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Le Regioni più oltranziste li avevano branditi come l’arma finale per fermare il ritorno del nucleare in Italia. Ma il grilletto si è inceppato. La Corte Costituzionale ha infatti rigettato, dichiarandoli in parte infondati e in parte inammissibili, i ricorsi sollevati da 11 Regioni (divenute poi 10 con il ritiro del Piemonte nel frattempo passato nelle mani del leghista Roberto Cota) che hanno impugnato la legge delega 99 del 2009 sull’energia elettrica nucleare.
Una pronuncia, questa, che però non esaurisce il compito della Corte: a Palazzo della Consulta sono già arrivati i primi ricorsi - ancora da calendarizzare - sulla legittimità del decreto dello scorso febbraio con cui il governo ha esercitato la delega indicandole aree che potranno essere scelte dagli operatori per la costruzione delle prossime centrali nucleari. Il primo punto a favore lo incassa intanto il governo: i principi e i criteri direttivi della delega non ledono il riparto delle competenze legislative tra Stato e Regioni, è stato il ragionamento che ha portato i giudici costituzionali a respingere i ricorsi senza troppi scontri in camera di consiglio. Le motivazioni si conosceranno solo nelle prossime settimane, quando saranno scritte dal vicepresidente della Corte Ugo De Siervo. Solo allora si capirà il perché siano state respinte le lamentele di Toscana, Umbria, Liguria, Puglia, Basilicata, Lazio, Calabria, Marche, Emilia Romagna e Molise. Solo allora sarà chiaro quali competenze la Consulta ha ritenuto prevalenti nel settore del nucleare, tenuto conto che la tutela dell’ambiente e della salute rientrano nell’ambito delle attribuzioni statali ma che queste devono confrontarsi con quelle regionali concorrenti in materia di energia e di governo del territorio.
Al governo venivano contestati soprattutto l’assenza di intesa e di raccordo con ciascuna delle Regioni interessate dalla scelta dei siti delle centrali; i criteri e le modalità di esercizio del potere sostituivo dell’esecutivo centrale in caso di mancato accordo; la possibilità di dichiarare i siti aree di interesse
strategico nazionale, soggette a speciali forme di vigilanza e di protezione. La decisione della Corte viene accolta con favore dall’esecutivo. In questo modo si «fuga ogni dubbio sulla legittimità della impostazione del Governo su questo tema chiave per lo sviluppo del paese», afferma il ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo. Gli fa eco il ministro degli Affari regionali, Raffaele Fitto, secondo cui la Consulta «conferma il principio della competenza nazionale su questioni dalle quali dipende il futuro del paese nel suo complesso oltre che dei singoli territori». Ma per l’ opposizione e per gli ambientalisti la partita non è ancora chiusa: il leader dell’IdvAntonio di Pietro darà battaglia con il referendum, mentre per Angelo Bonelli (Verdi) si dovrà attendere che la Corte si pronunci anche sul ricorso contro il decreto delegato dello scorso febbraio le cui procedure - sostiene «non solo sono anomale ma fortemente in contrasto con la Costituzione». A spalleggiare gli anti nucleare anche Legambiente e Wwf.