Nonostante le perplessità sollevate da più parti, e con particolare forza tra i giornali del centrodestra, l'inchiesta della procura di Roma che ipotizza l'esistenza di una nuova loggia massonica segreta si allarga ancora. Al registro degli indagati sono stati iscritti anche il sottosegretario alla presidenza del consiglio Nicola Cosentino e il senatore Marcello Dell'Utri. Entrambi sono accusati di associazione per delinquere ma anche di violazione della legge Anselmi (quella nata per contrastare la rinascita della P2). L'ipotesi è che Dell'Utri e Cosentino facessero parte del comitato di affari che provava ad influenzare i giudici in tutte le vicende che negli ultimi anni hanno toccato direttamente o indirettamente la maggioranza di governo. Dal lodo Alfano discusso dalla corte costituzionale, fino al ricorso alla corte di appello di Milano da parte della lista del presidente della regione Roberto Formigoni.Il fulcro dell'attività di tutto il gruppo sarebbe stato il Centro studi Giuridici per l'integrazione Europea «Diritti e Libertà ». Un associazione che forse copriva una loggia segreta ma di certo faceva iniziative pubbliche, fondata nel 2004 dal sottosegretario alla giustizia Giacomo Caliendo - lo stesso che negli anni '70 ha contribuito a creare la ben più prestigiosa corrente di Unità per la costituzione - e che nel 2008 è finito nelle mani del geometra e membro di commissioni tributarie Pasquale Lombardi. Attorno al Centro e grazie al centro, l'intero gruppetto riusciva a contattare magistrati anche di rango elevatissimo, come il presidente della corte di Cassazione Vincenzo Carbone che proprio ieri ha lasciato la magistratura andando in pensione. E di volta in volta allargava la propria rete. Con lo stesso meccanismo, ed è forse questo il nucleo più concreto dell'indagine, Carboni negli ultimi mesi del 2009 aveva cercato di contattare i giudici fiorentini che indagavano sugli appalti del G8 in Sardegna. Che i rapporti tra Carboni e l'intero gruppo non fossero solo amicali è scritto nell'ordinanza di custodia cautelare che venerdì scorso ha portato in carcere il faccendiere sardo assieme al geometra Lombardi e l'imprenditore Arcangelo Martino, noto per aver presentato Noemi Letizia a Berlusconi. Lo scorso settembre, ospite di un albergo finanziato coi soldi che il faccendiere Carboni faceva transitare sulla banca di DenÃs Verdini, il gruppo organizzò persino un convegno dedicato alla giustizia, documentato sull'archivio audiovisivo di Radioradicale.it. Dell'Utri e Cosentino avrebbero di certo partecipato a due episodi specifici. Il senatore siciliano era presente alla cena a casa di Verdini in cui di certo si discusse di Lodo Alfano. E avrebbe partecipato ad alcune riunioni in cui Carboni discuteva con il governatore Ugo Cappellacci della gestione degli appalti per l'eolico in Sardegna. Cosentino, invece, oltre che per la semplice partecipazione all'associazione, è sotto accusa per aver partecipato alla diffamazione a mezzo stampa ai danni di Stefano Caldoro, l'attuale governatore campano che prese il suo posto nella corsa per la guida della regione. Lui, ieri pomeriggio, ha fatto spallucce: «Questa mi pare una banda del torchio, comunque noto che ho saputo dell'accusa dai mezzi di informazione e noi dai pm». Imbarazzante, anche se dai contorni penali piuttosto sfumati, è la parte dell'inchiesta della procura di Roma che tocca i rapporti interni al Csm. E in particolare quella che racconta la decisione di nominare al vertice della corte di appello di Milano il giudice Alfonso «Foto» Marra, invece del candidato Rodolfo Rodorf. Anche se Marra non si prestò ad aiutare il gruppo al momento del ricorso di Formigoni contro l'esclusione della sua lista regionale, di certo dalle conversazioni contenute nell'ordinanza di custodia cautelare appare essere «intimo» tanto del sottosegretario Caliendo (che lo avrebbe chiamato per chiedergli un aiutino sul caso Formigoni) quanto di Pasquale Lombardi (che con tutti lo chiama appunto «Fofò»). Ieri mattina la vicenda ha raggelato l'ultimo convegno ufficiale del Csm uscente, dedicato alle relazioni internazionali del consiglio e organizzato alla presenza tanto dei vecchi quanto dei nuovi consiglieri. Carbone e la laica dell'Ulivo Celestina Tinellli, citati nell'ordinanza come coloro che sì prestavano alle pressioni della ipotetica P3, non sono voluti tornare sull'argomento. Invece, Ezia Maccora di Md e Giuseppe Maria Berruti di Unicost sono stati entrambi durissimi. «Sono preoccupata perché vedo che nella magistratura c'è una fortissima questione morale», ha detto Maccora. Mentre Berruti ha ammesso che all'epoca della nomina di Marra ricevette delle pressioni «esterne fortissime»: «Mi opposi anche se non capivo il disegno». Come ultimo atto, il consiglio ha chiesto l'apertura di una verifica sulla nomina del giudice Marra.