«Sono consapevole della mia prossima morte e la considero un onore dopo aver cercato
di salvare la vita a 25 prigionieri politici che dovrebbero invece essere leader della patria. Voglio morire qui, sotto il naso dei dittatori che posseggono armi, cannoni e bombe. Gli unici responsabili della mia fine sono i fratelli Fidel e Raul Castro»: al 132° giorno di sciopero della fame, ridotto a pelle e ossa, con una trombosi alla giugulare e un’infezione batterica, il dissidente cubano GuÃllermo Fariñas ha la forza di rispondere al regime. Parole che sono pietre, dopo un articolo sulle sue condizioni e sugli sforzi messi in atto per curarlo pubblicato da Granma, il giornale del Partito comunista. «Hanno dimenticato di spiegare perché sto facendo lo sciopero della fame», ironizza Fariñas, ricoverato all’ospedale di Santa Clara, nella dichiarazione apparsa online. Quarantotto anni, psicologo e giornalista, Fariñas ha raccolto il testimone di Orlando Zapata Tamayo, morto dopo quasi tre mesi di digiuno a l’Avana il 23 febbraio. Dal giorno dopo, mentre infuriavano le polemiche nella comunità internazionale (non accadeva dal 1972 che un detenuto politico morisse a Cuba per uno sciopero della fame) Fariñas cominciò a rifiutare cibo e acqua. Cercando di tenere vivi l’interesse e la sensibilità globali sulle condizioni dei detenuti nelle prigioni cubane, sui diritti umani calpestati. In particolare 26 dissidenti sono in precarie condizioni di salute (nelle carceri dell’isola ne sono attualmente rinchiusi 167, 34 in meno rispetto alla fine del 2009). Qualche risultato si è visto: il 10 giugno Ariel Sigler, paraplegico, è stato rilasciato dopo sette annidi carcere. Darsi Ferrer Ramirez è stato trasferito ai domiciliari, così come altri 12 prigionieri, Queste concessioni sono state il frutto del dialogo tra la Chiesa cattolica e il regime, avviato lo scorso maggio e culminato nell’incontro tra il ministro degli Esteri del Vaticano, Dominique Mamberti, e Raul Castro. Ieri è arrivato all’Avana il ministro degli Esteri spagnolo Miguel Angel Moratinos per un confronto con il collega Bruno Rodriguez e il cardinale Jaime Ortega, primate cattolico nell’isola. Ma forse per Fariñas è troppo tardi. Il governo cubano ha sempre considerato lui e i suoi compagni dei «mercenari» al servizio degli Stati Uniti, e sostiene che l’eventuale morte del giornalista sarà sua esclusiva responsabilità .