Nella seconda metà di giugno è partito perla F rancia l'ultimo treno contenente gli ultimi elementi di combustibile irraggiato della centrale nucleare di Caorso, a 40 anni dal suo travagliato avvio. Negli anni '60 in Italia erano state costruite tre piccole centrali nucleari di potenza fra 200 e 300 Megawatt, di tre diversi modelli, vissute per alcuni anni con molti inconvenienti e incidenti. Nella seconda metà degli anni '60 il governo decise di autorizzare l'Enel a costruire una centrale più grande, della potenza di 860 megawatt elettrici. Il «combustibile» era costituito da uranio «arricchito» al 3% nell'isotopo fissile uranio-235. Per la localizzazione fu scelto Caorso, un paesino fra Piacenza e Cremona, in una zona agricola poco abitata, nella golena del Po, in modo da utilizzare, per raffreddare il condensatore delle turbine, l'acqua del più grande fiume italiano: 32 metri cubi al secondo, restituita al fiume ad una temperatura di una diecina di gradi superiore.
UNA CENTRALE NATA E VISSUTA MALE -Negli ultimi anni '60 la contestazione ecologica era all'inizio; ci si cominciò ad accorgere dell'esistenza di «Caorso» quando cominciarono i lavori, a partire dal gennaio 1970, con una vivace immigrazione di lavoratori meridionali. Le fondamenta della centrale affondavano nella falda sotterranea di acqua che cominciò a penetrate nell'edificio; fu costruito un muro di impermeabilizzazione, ma, per difetti di costruzione, l'acqua ha continuato a infiltrarsi nei locali più bassi e ha dovuto essere continuamente pompata via. Il reattore della centrale ha cominciato a fornire calore nel dicembre 1977; la prima elettricità è stata immessa nella rete nel maggio 1978; la produzione commerciale è cominciata nel 1981. Mentre era in corso questo faticoso avviamento, nell'aprile 1979 si verificò il primo grave incidente nucleare alla centrale americana di Three Mile Island. Per una interruzione della circolazione dell'acqua di raffreddamento si ebbe un surriscaldamento del reattore, con fusione parziale del nocciolo e formazione di una bolla di gas idrogeno (la centrale è ancora chiusa): l'incidente destò una grande impressione in tutto il mondo. Nonostante le critiche e i dubbi emersi sulle condizioni delle centrali italiane e in particolare di quella di Caorso (il testo della relazione è pubblicato nel «Notiziario Cnen», febbraio 1980) i1 governo italiano decise di far continuare il funzionamento della centrale. La fine del nucleare in Italia si ebbe nel 1986 quando esplose la centrale ucraina di Chernobil; in quel marzo la centrale di Caorso era ferma per manutenzione, e la «grande paura» indusse a sospenderne il funzionamento. Il curriculum di Caorso non è stato molto,brillante: dal 1981 al 1986 ha prodotto circa 29 miliardi di chilowattora di elettricità , meno della metà di quella prevista. Nel novembre 1987, dopo innumerevoli dibattiti, un referendum popolare abrogò gli articoli di legge che consentivano la prosecuzione delle attività nucleari e la povera centrale di Caorso fu chiusa.
SCORIE RADIOATTIVE IN FRANCIA E RITORNO -Nel 1990 fu decisa la disattivazione dell'impianto, un insieme di operazioni complicate perché una centrale nucleare non muore mai, si lascia dietro una coda di sostanze radioattive, velenose e pericolose. I cilindri di «combustibile irraggiato», periodicamente estratti dal reattore, vengono posti per alcuni anni in speciali piscine nelle quali si aspetta che una parte della radioattività diminuisca spontaneamente. Dopo la chiusura di Caorso sono rimaste 1032 barre di combustibile irraggiato, contenenti 187 tonnellate di elementi radioattivi che nessuno sapeva dove mettere. Lentamente la turbina e una parte dei macchinari sono stati smontati e venduti come rottami (in parte radioattivi), e gli elementi di combustibile sono stati avviati in treni sotto altissima protezione (l'ultima spedizione, appunto, pochi giorni fa) nello stabilimento francese di La Hague dove vengono sottoposti a trattamenti chimici per separare il plutonio e gli altri elementi «a lunga vita radioattiva» dal materiale meno pericoloso. Il contratto prevede che i materiali più radioattivi vengano riportati in Italia, entro una ventina di anni, come scorie ad alta attività , da sistemare non si sa dove. Vale la pena ripercorrere questa pagina della storia dell'energia nucleare e dei suoi errori in un momento in cui il governo intende costruire alcune centrali nucleari e in cui sta per aprirsi un dibattito su dove collocarle. Tale storia mostra fra l'altro che in Italia non esistono dei luoghi geologicamente stabili e sicuri da alluvioni, esenti da terremoti, vicini a una grande massa di acqua di raffreddamento, lontani da città e vie di comunicazione, in cui mettere delle centrali nucleari e tanto meno seppellire per secoli e millenni le scorie radioattive esistenti e quelle che torneranno in patria. Non è proprio il caso di produrne delle altre.