La cena degli ultracorpi a casa Vespa è stata scandagliata in ogni particolare. Tranne uno, dato evidentemente per scontato: cosa ci faceva Vespa? I giornalisti non dovrebbero organizzare cene per i potenti, né parteciparvi se non in incognito, con parrucca e registratore incorporato, per poi raccontarle sul giornale. Vespa festeggiava le nozze d'oro col mestiere, ma anziché gli amici ha invitato banchieri, politici e porporati: la controparte. È vero che il portiere della Spagna mundial ha baciato in diretta la fidanzata che lo stava intervistando, però Silvio e Vespa non hanno vinto nulla e non sono neanche fidanzati, almeno ufficialmente. Niente di personale: intorno al biscotto del Potere ronzano vespe di ogni colore e d'estate a Roma fioriscono terrazze dove il critico contende un groviglio di bucatini al regista del film che dovrà recensire e il politico di sinistra suggerisce all'editorialista di sinistra che cosa scrivere nel prossimo articolo che il pubblico di sinistra non leggerà . Nessun governo dichiarerà mai illegale questo genere di intercettazioni. Però non stupiamoci se i nostri padroni, lettori e telespettatori, ci considerano parte di quella stessa Casta dalla quale, a parole, prendiamo le distanze. Chi si autodeclassa da campanello d'allarme a carillon toglie credibilità alle battaglie sulla libertà di stampa. Quel che è peggio, ne toglie all'immagine di una categoria composta in maggioranza da persone che a cena con i potenti non ci vanno, non foss'altro perché non vanno a cena, dovendo restare nelle redazioni fino a notte fonda.