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Quando il bavaglio è nella testa: ci sono notizie che i grandi giornali ignorano o relegano nelle venti righe di un box. Avviene in questi giorni sulla drammatica vicenda dei 245 eritrei detenuti come bestie nel carcere libico di Brak, denunciata da l'Unità il 2 luglio. Silenzio sui grandi giornali, dal Corriere della Sera a La Stampa, un box Al caso» su la Repubblica di ieri. Un meccanismo che Roberto Natale, presidente della Federazione della Stampa, definisce di «autobavaglio. Non è solo un problema di censura, ma anche di autocensura». Un silenziatore «non imposto da alcuna legge». Così destini segnati non hanno «dignità di notizia», mentre «un tg dedica un servizio su come si aprano le bottglie di champagne con un colpo di sciabola...».
SILENZIO STAMPA Ieri dal deserto è arrivato l'ultimo grido afono per sms: «Stiamo morendo, aiutateci». A rompere il silenzio ad alta voce, nel deserto dell'informazione italiana, è stata l'Unità venerdì scorso, raccogliendo l'appello dei detenuti comunicato da un sacerdote, accendendo un faro sulle loro condizione disumane nel buio di tre celle. Il primo luglio il manifesto ha raccontato la prima tappa infernale degli eritrei a Misratah, altri articoli sono usciti fino a ieri. Il 2 luglio il Tg3 ha ripreso la notizia «gridata» a ragione da l'Unità già nell'edizione delle 14 con un lungo servizio e la voce di chi sta vivendo il dramma, approfondito la sera su Linea Notte. Notizia e servizi anche su RaiNews e Sky. Ieri l'Avvenire, quotidiano della Cei, ha riservato una pagina alla «sorte dei respinti»; Terra, quotidiano ecologista, un ampio riquadro alla voce «diritti umani». Diritti che si restringono su Repubblica, spariscono sugli altri giornali, anche quelli agguerriti nel difenderli. Il 2 luglio la notizia è stata rilanciata dalle agenzie di stampa e ripresa da numerosi parlamentari Pd, Idv, Udc e radicali, oltre ai Verdi e qualche voce nel Pdl; nel governo solo il sottosegretario Boniver. Roberto Natale parla di qualità dell'informazione: tanto più in piena battaglia per la libertà di stampa non ci si può imbavagliare da soli. Ma c'è qualcosa di più profondo, secondo il presidente Frisi, che si richiama alla «Carta di Roma varata due anni fa, che definisce i termini corretti da usare», ma anche l'attenzione ai temi. Sull'immigrazione «in questi anni la società e la stampa italiana sono state investite dalla campagna dell'osservazione sicuritaria. Ma grandissima parte della nostra informazione ha riportato senza commenti la cifra fornita dal ministro dell'Interno Maroni alla Festa della Polizia: ha vantato l'abbattimento del 90% degli arrivi di migranti come un successo del governo. Ecco, nessuno dei nostri giornali si è chiesto da cosa derivasse questa cifra, o che fine abbiano fatto gli immigrati. La risposta ora c'è, ed è drammatica». Ma «se il rispetto della vita umana non è solo retorica, si deve avere attenzione su vite che spariscono nel nulla, anche in conseguenza delle politiche italiane sui respingimenti» conclude Natale.