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C'è un ovetto Kinder a capo dell'atomica russa. Il numero uno dell'Agenzia Russa per il Nucleare è un signore di basso profilo, gran lavoratore, neanche cinquantenne, e che in tutte le Russie è noto con il soprannome di Kinder Surprise. Perché Sergey Kiriyenko, da qui il gioco di parole con il Kinder che furoreggiava nella Russia degli anni '90, svalutò a sorpresa il rublo nel'98. Nonostante questo scherzo che fece perdere risparmi e anni di vita a mezza Russia, Kiriyenko è oggi uno degli uomini più rispettati del governo di Vladimir Putin e il capo dei nuovo strumento della politica estera russa: Rosatom. Un nome roboante che ha la sua sede terrena in un grande palazzo staliniano nello storico quartiere di Zamoskvorechie. Uno Stato nello Stato, con trecentomila dipendenti tra diretti e indiretti, duecento controllate, da AtomStroyExport a AtomEnergoProm, settanta centri studi, massicci possedimen- ti nel militare e nel civile, l'unica flotta di rompighiaccio nucleari al mondo, trentadue centrali attive, dieci in costruzione, un reddito di 13 miliardi di curo e contratti internazionali confermati per 23,5 miliardi di dollari. Se tre anni fa parlando di politica estera e energetica russa si faceva solo e soltanto il nome di Gazprom, ora è la volta di questo gigante dell'energia nucleare. Anche se le analogie tra i due colossi si fermano qui: Gazprom è quotata in Borsa, Rosatom è statale al cento per cento. Gazprom nel suo campo è quasi un monopolista, Rosatom combatte con altre tre o quattro realtà internazionali altrettanto grandi. Inoltre l'uranio incide meno del 10 per cento sul costo dell'energia nucleare, mentre il prezzo di un kilowatt prodotto a gas dipende al 90 per cento dal prezzo della materia prima. Senza dimenticare che mentre il 37 per cento delle risorse di gas mondiali è generosamente concentrato nelle viscere della Siberia, l'uranio è disperso in giro per Africa, Canada, Centro Asia e Russia. Insomma nel nucleare i russi non hanno la stessa posizione di forza che possono sfoggiare nel gas, ma appena il mondo è tornato a parlare di energia pulita atomica, Rosatom era già schierata. Al lato di titani come il leader mondiale Areva o Westinghouse-Toshiba e General Electric-Hitachi, Siemens, Edf, o i sudcoreani che hanno appena stupito il mondo con l'inatteso accordo perla centrale di Abu Dhabi. Del resto la World Nuclear Association (WNA) riferisce che sul pianeta ci sono oggi 439 reattori in funzione, e che si conta di aggiungerne altri 345 entro il 2030. La Rosatom è entrata di prepotenza nella guerra perla costruzione di queste turbine ed è riuscita persino a spezzare l'asse franco-tedesco tra Areva e Siemens. Dopo che i due erano stati solidi partner per anni, nel giro di pochi mesi la tedesca ha mollato la francese per mettersi con la russa. Mme Anne Lauvergeon, numero uno di Areva e signora indiscussa del nucleare francese, ha schiumato di rabbia quando Rosatom ha anche annunciato un accordo preliminare con il suo principale concorrente Edf. I russi annunciano investimenti in Rosatom per 3 miliardi di euro nel 2010, e per un'altra trentina di miliardi nei prossimi vent'anni. Del resto il presidente russo Dmitry Medvedev l'aveva detto chiaramente: Rosatom è uno degli strumenti del programma di modernizzazione del paese, e la Russia intende passare dall'odierno 12 per cento di dipendenza dal nucleare per il proprio fabbisogno energetico, al 20-25 per cento entro vent'anni. E per fare questo è pronta a stringere accordi con tutti. L'esportazione della tecnologia nucleare russa è infatti esplosa nel giro di pochi anni: dodici unità di reattori VVER-1000 da costruire in India, di cui sei pronte entro il 2017, poi centrali in Bulgaria, Cina, Vietnam, e Armenia, Bielorussia e Egitto in fase di studio. Ma anche in Argentina. E sebbene i rapporti con Teheran si siano parecchio raffreddati nelle ultime settimane, la centrale di Bushehr dovrebbe essere inaugurata ad agosto, con tecnologia russa, trentuno anni dopo che tedeschi e francesi posarono la prima pietra. Fiore all'occhiello degli uomini di Kiryenko, l'accordo per 20 miliardi di curo firmato a maggio con i turchi: Mosca costruirà la prima centrale nucleare di Turchia, provvederà a trovarne i finanziamenti, e ne sarà proprietaria, almeno per i primi anni, prima di cederne il 49 per cento a un terzo investitore. Ankara in compenso potrà contare su quindici anni di energia nucleare a bassissimo costo. Ancor più importante e politicamente sensibile l'accordo in Ucraina. Dopo anni di gelo, Putin ha osato proporre la fusione dei due rami energetici russo-ucraini: oltre a Gazprom-Naftogas, anche le atomiche TurboAtom e AtomEnergoMash avrebbero dovuto essere unite. Nel parlamento ucraino sono volate uova e pomodori marci, e al momento si parla solo di un accordo di collaborazione, per quanto stretto. Del resto i due fino a quindici anni fa erano braccia dello stesso corpo, e per ogni intervento è sempre stato necessario il beneplacito della Russia, per motivi tecnici più che altro, visto che i disegni degli ingegneri sono nei cassetti di Mosca. E adesso che la vita dei reattori ucraini è agli sgoccioli, la collaborazione con l'ex capitale sovietica si fa più pressante. Rosatom si fregia di operare nell'intera catena della produzione di energia nucleare, dall'estrazione all'arricchimento dell'uranio, per finire con la costruzione delle turbine e lo stoccaggio dei rifiuti. E per il combustibile negli ultimi mesi è stato un vero andirivieni, visto che i russi hanno stretto accordi con Kazakistan, Mongolia, Nigeria e Canada. L'ultima mossa è stata l'annuncio della costituzione della Leub, la "Low Enrichment Uranium Bank" di Angarsk: un immenso forziere di uranio a basso arricchimento, sotto l'egida della Iaea, l'ente internazionale per l'energia nucleare. Obiettivo principale dell'operazione sarebbe garantire il provvigionamento di combustibile nucleare ai paesi che si affacciano a questo tipo di energia per uso civile, e assicurare un controllo internazionale dell'uranio in circolazione. Ma è naturalmente anche un potenziamento dello status di Rosatom. Dopo le miniere e il distributore garantito, rimane l'ultimo passaggio: centrali per arricchire l'uranio. E anche su questo fronte Rosatom offre la sua soluzione, visto che detiene il 40 per cento delle risorse di arricchimento nel mondo: ai maggiori clienti, Ucraina e India, ha già proposto di affidarsi alle proprie centrali, già attive, invece di costruirne di nuove, care e problematiche da gestire. Tanta efficienza comincia a preoccupare: Rosatom è la nuova arma della politica estera russa? «Non penso proprio possa diventarlo», spiega a "L'espresso" Anna Kupryanova, analista energetica specializzata sul nucleare perla banca UralSib, «perché la concorrenza con gli altri attori internazionali nel nucleare, dai canadesi agli americani, esclude che la Russia sviluppi una posizione di eccessiva forza. Rosatom stessa spiega agli analisti: «AtomStroyExport è guidata dalle logiche di mercato e dagli interessi strategici della Russia», ha detto Dan Belenkiy, presidente di AtomStroyExporte direttore generale di AtomEnergoProject. In attesa che l'Italia e il mondo intero rompano i loro indugi, Mosca sta conquistando la nuova frontiera del nucleare.