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Che il marasma politico in cui versa l'attuale maggioranza precipiti o no in una crisi di governo, l'agenda delle scadenze istituzionali procede comunque per suo conto. Soprattutto su un fronte particolarmente delicato come quello delle nomine ai vertici delle Autorità di controllo e delle principali imprese dove lo Stato è rimasto "dominus" incontrastato a dispetto delle presunte privatizzazioni con tanto di quotazioni in Borsa. La stagione di caccia si è appena aperta con l'uscita di Lamberto Cardia dalla Consob e si concluderà a fine 2011 con la nomina del successore di Mario Draghi alla Banca d'Italia. Nel frattempo verranno a scadenza il presidente dell'Autorità per l'energia, Alessandro Ortis, che non sarà rinnovabile e soprattutto (nella prossima primavera) le più ricche ed ambite poltrone di comando in Eni, Enel e Finmeccanica. La partita, purtroppo, è cominciata male perché nessuno - né a livello di governo né a livello di parlamento (la scelta per l'Antitrust, per esempio, spetta ai presidenti delle due Camere) - ha ritenuto di far precedere questa vendemmiata almeno dalla indicazione di criteri oggettivi sulla qualità del vino che si intende imbottigliare. Proprio il caso di Cardia segnala che non si è voluto prendere in considerazione nemmeno il più ovvio degli elementi di giudizio, quello dell'età . Anzi, lasciato il suo incarico in Consob avendo raggiunto anche il rispettabile traguardo dei 76 anni, questi è stato già paracadutato alla presidenza delle Ferrovie dello Stato. Visto che la sua gestione dell'organismo di controllo sulla Borsa è stata in questi anni la più corriva verso i vizi di fondo del domestico "capitalismo relazionale", questa nomina del non più giovane Cardìa a super ferroviere può - ahinoi - spiegarsi in un solo modo: come ricompensa per aver retto il suo incarico badando a non disturbare i manovratori della Borsa e gli interessi costituiti attorno al governo Berlusconi e alle imprese del premier. Lo spazio di questa rubrica non consente di avventurarsi attorno alle tante voci e indiscrezioni circolanti sulla sostituzione in Consob e sulle altre nomine che seguiranno a cascata. Ma il fatto, per esempio, che si sia anche solo potuto pensare di indicare per l'Antitrust Mauro Masi, direttore generale di una Rai multata dalla medesima Autorità , fa seriamente temere che la strada seguita per Cardia sia soltanto l'avvisaglia di una logica perversa. Dove l'arbitrio soggettivo del potere politico tiene banco e a spodesta qualunque pur pallido ricorso a criteri di sana e trasparente oggettività . Certo, anche ai tempi della prima democristianissima repubblica si faceva così. Come non ricordare la nomina di un tal Bruno Pazzi alla Consob o la spartizione delle Casse di Risparmio come fossero le vigne ereditate dal nonno? Ma nessuno può neppure aver scordato che Silvio Berlusconi e i suoi compari hanno fatto il loro copioso raccolto di voti anche promettendo per l'apparato pubblico una professionalità e un'efficienza esemplari. Un così sfacciato inganno degli elettori con il ritorno a vizi antichi si porta dietro uno sgradevole odore di regime in decomposizione.