I ping pong sull’equiparazione dell’età pensionabile tra commissione europea e governo italiano sembra essersi concluso, con il nostro paese costretto a corrispondere appieno alle richieste Ue, dopo anni di procedure di infrazione, promesse, condanne, resistenze, e recentissime tirate d’orecchie.
Risultato: l’età pensionabile delle donne, intanto nel pubblico impiego, verrà equiparata a 65 anni dal 2012. "La politica del giorno dopo", che mai riesce a governare e indirizzare per tempo le riforme necessarie al paese, ha offerto un variegato spettacolo, come spesso accade quando si parla di donne: il governo, manco fosse Don Rodrigo, si è giustificato dicendo che «questa riforma non s’aveva da fare», ma che purtroppo «l’Europa ci ha costretto a farla rapidamente, senza sentir ragioni»; altri, non sempre lungimiranti, gridano al tradimento nei confronti delle donne; in più, vi sono alcune proposte su come utilizzare i risparmi derivanti dalla manovra, che non paiono improntate all’insegna del progresso e
dell’emancipazione femminile.
Eppure noi radicali da qualche anno andiamo ripetendo che la riforma è necessaria e, anzi, che occorrerebbe estenderla presto al settore privato. Le stime sui risparmi derivanti da tale riforma variano tra 1,450 miliardi in dieci anni (secondo il recente calcolo di Tre- monti) e 2,3 miliardi in otto anni (alcuni mesi fa annunciati invece da Brunetta, anche se le cifre che circolano sono molteplici). Quel che è certo è che dal 2020 i risparmi derivanti dalla riforma saranno pari a zero. È necessario, quale che sia la somma esatta, che questa non sia oggi destinata a fare "cassa" perché il tasso di occupazione femminile in Italia è tra i più bassi d’Europa e la disoccupazione femminile non se la passa bene. Ma da sempre la tenaglia delle donne in Italia è l’inattività , la vera "tomba dell’occupazione", che tocca cifre altissime: oltre 3,5 milioni le donne scoraggiate che hanno rinunciato a cercare un impiego (secondo le ultime rilevazioni sulle forze lavoro, però, l’inattività femminile diminuisce, seppur in maniera contenuta, mentre aumentano le donne che cercano un impiego. Un effetto "perverso" della crisi da seguire con attenzione). Trai motivi principali dell’inattività femminile (secondo diverse indagini) vi è la mancanza di servizi adeguati di cura e assistenza. Dobbiamo iniziare a cambiare rotta, a partire da un utilizzo intelligente e mirato dei risparmi derivanti dall’equiparazione dell’età pensionabile. Sappiamo che è un momento particolare anche per l’Italia, in cui ogni proposta deve essere fatta tenendo bene a mente i vincoli di bilancio e il debito pubblico. Per questo proponiamo un elemento di conoscenza e riflessione al dibattito in corso. C’è un modo utile per usare questa non ingentissima somma, che non comporta una vera spesa, ma piuttosto una ulteriore opportunità per recuperare risorse umane e finanziarie.
Ci riferiamo al modello francese dei Cesu (Chèque emploi cervice universel), cioè "voucher universali per i servizi alla persona". In Francia questi voucher sono spendibili quasi come un buono pasto nel settore dei servizi alla persona, sono acquistabili ovunque, il loro costo viene per più di un quarto sostenuto dallo stato cón deduzioni e detrazioni e per il resto da chi acquista i servizi, in genere le famiglie che hanno bisogno di badanti, baby sitter, e assistenza alle persone non autosufficienti.
Questo modello di voucher in Italia porterebbe all’emersione almeno l’8o% degli oltre 84omila lavoratori domestici (dati 2007) e determinerebbe per le casse dello stato, solo per contributi sociali, nuove entrate per circa 1,2 miliardi all’anno. A queste occorre aggiungere le entrate di Irpef difficilmente stimabili. Il calcolo del costo della proposta: 300 milioni l’anno, quasi esattamente la cifra che "avanza" dall’equiparazione nel pubblico impiego. Basterebbe comunque a finanziare circa almeno cinque anni di voucher. Non solo. Questa riforma dei servizi alla persona ha un costo di "attivazione" piuttosto modesto, produce ricchezza fino ad autofinanziarsi e porta ulteriori benefici per le casse italiane: un effetto a catena decisamente positivo e prolungato nel tempo. E grazie alla riemersione dal nero, potremmo recuperare ulteriori importanti risorse da investire in asili nido o incentivi/detrazioni alle imprese che assumono donne o altro ancora. Ci sembra una proposta su cui riflettere attentamente.
Emma Bonino è vicepresidente al Senato
Valeria Manieri è dirigente nazionale dei Radicali italiani