggio alla giustizia perpetrato con la condanna a morte, di Sacco e Vanzetti. Che sapeva rispecchiarsi nella denuncia degli arbitrii investigativi del poliziotto Gian Maria Volontè in «Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto» («repressione è civiltà»; era il suo motto). Che leggeva avidamente «I mostri» di Luigi Pintor, dove «i magistrati dispongono del più illecito dei poteri, quello sulla libertà altrui. Ma sono intoccabili... dispongono di armi micidiali, leggi inique e meccanismi incontrollabili. E le maneggiano come e
contro chi vogliono». Che in «Sorvegliare e punire» di Michel Foucault ritrovava l’anatomia inquietante della «società disciplinare», dell’incubo moderno della trasparenza assoluta in cui il Potere controlla tutti, si intromette nella vita di chiunque, intercetta ogni segreto palpito degli individui. Che si identificava con i fumetti e i cartoon di Alfredo Chiappori, dove le cuffie e i nastri registrati erano le armi della polizia, oltre al tradizionale manganello. C’era una volta una sinistra che adesso non c’è più. Era contraddittoria, sconclusionata, dottrinaria, ideologicamente folle, ma non si sarebbe mai abbeverata alle fonti della nuova letteratura: i mattinali delle questure e delle procure. Snobbava le battaglie per i diritti individuali dei radicali di Pannella, liquidate come un «lusso borghese». Con i dirigenti della Fgci non disdegnava scampagnate ideologico-esistenziali nei Festival della gioventù allestiti a Berlino Est, proprio lì dove una feroce polizia politica faceva strage delle «vite degli altri». Ma se non era certo «liberale», tuttavia, forse perché ancora residualmente impregnata degli umori anti-autoritari della festa sessantottista, non avrebbe mai celebrato la bellezza sublime dell’Intercettazione Globale.
Qualche volta in molti di noi punge come una tormentata infedeltà a se stessi il cambiamento che si è consumato rispetto a quella stagione. Ma è confortante constatare quanto sia cambiata ancora più radicalmente, e in peggio, quella sinistra che non c’è più. E che sembra culturalmente passata, in blocco, dalla parte dell’«ordine costituito». Altro che infedeltà.



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