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Verso una giustizia climatica e sociale. L`appello dal Fse di Istanbul

• da Il manifesto del 6 luglio 2010

I giornali possono riempirsi di pagine sulla crisi economica e finanziaria, ma quando ci guardiamo intorno quello che vediamo non sono derivati e mercati finanziari. Vediamo la distruzione delle comunità, del contesto sociale e della natura, delle relazioni tra di noi. Vediamo che il capitalismo ci sta distruggendo. Contro questa devastazione, e i tempi duri che si porta dietro, le persone stanno resistendo, stanno combattendo, stanno cercando di creare quei nuovi mondi che sappiamo sono necessari: dal Ghana alla Grecia, da Copenhagen a Cochabamba, da Bangkok a Bruxelles. Noi, movimenti per la giustizia sociale e climatica riuniti al Forum Sociale Europeo di Istanbul, apparteniamo e ci ispiriamo a questi processi globali di resistenza e di creazione, ma sappiamo anche che abbiamo bisogno di lottare nei luoghi dove viviamo: per creare un altro mondo abbiamo bisogno di creare un'altra Europa e di buttare giù i muri della fortezza che la circonda. Contro quelli che vogliono separare la lotta per la giustizia sociale da quella ecologica, noi affermiamo che non c'è contraddizione. Le lotte devono essere complementari. Il nostro è il sogno di assicurare una vita buona per tutti, non l'incubo di una eco-austerity autoritaria. Contro quelli che si oppongono al desiderio delle persone di avere un posto di lavoro dignitoso e ben pagato e di superare la pazzia di una crescita infinita in un pianeta finito, noi chiediamo una giusta transizione rispetto al modo in cui lavoriamo, alle strutture di produzione e di consumo. Abbiamo bisogno, ad esempio, di fermare le pratiche distruttive di produzione di energia che sfruttano carbone, carburanti fossili, energia nucleare e acqua, come di fermare la pazzia di costruire ancora automobili personali per ciascuno. Abbiamo bisogno di espandere le esperienze di controllo comunitario delle fonti di energia rinnovabili, la sovranità alimentare e servizi pubblici determinanti per il nostro obiettivo di assicurare una vita buona per tutti, come trasporti pubblici gratuiti, sistemi sanitari, abitativi e dell'educazione universali. Questo cambiamento creerebbe milioni di posti di lavoro utile per la società e per l'ambiente. Questo è quello che intendiamo per giusta transizione, per giustizia climatica: non si tratta di avere soltanto la «giusta» posizione su quello che si negozia ai summit sul clima delle Nazioni Unite. Anche se è importante cambiare i nostri stili di vita individuali, giustizia climatica vuol dire cambiare i nostri modelli di produzione e consumo di cibo, beni materiali e immateriali, energia, i nostri modelli di vita nel loro complesso. Vuol dire porre rimedio, finalmente, al nostro debito ecologico con il resto del mondo. Noi in Europa stiamo cominciando adesso a imboccare la strada giusta verso la giustizia climatica, creando e resistendo in molti modi diversi come azioni dirette, la costruzione di alternative locali, la disobbedienza civile o le campagne di sensibilizzazione, solo per nominarne alcune forme. Ci sono molte occasioni per metterle in pratica: 28 agosto, azioni di solidarietà in coincidenza del processo a Copenhagen contro Tash Verco e Noah Weiss; Estate 2010, Clima.te Campeggi sul clima e «No Border» che sì moltiplicheranno in tutta Europa; 29 settembre, Giornata d'azione dei Sindacati europei; 10-17 ottobre, diverse reti hanno convocato mobilitazioni perla giustizia climatica. Il 12 ottobre ci sarà una giornata d'azione diretta per la giustizia climatica; il 16 la Via Campesina tra gli altri ha chiamato una giornata di mobilitazione contro Monsanto. Dal 29 novembre al 10 dicembre si terrà a Cancun, in Messico, il 16esimo summit sui cambiamenti climatici. Dobbiamo dare vita a «mille Cancun», per protestare contro le false soluzioni che ci stanno proponendo e cambiare strada verso una vera giustizia climatica e sociale.- *** documento conclusivo del Forum sociale europeo di Istanbul



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