L’art. 45 della manovra, economica continua a suscitare aspri dibattiti e polemiche anche all’interno della stessa maggioranza di governo. La norma prevede l’abolizione dell’obbligo per il Gestore dei servizi energetici (Gse) di ritirare ogni anno i certificati verdi prodotti in eccesso (dai produttori di energia da fonti rinnovabili) rispetto alla quantità che i produttori di energia elettrica da fonti convenzionali sono tenuti ad acquistare. La regola finora vigente è stata un incentivo alla produzione di energia da fonti rinnovabili. Acquistando le eccedenze, il Gse infatti crea di fatto un prezzo minimo dei certificati verdi che i produttori di energia da fonti rinnovabili sono sicuri di poter vendere. I relativi costi non gravano sul bilancio statale ma in ultima istanza sui cittadini, essendo finanziati con la voce tariffaria A3 della bolletta elettrica, per una spesa complessiva che si calcola intorno ai 600 milioni di euro annui. Nella sua attuale formulazione, l’art. 45 - grazie all’emendamento presentato dal relatore Antonio Azzollini - aggiunge un comma riguardante il secondo semestre 2010 e i tre anni successivi. Nel dettaglio, l’emendamento destina a università e ricerca due terzi dei risparmi prodotti dalla norma, mentre la quota restante andrebbe a ridurre il prezzo dell’energia elettrica in tariffa secondo criteri e modalità stabiliti dal Ministero dello Sviluppo Economico. Date le finalità della norma, è dunque comprensibile come la stessa abbia sollevato le proteste degli operatori del settore e delle associazioni di categoria, di Confindustria e dell’opposizione (Pd in testa), ma anche di una parte della stessa maggioranza di governo. Tanto il sottosegretario allo Sviluppo economico, Stefano Saglia, che il ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, hanno apertamente chiesto di stralciare dalla manovra la previsione. Tutti lamentano il rischio di un crollo dei prezzi dei certificati verdi e un pericolo concreto per gli investimenti già realizzati, e per quelli programmati, in un settore strategico come quello dell’energia pulita. Intuibile infatti la reazione delle banche, che finiranno con l’alzare il debito delle imprese impegnate nello sviluppo di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili e più in generale rendere più difficoltoso l’accesso al credito. I più pessimisti già intravedono scenari di crisi di un settore sinora in controtendenza rispetto allo scenario economica globale. Altri commentatori evidenziano poi come gli obiettivi ambientali europei imposti dal cosiddetto Climate package saranno ben difficilmente raggiungibili e il nostro Paese sarà di conseguenza esposto al rischio di future sanzioni. Non sono mancate, peraltro, voci in controtendenza, favorevoli invece alla previsione in commento. C’è per esempio chi sottolinea (come Cogena - Associazione italiana per la promozione della cogenerazione) che la norma in argomento abbia avuto l’indubbio merito di evidenziare l’esistenza di un eccesso di offerta di certificati verdi. In tal senso, viene invocata piuttosto una riforma complessiva del sistema degli incentivi alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili che - adeguandolo alla prossima direttiva europea - ripristini le necessarie condizioni di equilibrio del mercato senza frenare lo sviluppo delle energie rinnovabili. Ancor più esplicita la posizione espressa dalla vicepresidente del Senato, Emma Bonino, secondo cui il provvedimento in questione ridurrebbe il costo delle bollette elettriche degli italiani di circa 600 milioni di euro nel solo 2010. L’esponente radicale ha inoltre lamentato il silenzio delle associazioni dei consumatori, che non hanno speso una parola per difendere il provvedimento che abolisce l’obbligo per il Gse di ritiro dei certificati verdi. Il quale avrebbe trasformato gli stessi «in bond garantiti dalle bollette degli italiani». Abolendo la previsione in. parola, introdotta dalla Finanziaria per il 2008, il Ministro Tremonti, ha aggiunto Emma Bonino, avrebbe posto fine al prezzo fisso dei certificati e a un’ingiustificata rendita di posizione che fungerebbe da stimolo alla speculazione sulle energie rinnovabili. D’altra parte, difficili da quantificare ma a detti di molti altrettanto certe, saranno le conseguenze che l’art. 45 si porterà dietro in termini di costi ambientali ed economici, che deriverebbero al nostro Paese - e dunque a quegli stessi cittadini beneficiati solo in apparenza dal minor costo sulla bolletta elettrica - a causa del mancato raggiungimento degli obiettivi europei di sviluppo delle energie pulite.