Â
E' giorno di colloquio, e a centinaia i familiari dei detenuti, dopo una decina di ore passate in fila quasi sempre dalla notte precedente, raggiungono le salette delle perquisizioni. Tutto e tutti vengono controllati minuziosamente per impedire che passino droga, armi, telefonini e chissà che altro. Quando, dopo ore e ore, arriverà il momento dell'incontro, da una parte del lungo muretto divisorio fuorilegge ci saranno 10 detenuti e dall'altra un centinaio di parenti fra bimbi, genitori, nonni, zii, cugini e fratelli. Un caos incredibile di voci, pianti, mani che si raggiungono, mani che si tengono. Questa ulteriore mortificazione della legalità e dell'umanità dell'intera comunità penitenziaria - decine di migliaia di persone fra detenuti e loro familiari, agenti, educatori, psicologi e medici - costituisce una violenza che ha ben poco a che fare con quanto sancito dalle leggi (italiane, comunitarie o onusiane). Gli agenti sono costretti non al loro lavoro ma a partecipare a una strutturale imposizione di una vera e propria tortura di massa, ai loro stessi danni. E se poi entriamo nei padiglioni di detenzione e nelle celle, troviamo che l'aggravamento del degrado umano cui si costringono persone - che all'80 per cento sono in attesa di giudizio e che al 30 per cento saranno riconosciute innocenti - raggiunge livelli intollerabili per uno Stato che pretende di definirsi democratico e civile. Poco più di due metri quadrati per ogni detenuto che passa nella cella fatiscente e sovraffollata all'inverosimile ventidue ore al giorno, vecchio wc e cucina nello stesso sgabuzzino, possibilità di fare la doccia solo due volte a settimana anche d'estate, il tutto in una situazione igienico-sanitaria letteralmente disastrosa, spesso causa principale di atroci sofferenze quando non della stessa morte di detenuti. Nel mese di aprile è accaduto un evento di straordinario significato quasi del tutto sottovalutato dagli organi di informazione, e dallo stesso ministro della Giustizia (che non risponde mai alle nostre interrogazioni parlamentari): Angelica Di Giovanni, Presidente del Tribunale di sorveglianza di Napoli, ha disposto, attraverso un'ordinanza, che la direzione della Casa circondariale di Poggioreale «si attivi con pronta sollecitudine per eliminare ogni possibile situazione di contrasto con l'art. 27 della Costituzione e con l'articolo 3 della Convenzione Europea dei diritti Umani, informandone tempestivamente questo magistrato di Sorveglianza» Quest'ordine - che vale anche per gli altri istituti di competenza della Corte di Appello di Napoli - è quello «di disporre quanto necessario per eliminare l'evidente contrasto tra le condizioni di vita all'interno degli istituti partenopei e le norme vigenti». L'ordine della presidente Di Giovanni rompe finalmente la generale omertà , istituzionale con la sistematica violazione (lei diritti umani oltre che del diritto comunitario e di quello italiano. C'è da chiedersi come mai ci siano voluti anni e anni di inosservanza delle leggi per arrivare a questa semplice disposizione che pone finalmente uno stop all'ignobile scaricabarile di responsabilità al quale chi si occupa di carceri e di diritti umani ha dovuto assistere fino ad ora. C'è da chiedersi cosa sarà di questo storico provvedimento a Napoli stessa e se gli altri tribunali di sorveglianza continueranno nella loro complice omertà a favore del (dis)ordine stabilito contro la lettera e lo spirito della legalità dell'ordinamento del quale sono espressione; c'è da: chiedersi se seguiranno le orme di quello di Napoli, visto che il 99 per cento delle carceri italiane sono illegali come Poggioreale e che i tribunali stessi hanno per compito istituzionale quello di vigilare sull'esecuzione della pena nel rispetto dei diritti dei detenuti e degli internati. Certo, c'è voluto il caso del bosniaco Sulejmanovic che ha fatto ricorso, vincendolo, alla Corte Europea dei Diritti Umani per smuovere un po' le acque limacciose della giustizia italiana, ma è indubbio che l'ordinanza, su Poggioreale - se non verrà fatta cadere nel vuoto - dovrebbe poter aprire varchi fino ad oggi impossibili, ostruiti, inesistenti. Con 69.000 detenuti stipati in spazi che ne possono contenere 43.000 l'estate si preannuncia letteralmente esplosiva. Governo e Parlamento stanno dimostrando di non essere in grado di affrontare la situazione, basti pensare alla sorte che è toccata al Ddl Alfano che, in ottemperanza alla mozione radicale approvata alla Camera e al Senato, si proponeva di ridurre e contenere la popolazione penitenziaria facendo scontare ai domiciliari chi avesse meno di 12 mesi di pena residua e di estendere anche agli adulti l'istituto della messa alla prova già positivamente applicato ai minorenni: una sorta di unità nazionale Pdl Lega-Idv-Udc-Pd (tranne la delegazione radicale) lo ha prima svuotato di ogni contenuto di efficacia e, dopo averlo ridotto a strumento inutile, non è stata nemmeno capace di portarlo a casa per mancanza di copertura finanziaria! Un capolavoro di incapacità politica che non ha voluto far tesoro della lunga campagna nonviolenta che come radicali avevamo messo in campo. Ora, solo un miracolo della "comunità penitenziaria," potrà consentire di passare 'estate, come 'a nuttata di Eduardo. Ciò che occorre fare - da subito - è farci forti delle contraddizioni che si verificano nelle istituzioni impantanate nella costante pratica dell'illegalità - è il caso dell'ordinanza del tribunale di sorveglianza diNapoli - e attivare, partendo da casi concreti di tratta menti disumani e degradanti, tutte le strade che ci sono offerte dalle giurisdizioni europee e onusiane. E quanto ha deliberato il recente Consiglio Generale del Partito Radicale Nonviolento transnazionale e transpartito, avvalendosi dell'apporto professionale di esperti come i professori Cesare Romano e Tullio Padovani. Perché il problema è che - come ha, detto Pannella anche nell'ultima conversazione domenicale con Massimo Bordin - istituzioni giurisdizionali come la Cedu e l'Onu non funzionano anche perché non sono "usate", adite, interrogate sol perché le vittime di diritti umani non agiscono, non reagiscono e/o non sono aiutate ad agire e reagire. È ciò che dobbiamo fare per non essere tutti travolti dalla banalità de] male di cui abbondantemente si nutrono, e sempre di più, gli stati nazionali delle democrazie occidentali.