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Cari amici, cari compagni, caro Stefano,
mi chiedete un aggiornamento sulla situazione ambientale lucana, sui veleni industriali e politici della Basilicata, che poi sono i veleni industriali e politici di questo povero paese: i veleni industriali e politici di cui parlate nel manifesto di presentazione del IV congresso di Rientro Dolce. I veleni di un mondo che sembra correre verso l’autodistruzione. Un nostro compagno, verrebbe da dire un nostro saggio compagno, Marco Pannella, ha detto che dove c’è strage di legalità prima o poi segue strage di popoli. Niente di più vero.
In questi mesi ho potuto constatare, una volta di più, che spesso nella terra dei ciechi, laddove la cecità è virtù e il silenzio rappresenta titolo di merito, le denunce possono avere un effetto boomerang. Succede che a marzo vengo convocato presso la caserma dei Carabinieri di Latronico per essere ascoltato come persona informata dei fatti. Mi ero illuso che volessero sentirmi per parlare delle denunce depositate su siti di bonifica non bonificati, sull’ inquinamento di falde acquifere, sull’operato dell’Arpab, sul funzionamento dell’inceneritore Fenice-Edf(il più grande inceneritore d’Europa). Sbagliavo. Hanno scomodato due ufficiali del Noe e due agenti della Polizia postale per conoscere la mia fonte su una vicenda inerente la presenza di Bario e Boro nei principali invasi della Basilicata. Un solerte magistrato ha disposto la perquisizione della mia abitazione per acquisire il corpo del reato. L
Chi ha detto che la giustizia in Italia non è veloce? Quando si tratta di indagare su chi indaga e chi racconta, da queste parti la giustizia è velocissima. Intanto, da mesi, in qualche caso da anni, attendiamo di conoscere l’esito di indagini aperte su alcune situazioni di inquinamento ambientale.
Negli ultimi mesi ci siamo occupati dei due Sin lucani(Sito di bonifica di interesse nazionale), che da anni attendono di essere bonificati(un tema che andrebbe affrontato su scala nazionale). Luoghi che erano diventati come le città senza nome dell’Unione Sovietica, luoghi dimenticati e da far dimenticare, grazie alla nostra azione sono tornati ad esistere, a creare imbarazzo in chi da anni è incapace( e forse non solo incapace) di governare certe “emergenze”. E’ il caso della vasca fosfogessi di Tito scalo con il suo micidiale carico di veleni, dell’area di Ferrandina con i veleni che hanno inquinato falde acquifere e terreni. Dopo la nostra tambureggiante iniziativa sono stati stanziati un pò di soldi, ma siamo ancora nella fase di Mise(Messa in sicurezza d’emergenza) e di caratterizzazione. Lontani, lontanissimi da una vera bonifica. In compenso abbiamo scoperto che a Ferrandina, all’interno di un Sin non bonificato, hanno consentito l’insediamento di un’azienda, che il Ministero dell’Ambiente ha inserito nell’elenco delle fabbriche suscettibili di provocare incidenti rilevanti. L’azienda in oggetto scarica i suoi reflui industriali nel fiume Basento. Qualche mese fa, il Corpo forestale dello Stato ha aperto un’inchiesta di cui si sono perse le tracce, come avvenuto per l’inchiesta sull’inceneritore Fenice, aperta oltre un anno fa dalla Procura di Melfi.
Nella Val D’Agri, cuore delle estrazioni petrolifere in Italia, il più grande giacimento petrolifero in terra ferma, dopo oltre 10 anni si è avviata un’indagine epidemiologica. Ad oggi, però, i monitoraggi sull’emissione in atmosfera di idrogeno solforato e di biossido d’azoto continuano ad essere carenti. Alcuni medici e la totalità dei cittadini della Val D’agri da anni denunciano una notevole crescita delle malattie tumorali nell’area delle estrazioni. Analoga denuncia arriva dall’area dell’inceneritore Fenice e da altre zone della Lucania, come Tito scalo e la Val Basento.
In questo momento mi è difficile scrivere qualcosa di organico. Ci siamo occupati di falde acquifere avvelenate, di sorgenti avvelenate, di discariche collassate, di una raccolta differenziata inesistente, che sembra essere funzionale al fiorire di sedicenti impianti a biomasse. Ci siamo occupati di mancati controlli da parte della locale Agenzia regionale per l’ambiente, di dati sul monitoraggio ambientale indisponibili o inesistenti, della lobby dell’eolico, del ciclo dei rifiuti e, temo, del mare di soldi che gira intorno al traffico illecito dei rifiuti.Â
L’effetto sorpresa della nostra incursione partigiana è terminato e, come era prevedibile, i poteri che abbiamo sfidato si sono organizzati ed hanno reagito. Resta la sete di verità che deve fare i conti con grandi interessi: quelli di chi sta trivellando in cerca di petrolio anche in prossimità di dighe e in aree ricche di acque e di sorgenti. Gli interessi che ruotano attorno all’Itrec, dove sono state stoccate le barre di plutonio del reattore di Elk river e gli interessi di chi ha eletto la Basilicata ad hub petrolifero e luogo per lo smaltimento lecito e illecito di rifiuti tossici.
La Basilicata, in base alle cifre diffuse da un rapporto del Ministero dell’Ambiente, si colloca al primo posto per reati ambientali(rapporto reati/popolazione). Temo che quelle cifre rappresentino solo la punta dell’iceberg per una regione che ha interi territori che sono una sorta di terra di nessuno.
Per dirla con l’ex Procuratore della Repubblica di Matera, Nicola Maria Pace, di recente audito dalla Commissione bicamerale ecomafie: “in Italia abbiamo una produzione di rifiuti che obiettivamente può essere smaltita con le normali strutture esistenti solo nella misura del 30 per cento. Al piccolo cabotaggio provvede la piccola manovalanza e alle situazioni più complesse quella organizzata, da qui le ecomafie, le cui centrali possono agire su scala internazionale, appoggiate anche da entità di livello superiore.”
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La Basilicata, “terra di nessuno”, è di certo luogo di stoccaggio di rifiuti tossici.
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In uno studio redatto da alcuni medici dell’istituto superiore di sanità , in collaborazione con l’Istituto Tumori di Milano, si afferma che in Basilicata l’incidenza delle malattie tumorali cresce come in nessun’altra parte d’Italia. Eppure risulta essere una costante il trasferimento o il silenziamento di chi prova ad indagare e a scavare e di chi tenta di porre domande e di raccontare.
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Avete citato un film di Kurosawa “I cattivi dormono i pace”; pensando a certe situazioni, a me verrebbe da citare il Francesco Rosi de “Le mani sulla città ”.
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Il paradosso, come avete scritto nel vostro/nostro/mio volantino/manifesto, è che chi mette le mani nelle nostre vite, negando giustizia, producendo avvelenamenti, saccheggiando il territorio, dorme in pace, mentre chi denuncia e prova a raccontare, il sonno lo perde. Sembra a volte di vivere in un mondo al contrario, dove ti senti braccato dai ladri di verità , di giustizia di legalità che ti corrono dietro con manganello e olio di ricino, magari per chiederti di abiurare. Ma questa storia noi l’abbiamo raccontata spesso in questi anni.
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Vi sono grato e sono orgoglioso di essere un iscritto dell’Associazione Rientro Dolce; orgoglioso di essere un militante radicale. Condivido, mi riconosco in tutto quello che avete scritto nel vostro manifesto.Â
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Viviamo in un paese in cui il diritto di accesso alle informazioni in materia ambientale sembra essere una chimera. Eppure, il nostro paese, sia pur con ritardo, ha recepito la Convenzione di Arhus.
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Dobbiamo confrontarci con un contesto che quotidianamente rimuove il nostro operato, le nostre lotte, le nostre proposte, fino a trasformarci in fantasmi.
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Personalmente proverò a fare ancora le mie incursioni, a scendere dalla montagna, nella speranza che prima o poi si inneschi una scintilla che accenda un po’ di luce.
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Maurizio Bolognetti