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Carceri: Tribunale di sorveglianza di Napoli ?ordina? al carcere di Poggioreale di rientrare nella legalità. Primo caso in Italia. Interrogazione dei deputati Radicali. Ultim'ora: le carte dell'ordinanza alla Procura della Repubblica

12 luglio 2010

Roma, 12 luglio 2010
 
Per la prima volta un tribunale di sorveglianza, in base al ruolo che gli viene attribuito dall’ordinamento penitenziario, dà ordine a un carcere di rientrare nella legalità.
 
Succede a Napoli, dove la dottoressa Angelica Di Giovanni, presidente del tribunale di sorveglianza di Napoli, prendendo atto della drammatica situazione degli istituti di pena della Corte di appello di Napoli ha inviato, alle rispettive direzioni, l'ordine di disporre quanto necessario per eliminare l'evidente contrasto tra le condizioni di vita all'interno degli istituti di pena partenopei e le norme vigenti. Con ordinanza del 20 aprile 2010 la presidente Di Giovanni ha infatti disposto che la direzione della Casa Circondariale di Poggioreale si attivi con pronta sollecitudine per eliminare ogni possibile situazione di contrasto con l'articolo 27 della costituzione e con l'articolo 3 della Convenzione Europea dei Diritti Umani.
 
Su questo provvedimento giudiziario i deputati della delegazione Radicale nel gruppo di Pd hanno depositato un’interrogazione al ministro della Giustizia Alfano, per sapere quali provvedimenti urgenti intenda adottare, sollecitare e promuovere al fine di risolvere i problemi evidenziati nell'ordinanza adottata dal presidente del tribunale di sorveglianza di Napoli.
 
L’interrogazione è a prima firma della deputata Rita Bernardini, membro della Commissione Giustizia, che nel corso di diverse visite ispettive al carcere di Poggioreale, ha potuto riscontrare condizioni di detenzione palesemente contrastanti con i principi costituzionali e con le norme dell'ordinamento penitenziario. Come si legge nell’ordine del tribunale di sorveglianza, infatti: “attualmente il numero dei detenuti presenti nella Casa Circondariale di Napoli «Poggioreale» è di 2.759 a fronte di una capienza di 1.400 unità, ormai quasi il doppio, per cui la situazione è tale da essere oggettivamente, di per sé, possibile fonte di violazione dell'articolo 3 della Convenzione Europea dei diritti dell'uomo. Di tutta evidenza, peraltro, appare la compromissione del dettato costituzionale, articolo 27 della Costituzione, atteso che in tali condizioni, resta difficile assicurare la concreta realizzazione del principio per cui «le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato».”
 
La risposta all’interrogazione è attesa per questa settimana in Commissione Giustizia.
 
“Notizia delle ultime ore- fa sapere Rita Bernardini - è che il magistrato di sorveglianza di Napoli, dott.ssa Di Giovanni, ha consegnato tutte le carte riguardanti il provvedimento del 20 aprile alla Procura della Repubblica di Napoli, evidentemente spinta dall'inottemperanza degli istituti di pena partenopei all'ordine impartito”.
 
Di seguito il testo dell’interrogazione, nella quale si riporta anche il contenuto integrale del provvedimento del tribunale di sorveglianza di Napoli.
 
 
Atto Camera
 
Interrogazione a risposta scritta 4-07144
presentata da
RITA BERNARDINI
martedì 11 maggio 2010, seduta n.319
 
BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. -
Al Ministro della giustizia.
- Per sapere - premesso che:
 
con ordinanza del 20 aprile 2010 la dottoressa Angelica Di Giovanni, presidente del tribunale di sorveglianza di Napoli ha disposto «che la direzione della Casa Circondariale di Poggioreale si attivi con pronta sollecitudine per eliminare ogni possibile situazione di contrasto con l'articolo 27 della costituzione e con l'articolo 3 della Convenzione Europea dei Diritti Umani, informandone tempestivamente questo magistrato di sorveglianza»;
 
il presidente del tribunale di sorveglianza di Napoli, quindi, prendendo atto della drammatica situazione degli istituti di pena della Corte di appello di Napoli ha inviato, alle rispettive direzioni, l'ordine di disporre quanto necessario per eliminare l'evidente contrasto tra le condizioni di vita all'interno degli istituti di pena partenopei e le norme vigenti;
 
vista l'importanza e la rilevanza del citato provvedimento giudiziario, la prima firmataria del presente atto ritiene opportuno riportarne integralmente il contenuto: «La Corte Europea dei Diritti dell'Uomo nella sentenza Sulejmanovic c. Italia, del 16 luglio 2009 ricorda che: «...L'articolo 3 della Convenzione sancisce uno dei valori fondamentali delle società democratiche. Proibisce in termini assoluti la tortura e le pene o i trattamenti disumani o degradanti, a prescindere dal comportamento della persona a riguardo (Saidic. Italia n. 37201/2006 del 27 febbraio 2008 e Labita c. Italia, n. 26772/1995). Esso impone allo Stato di assicurarsi che ogni prigioniero sia detenuto nelle condizioni che sono compatibili con il rispetto della dignità umana, che le modalità di esecuzione del provvedimento non espongano l'interessato a pericoli o a prove di un'intensità che ecceda il livello inevitabile di sofferenza inerente la detenzione e che, avuto riguardo alle esigenze pratiche della detenzione, la salute ed il benessere del prigioniero siano assicurati in modo adeguato»;
 
 
rilevato che una situazione di «sovrappopolazione carceraria grave pone in sé il problema che cade sotto l'articolo 3 della Convenzione, come ricorda la Corte Europea, v'è da sottolineare che altri aspetti delle condizioni di detenzione sono da prendere in considerazione nell'esame del rispetto della detta disposizione. Tra questi figurano la possibilità di utilizzare la toilette in modo privato, l'aerazione disponibile, l'accesso alla luce ed all'aria naturali, la qualità del riscaldamento ed il rispetto delle esigenze sanitarie di base»;
 
infatti, su quest'ultimo punto, la Corte Europea ha dedotto la violazione dell'articolo 3 perfino nei processi in cui ogni detenuto disponeva da 3 a 4 metri quadrati dato che la mancanza di spazio si accompagnava ad una mancanza di ventilazione e di luce (Moisseiev c. Russia del 9 ottobre 2008 e Vlassov c. Russia del 12 giugno 2008). Considerato che il Giudice nazionale, per consolidata giurisprudenza e ormai principio convenzionale acclarato, è tenuto a conformarsi alle pronunce della Corte Europea, pur sempre nel rispetto degli orientamenti costituzionali, e che l'eventuale mancato rispetto delle indicazioni della Corte costituirebbe autonoma violazione della Convenzione, indipendente da quelle denunciate dalla parte ricorrente. Rilevato, peraltro, che l'Italia con l'adesione alla Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo, si è impegnata a conformarsi alle sentenze definitive della Corte Europea nelle controversie nelle quali è parte (articolo 46 della Convenzione). Letta la sentenza della Corte Costituzionale n. 266 del 23 settembre 2009, che nel rivalutare il ruolo complessivo del Magistrato di Sorveglianza nei suoi rapporti con le altre istituzioni ed in particolar modo con l'amministrazione penitenziaria, precisa che «...la norma (l'articolo 69 o.p.), nel quinto comma (ultimo periodo) dispone che il magistrato di sorveglianza «impartisce, inoltre, nel corso del trattamento, disposizioni dirette ad eliminare eventuali violazioni dei diritti dei condannati e degli internati». La parola «disposizioni», nel contesto in cui è inserita, non significa segnalazioni (tanto più che questa modalità d'intervento forma oggetto di apposita previsione nel primo comma dell'articolo 69), ma prescrizioni ed ordini, il cui carattere vincolante per l'amministrazione penitenziaria è intrinseco alle finalità di tutela che la norma stessa persegue»;
 
ed ancora la stessa Corte Costituzionale nella citata sentenza, ricorda che: «Pertanto, resta valido quanto già affermato da questa Corte con la citata sentenza 212 del 1997, per la quale l'ordinamento penitenziario, nel configurare l'organizzazione dei giudici di sorveglianza (magistrato e tribunale di sorveglianza) ha dato vita ad un assetto chiaramente ispirato al criterio per cui la funzione di tutela giurisdizionale dei diritti dei detenuti è posta in capo a tali uffici della magistratura ordinaria»;
 
Rebus sic stantibus, attualmente il numero dei detenuti presenti nella Casa Circondariale di Napoli «Poggioreale» è di 2.759 a fronte di una capienza di 1.400 unità, ormai quasi il doppio, per cui la situazione è tale da essere oggettivamente, di per sé, possibile fonte di violazione dell'articolo 3 della Convenzione Europea dei diritti dell'uomo. Di tutta evidenza, peraltro, appare la compromissione del dettato costituzionale, articolo 27 della Costituzione, atteso che in tali condizioni, resta difficile assicurare la concreta realizzazione del principio per cui «le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato». Rilevata l'esigenza indifferibile di garantire che le condizioni di detenzione siano compatibili con il rispetto della dignità umana e che le condizioni di esecuzione della pena siano tali da consentire che «la salute ed il benessere del prigioniero siano assicurati in modo adeguato», e a tali fini risulta indiscutibilmente prioritaria la necessità di spazi di vita sufficienti, la possibilità di utilizzare la toilette in modo privato, l'aerazione disponibile, l'accesso alla luce ed all'aria naturali, l'uso dell'acqua corrente per igiene personale, la qualità del riscaldamento ed il rispetto delle esigenze sanitarie di base. Letti gli articoli 69 O.P., 27 Cost. e 3 CEDU, dispone che la direzione della Casa Circondariale di Poggioreale si attivi con pronta sollecitudine per eliminare ogni possibile situazione di contrasto con l'articolo 27 costituzione e con l'articolo 3 della Convenzione Europea dei Diritti Umani, informandone tempestivamente questo magistrato di sorveglianza»;
 
la prima firmataria del presente atto nel corso di diverse visite ispettive effettuate presso la casa circondariale di Poggioreale ha potuto riscontrare condizioni di detenzione delle persone ivi ristrette che, come evidenziato anche dal presidente del tribunale di sorveglianza nel provvedimento sopra riportato, sono palesemente contrastanti con i principi costituzionale e con le norme dell'ordinamento penitenziario;
 
ad oggi, gli interroganti hanno depositato, senza ottenere alcun tipo di risposta nonostante i numerosi solleciti, due motivate e dettagliate interrogazioni parlamentari a risposta scritta rivolte al Ministro della giustizia proprio con riferimento alla situazione ad avviso degli interroganti totalmente illegale in cui versa l'istituto di pena di Poggioreale (interrogazione n. 4-03935 e 4-04023 entrambe presentate nella seduta n. 213 di lunedì 14 settembre 2009) -:
 
quali provvedimenti urgenti intenda adottare, sollecitare e promuovere al fine di risolvere i problemi evidenziati nell'ordinanza del 20 aprile 2010 adottata dal presidente del tribunale di sorveglianza di Napoli. (4-07144)


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