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La Corte Costituzionale ha dichiarato in parte infondate e in parte inammissibili le questioni sollevate da dieci Regioni rispetto alla legge sul nucleare del 2009. Cade quindi l’ostacolo a individuazione siti per le nuove centrali. A impugnare la legge che dà al governo la delega per la riapertura delle centrali erano state Toscana, Umbria, Liguria, Puglia, Basilicata, Lazio, Calabria, Marche, Emilia e Molise. Vari i profili di illegittimità lamentati dalle Regioni. Al governo si contestava l’assenza d’intesa e raccordo con le Regioni interessate le modalità d’esercizio dei potere sostituivo dell’esecutivo centrale in caso di mancato accordo; la possibilità dì dichiarare i siti aree d’interesse strategico nazionale soggette a speciali forme di vigilanza e protezione; l’autorizzazione unica (e non locale) sui tipi d’impianti rilasciata previa intesa della Conferenza unificata e dopo delibera del Cipe. Si attendono ora le motivazioni della sentenza. Quella di ieri non sarà comunque la parola definitiva della Consulta sul nucleare: andrà valutato anche il decreto delegato del 35 febbraio scorso, impugnato da Emilia, Toscana e Puglia. Il ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo fa intanto sapere di apprezzare la decisione della Corte che «fuga ogni dubbio sulla legittimità dell’impostazione del governo su questo terna chiave che ho affrontato con il premier Berlusconi chiedendogli di accelerare le procedure per l’avvio dell’Agenzia per la Sicurezza Nucleare, che approfondiremo a margine del consiglio. Il ministro annuncia anche un incontro con il professor Umberto Veronesi (che aveva aperto al ritorno al nucleare) e si dice pronta a incontrare Emma Bonino «e quanti si sono dichiarati disponibili a un confronto su questa sfida». Il Pd a sua volta replica: «Il governo torna chiedere un confronto nel merito con l’opposizione siamo pronti, c’è piena disponibilità ad un confronto».