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Dalla cultura un presidio di sogni lotte e vigilanza

• da Il manifesto del 2 luglio 2010

di Silvana Silvestri

 

Con oggi si inaugura la resistenza civile, è stato detto dal palco di piazza Navona contro il bavaglio. Una piazza da frequentare la notte, quando i turisti vanno via. Sotto il sole cocente si è in tanti, «in una giornata feriale, a parlare di libertà», come ha salutato dal palco Andrea Salta dei Tête des Bois prima di attaccare la sua Avanti pop (bandiera ros) che è già una prova di inno censurato, che procede come con pause e ripensamenti, un segno dei tempi bui. Comprese le parentesi entro cui mettere i lavoratori immigrati del sud, i morti sul lavoro che in genere non trovano spazio sulla stampa, così come tutti quei lavoratori che nei secoli sono stati cancellati dalla storia. I manifestanti si accalcano sotto il palco, mezza piazza è vuota, regno dei rapper e dei mimi tra i tanti cartelli (Garibaldini del terzo millennio, L'Italia si è arresa...). Molti dei presenti rappresentano intere categorie, portano la testimonianza di associazioni, quando i cronisti se ne andranno, la piazza comincerà a riempirsi, si andrà avanti fino a notte, intanto ci sono le dirette di radio radicale e online. Scola, Francesca Comencini, Scimeca, Quatriglio, Piscicelli e Carla Apuzzo, Paolo Taviani, lo sceneggiatore Angelo Pasquini e tanti attori di cinema e di teatro sono in piazza «È una piazza diversa dal solito, ci dice Daniele Vicari, cineasta militante che sta per girare un film sui fatti della Diaz. La sensazione è di un allarme più grande delle altre manifestazioni che sono state fatte in questi ultimi mesi. Far passare una condanna del tribunale per una vittoria è qualcosa che vuoi dire avere in mano tutti i mezzi mediatici. Quando vedi questi risultati si vede che hai sbagliato tutto. Ormai in certe partì d'Italia è come in certe zone del terzo mondo, dove le imprese contrattano con lo stato e hanno mano libera sui licenziamenti. Se la sinistra non è vicina a questi temi la gente ti abbandona. Vendola è l'unico che tiene in considerazione i temi del lavoro in maniera complessa. Non manca mai di sottolineare i problemi della libertà di stampa, ma ricorda che il problema principale è il problema del lavoro. È questo che crea il collegamento con la base vera, i giornalisti dovrebbero saper collocare in maniera equilibrata i temi storici che stiamo vivendo, e i politici prima ancora che i giornalisti. Parlo del fatto di ignorare i temi della Fiat: i giornalisti non ne parlano, i politici balbettano e le persone sono lasciate alla mercè del populismo». Da palco si susseguono diversi argomenti legati al diritto dell'informazione dai morti per strage, alla mafia, al presidio dei crimini ambientali, all'Aquila, ai partigiani che quando liberavano una città, dicono, per prima cosa stampavano il giornale, come segno di democrazia. Dario Fo al telefono dice di essere più umani e non trattare troppo male il capo del governo in un momento di sua grande solitudine. E tutti sono grati della presenza di Saviano, ferito dalle parole di Dell'Utri, dice che questo è il momento di parlare al cuore delle persone, come diceva Danilo Dolci («ciascuno cresce solo se sognato»).


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