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In Cecenia è vietato esprimersi

• da L'Opinione delle Libertà del 13 luglio 2010

di Gabriele Cazzulini

Proprio quest'anno, a maggio, Mosca ha celebrato il 65esimo anniversario della vittoria sovietica sul nazismo. Alla metà di dicembre dell'anno scorso era morto Yegor Gaydar, il paladino delle iper-riforme per il turbo-capitalismo della neo-democrazia eltsiniana. I festeggiamenti per la vittoria nella seconda guerra mondiale si mischiavano alla restaurazione poco critica e molto enfatica di Stalin, con bandiere sovietiche che sventolavano sopra alle teste di nostalgici, non solo anziani, che infarcivano i loro discorsi di insulti e calunnie contro la Russia di Gaydar e Eltsin. Quello "zeitgeist", come lo definirebbero gli intellettuali tedeschi abilissimi a coniare slogan, quello spirito del tempo impregnato di "sovietismo" poco retrò e tanto attuale, si sta incarnando in un corpo normativo. Succede a piccoli passi, ma la meta è ormai vicina. Già l'anno scorso esponenti di Russia Unita, il partito del potere, avevano stretto una santa alleanza col clero ortodosso per lasciare all'insindacabile giudizio ecclesiastico una serie di materie assai rilevanti sul campo sociale. Così il clero ha iniziato a fare la voce grossa. Oggi infatti è arrivata la sentenza di condanna per due figure di prua dell'arte russa, un ex direttore di museo e un esperto d'arte. La loro colpa è aver esposto un quadro a tema religioso dove la testa del Cristo è sostituita da quella di Topolino. Fa parte di un ciclo di quadri volutamente provocatori che però sono incappati nella censura ecclesiastica. Ma il clero russo ha raggiunto livelli dei talebani che lanciano fatwa contro le vignette su Maometto? E non è la prima volta: già nel 2008 lo stesso turbolento sacerdote che ha scatenato questo processo, Aleksander Shargunov, noto fondamentalista radicale, aveva già denunciato lo stesso ciclo satirico premendo sulle autorità per aprire un'inchiesta e arrivare ad una sentenza. Lunedì è arrivata la condanna, in base ad una norma del Codice Penale, che si è tradotta in una sanzione pecuniaria, evitando il carcere ai due artisti anti-clericali. Lo stesso patriarcato si era adoperato presso il tribunale per lenire il più possibile la pena. Bene, dal bastone alla carota, tanto per esibire sia il potere di condanna che il potere di perdono e ricordare anche che la cultura richiede il placet dei preti. Se per esprimersi con l'arte bisogna prima farsi il segno della croce, esprimersi in pubblico è diventato ancora più complicato. La Duma è la camera bassa del parlamento russo, presieduto da un tale Boris Gryzlov che non considera i parlamenti il luogo per discutere. Infatti a Mosca il parlamento serve a fare silenzio e a farlo fare. infatti la Duma ha silenziosamente approvato un'altra legge, sebbene solo in prima lettura. E' quella sul diritto d'assemblea pubblica. I cittadini russi rischiano di parlare? Meglio farli tacere, restringendo a tal punto questo diritto, che organizzare una manifestazione pubblica diventa una missione impossibile. In pratica, se un cittadino russo ha osato usare la metropolitana senza biglietto, reato gravissimo, oppure ha guidato superando il divieto di velocità - e qui ci sarebbe da scrivere un'operetta tragicomica sui limiti di velocità in Russia - allora non può organizzare una manifestazione pubblica. Certo: il reato amministrativo si paga scontando una sanzione politica. Come dire: la politica per ultima. A proposito di multe da pagare, adesso tocca ad Oleg Orlov, il presidente dell'organizzazione per la difesa dei diritti umani "Memorial" la stessa in cui militava Natalya Estemirova, uccisa nel luglio del 2009 a Grozny. Per la seconda volta Orlov è stato denunciato per diffamazione dal presidente della repubblica Cecena nonché noto filantropo, Ramzan Kadyrov, anch'egli a suo modo difensore dei diritti - sì, quelli di Mosca sulla Cecenia. Così la Russia resta fedele alla sua vocazione imperiale. Al Cremlino possono dormire tranquilli: se mai scoppiasse una rivoluzione, finito un impero se ne fa sempre un altro.



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