Radicali.it - sito ufficiale di Radicali Italiani
Notizie Radicali, il giornale telematico di Radicali Italiani
cerca [dal 1999]


i testi dal 1955 al 1998

  RSS
gio 03 ott. 2024
  cerca in archivio   RASSEGNA STAMPA
L'Italia, i reattori e i pionieri di Ispra

• da Il Sole24Ore del 14 luglio 2010

di Jacopo Giliberto

La storia italiana nel nucleare è storia d'azienda. E storia di contenziosi con il "territorio", come si dice adesso, cioè con chi abita vicino agli impianti. Già nel '59, l'anno in cui ufficialmente l'Italia entra nel nucleare (la stessa Italia che vent'anni prima aveva scacciato Enrico Fermi ed Emilio Segrè), realizzò i suoi due primi reattori atomici grazie anche al contributo dell'industria italiana: il presidente della Repubblica Giovanni Gronchi inaugurò l'aspra, sulla sponda varesina del lago Maggiore, il polo di ricerca nucleare(oggi centro ricerche della Ue), ma intanto la Fiat insieme con la Montecatini individuarono Saluggia, nel Vercellese, come luogo ideale per far partire il reattore sperimentale Rsi dedicato ad Avogadro (il fisico e chimico Lorenzo Romano Amedeo Carlo Avogadro, conte di Quaregna e Cerreto, Torino 1776-1856). Erano gli anni in cui la Fiat produceva non solamente le prime 50o che avrebbero segnato un'epoca e il costume degli italiani, ma fabbricava anche frigoriferi, trattori, aeroplani, biciclette, treni e lavatrici. E anche un bel reattore atomico. Appunto, sperimentale. Oggi Saluggia è uno dei poli atomici italiani. La Fiat non è più presente sul reattore, che fu spento nel '71, e la Montecatini non esiste più, dissipata nella tragedia della Montedison di vent'anni fa. Ma oggi a Saluggia restano Eurex e Avogadro, dove ci sono ancora i rifiuti atomici del passato. Come spiegala Sogin, la società pubblica che gestisce lo smantellamento atomico, «oggi rimangono da trasferire in Francia per il riprocessamento circa 30 tonnellate dal deposito Avogadro di Saluggia e 15 tonnellate dalla centrale di Trino». Vanno tolti in fretta, quei combustibili atomici usati perché negli anni scorsi sono state rilevate perdite preoccupanti - i pozzi di una cascina persa nella pianura tiravano su acqua avvelenata dalle particelle radioattive - mentre più di una volta la furia della Dora in piena ha messo in agitazione gli ingegneri. Trino Vercellese è poco lontano da Saluggia. E poi più giù, verso Alessandria, a Bosco Marengo, nella cui pianura il 14 giugno 1800 Napoleone Buonaparte travolse gli austriaci di Melas, c'è la Fabbricazioni Nucleari che preparava il combustibile atomico per le centrali. Fu aperta nel'67 dalla general Electric e dall'Ansaldo, la Fabbricazioni Nucleari poi passò all'Agip Nucleare, poi all'Enea e infine alla Sogin. Altri centri di ricerca sono alla Casaccia, alle porte di Roma, dove continuano ad accumularsi le scorie di mezz'Italia, e in Basilicata, a Rotondlla, dove l'Enea è stata messa sotto accusa per avere gestito i materiali di una centrale statunitense. Ma bisogna tornare alla fine degli anni '50. Non c'era ancora l'Enel. C'era l'oligopolio. L'Edison la più grande, ma anche la Società meridionale di elettricità (Sme), la Società idroelettrica piemontese (Sip), la Società adriatica di elettricità (Sade). L'Agip di Enrico Mattei cercava nuove vie. La centrale di Latina, frazione Borgo Sabotino, fu promossa nel'57 dalla Simea, società costituita dall'Agip Nucleare (al 75 %) in associazione con l'Iri. La tecnologia adottata fu quella a gas-grafite dell'inglese Nuclear Power Plant. Era la centrale atomica più grande d'Europa ed entrò in servizio il 12 maggio 1963. L'Iri partecipò in maggioranza invece alla Senn (Società elettro nucleare nazionale) per la centrale Garigliano di Sessa Aurunca (Caserta), con un reattore General Electric ad acqua bollente da 16o megawatt, a uranio leggermente arricchito moderato ad acqua leggera. Costò 70 milioni di dollari ed era troppo complicata per funzionare bene. Ci furono proteste ricorrenti. Il progresso piace, ma non quando la gente attribuisce alla centrale la nascita di bestiame deforme. Nel '55 l'Edison aggregò nella Selni (Società elettro nucleare italiana) la veneziana Sade, la Romana, la Selt Valdarno, la Sges, l'Iri, la Sme, la Sip, Terni e altri soci per realizzare la centrale di Trino Vercellese, che avrebbe adottato un reattore ad acqua pressurizzata da. 134 megawatt della Westinghouse.I1 22 ottobre 1964 la centrale era in rete. Poi tutto passò alla neonata Enel con la nazionalizzazione voluta dal partito socialista. Le società elettriche furono risarcite per l'esproprio e ognuna prese vie differenti. La Sade si fuse nella Montecatini; l'Edison coni soldi incassati comprò la Montecatini e formò la Montedison; la Sip gonfia di denaro si buttò sui telefoni; la Sme dirottò sull'agroalimentare (Cirio, Bertolli, Paveis, Pai, De Rica, Surgela, i supermercati Gs). Storia ormai lontana in virato seppia. Nel comune diCaorso (Piacenza), sull'argine del Po, l'Ansaldo ha costruito con tecnologia General Electric la centrale da 882 megawatt su ordine dell'Enel. Era un impianto ad acqua bollente, a uranio leggermente arricchito, moderato ad acqua leggera. Ha cominciato la produzione commerciale nel dicembre '81 ed è stata chiusa nove anni dopo, il 1° luglio '90. Oggi i piacentini sono stufi di quella centrale e molti di loro hanno dato un sospiro di sollievo quando, a fine giugno, è partito l'ultimo carico diretto al ritrattamento in Francia.
 



IN PRIMO PIANO







  stampa questa pagina invia questa pagina per mail