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Quel piacere da tassare

• da Corriere adriatico del 21 giugno 2010

di Fulvio Cammarano

 

Il governo, attraverso il ministro delle Pari Opportunità, Mara Carfagna, si è espresso contro la prostituzione. La dichiarazione è stata fatta a margine delle proposte, disgiunte ma convergenti, del deputato Pdl Lucio Malan, membro della Chiesa Evangelica valdese, e della senatrice radicale del Pd, Donatella Perotti, di legalizzare il mercato del sesso per poterlo legittimamente tassare. Qualcuno ha stimato il gettito fiscale potenziale che potrebbe derivarne, in oltre un miliardo di euro. In Germania, sembra, che lo Stato percepisca dalla tassazione sulla prostituzione, circa tre miliardi. La contrarietà del governo è dovuta. Ci mancherebbe altro. Essere contro la prostituzione è come essere contro l’evasione fiscale, l’abusivismo edilizio, la corruzione, lo sfruttamento del lavoro nero e minorile. Chi non lo è, contro? Però mentre dalla lotta a quei misfatti lo Stato riesce ad ottenere un qualche tipo di introito, senza peraltro poterne impedire la diffusione, la prostituzione resta un cospicuo affare che rimane interamente nelle mani dei privati. Se uno vende il proprio corpo compie un’azione riprovevole dal punto di vista morale, socialmente condannata dall’etica pubblica ma da quell’azione ottiene un vantaggio economico. La stessa cosa si può dire dell’alcolismo o dei giochi d’azzardo, solo per fare alcuni esempi. Ma mentre questi comportamenti disdicevoli sono consentiti, garantendo allo Stato un enorme guadagno, la prostituzione è non solo proibita ma anche negata. Quelle signore ai bordi della strada o quelle strane donne un po’ mascoline nelle periferie delle città sono dei passanti che prendono aria fresca. Non esistono, visto che, comunque, la repressione di tale “riprovevole” commercio è materialmente impossibile e anche molto dispendiosa dal punto di vista del consenso politico. Prevalga dunque l’”ipocrisia” di Stato: ognuno venga abbandonato a se stesso e alla criminalità organizzata, lesta ad occupare il territorio che lo Stato rifiuta di controllare. Quale modo migliore per favorire gli sfruttatori?
 
Lo Stato tuttavia - sostiene il ministro - non può lucrare sulla prostituzione e sostituirsi agli sfruttatori. Chi non è d’accordo? Però, a quanto sembra, può invece lucrare sulle morti per alcool, tabagismo, gioco d’azzardo, avvelenamento dell’aria. C’è su questo tema il retaggio della cultura cattolica che ritiene la prostituzione una scelta non libera e dunque la considera alla stregua del traffico degli esseri umani. C’è anche, sull’argomento, una forma strisciante di paternalismo maschilista: la donna, soggetto debole, quando si prostituisce è necessariamente vittima dell’uomo e della sua prepotenza. Stabilito che la tratta e lo sfruttamento degli esseri umani sono reati indipendenti dal fenomeno della prostituzione, da stroncare sempre comunque con la massima severità, è necessario, in un sistema liberale, evitare di fare di ogni erba un fascio. La categorie nasconde troppe differenze. Tutte le persone che vendono il proprio corpo lo fanno in quanto coartate? Qualcuno è in grado di sostenerlo al di là di una trattazione di dottrine morali? Ad esempio cosa possiamo dire a proposito della crescente industria della prostituzione maschile? In questo caso, mancando l’appiglio morale del “genere” debole, avrebbe senso tassare gli affari di questi baldi ed intraprendenti commercianti?
 
Se evitiamo di attribuire allo Stato compiti di redenzione che non gli sono propri e che, nella storia, troppo spesso hanno condotto sulla soglia dell’inferno in terra, possiamo invece pretendere che intervenga in modo fermo in questa palude colpendo severamente gli abusi e tutte le forme di schiavitù più o meno palesi. Il resto rimane, sino a prova contraria, nel mondo delle libere scelte (che non sempre significa piacevoli) e in quanto tali, essendo nel campo delle transazioni economiche, soggette a una laicissima ritenuta fiscale con cui migliorare i servizi sociali per tutti coloro che quotidianamente si arrabattano nel mondo alle prese con le tante altre libere e non sempre piacevoli scelte.
 


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