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Commercio estero: i tagli di Tremonti fanno il miracolo della grande riforma

• da Affari&Finanza (la Repubblica) del 14 giugno 2010

di Vincenzo Nigro

 

Mercoledi 26 marzo 2008, Roma, ma, sala delle conferenze della Luiss, l’università di Confindustria. Alla vigilia delle elezioni l’allora presidente degli industriali Luca di Montezemolo chiama a un confronto sulla «diplomazia economica» Massimo D’Alema ed Emma Bonino (ministri in carica) assieme a Franco Frattini ed Adolfo Urso (ministri in pectore). La ricetta degli imprenditori per aiutare il commercio italiano nel mondo è semplice: accorpare e razionalizzare.
Quel giorno la risposta più lineare fu soltanto una: accorpare il ministero del Commercio Estero al ministero degli Esteri, unire le 100 unità operative dell’Ice nel mondo alle 123 ambasciate, ai 103 consolati, in qualche modo anche agli 89 Istituti di cultura sparsi nel mondo. Si sa come è finita: dopo le elezioni Claudio Scajola, allora uomo forte di Forza ltalia, riesce invece a riaccorpare il Commercio Estero alle Attività produttive, avviando da via Veneto la collaborazione con Adolfo Urso, vice-ministro con delega proprio all’internazionalizzazione.
Passiamo a oggi, giugno 2010. Scajola non è più ministro, la manovra d’emergenza del governo Berlusconi impone quei tagli e quella razionalizzazione che erano stati sempre rinviati. Dal ministero dell’Economia i tecnici di Giulio Tremonti nella prima bozza del decreto 78 arrivano a proporre brutalmente la soppressione dell’Ice, considerandolo «ente inutile». Appellandosi al fatto che il governo ha già una delega per la riforma complessiva di tutto il comparto (legge 99/09) ‘ Adolfo Urso si oppone alla chiusura pura e semplice dell’Ice, e riapre la trattativa per capire cosa fare dell’Istituto ma soprattutto come armonizzare al meglio gli strumenti che servono a sostenere l’export italiano nel mondo.
Siamo alle ultime ore: Tremonti ritira il provvedimento di chiusura dell’Ice, ma parallelamente il ministro degli Esteri Franco Frattini fa una proposta di emendamento per accorpare alla Farnesina sostanzialmente tre «pezzi» dell’Ice: le direzioni dell’ex Commercio Estero che erano passate sotto il controllo del ministero dello Sviluppo Economico; la rete delle sedi Ice all’estero e infine la vigilanza sulla Simest.
Da anni il lavoro della Farnesina, degli ambasciatori in giro per il mondo, si è trasformato radicalmente:
Silvio Berlusconi prevedeva che la diplomazia sarebbe diventata essenzialmente economica. Ma la politica, e innanzitutto la politica estera, non sono affatto scomparse. Per cui gli ambasciatori sono costretti a continuare a fare moltissima politica, mentre aumentano le richieste di un loro intervento sui
dossier economici che gli esportatori italiani presentano loro. Un accorpamento, una razionalizzazione,
un rafforzamento della Farnesina con le sedi Ice sarebbe un uovo di Colombo.
«Se ne può discutere, io non sono affatto contrario», dice Urso, «la scelta di accorpare il Commercio Estero agli Esteri è una scelta strategica che può essere valutata. Ma non possiamo procedere smembrando e ricomponendo pezzi e pezzettini, dobbiamo alzare il livello della sfida e disegnare un quadro nuovo, complessivo, di tutto il settore».
La Farnesina pensava a un percorso diverso: visto che Tremonti si prepara a tagli micidiali per far cassa, proviamo a salvare quei «pezzi» che nel mondo possono essere comunque utili a sostenere l’export e che potrebbero rafforzare la capacità della rete MAE. Le tessere del "puzzle Ice" sono molto e complesse: oltre alle 100 sedi all’estero, c’è la sede centrale di Roma e 16 uffici regionali in Italia. Nel 2007 il personale dell’istituto assorbiva il 71,6% delle spese per 763 unità (rispetto ad un organico di 1.110 dipendenti). Urso fa anche un altro discorso: non solo non possiamo semplicemente
riaccorpare alla Farnesina pezzi dell’Ice, ma vanno anche considerati tutti gli enti, gli «strumenti
dell’internazionalizzazione» dello Stato italiano. Quindi oltre all’Ice, ci sono l’Enit (turismo), la Simest, la Finest, l’Informest, Buonitalia (promozione agroalimentare), Invîtalia (erede di Sviluppo Italia, attrazione di investimenti). Una mini-galassia che si intuisce essere di grande interesse per gli amministratori che ne controllano i pezzi, ma ancora di dubbia efficacia per gli industriali e gli utenti che se ne devono servire.
In quel famoso dibattito del marzo 2008, alla vigilia del voto che riportò il centro-destra al governo, Urso vedeva la necessità di un «ministero dell’internazionalizzazione» che raggruppasse tutte le competenze dal commercio, al turismo, alla cultura. Evidentemente l’idea continua a piacergli, e il confronto di questi giorni con i funzionari degli Esteri lascia spazio alla possibilità di un allargamento della Farnesina anche alla «internazionalizzazione».
Come in Canada, un ministero degli Esteri "rafforzato", che quindi tenga insieme politica estera e promozione commerciale, integrando le relative strutture. Ancora pochi giorni, e Giulio Tremonti annuncerà la scelta.


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