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Grandi progetti in attesa dell'Agenzia

• da Da 'Il Sole24Ore' del 14 luglio 2010

di Jacopo Giliberto e Federico Rendina

Le imprese ci credono, con le due cordate. Il Governo lo vuole. Tant'è che ci si lavorerà perfino in piena estate. Sfida suggestiva ma davvero dura quella per il rinascimento dell'energia nucleare italiana. Inutile nascondere i ritardi del quadro normativo, gli ostacoli emersi perfino nella maggioranza politica ufficialmente nuclearista, le oggettive difficoltà della ricostruzione di un confronto con una popolazione ancora preda dell'ondata emotiva innescata più di vent'anni fa con il referendum del 1987 che ha cancellato il nostro atomo elettrico: a un armamentario tecnologico e programmatico che esibisce buone qualità fanno riscontro ostacoli "ambientali" da non sottovalutare. Ottima base il patto di ferro tra Enel e la francese Edf sulla tecnologia Epr che dovrebbe coprire il 50% dal nostro programma nucleare da oltre 2omila megawatt di potenza per generare entro una ventina di anni almeno un quarto della nostra elettricità con l'atomo. Ma che dire del traballante percorso normativo a cui il Governo sta tentando faticosamente di porre rimedio? A quasi un anno dal varo della legge 99/2009 (la "sviluppo") che nell'agosto scorso ha appunto tracciato il percorso per riagganciare la tecnologia nucleare, l'Italia neo-nucleare si presenta in ritardo su almeno due appuntamenti imposti con precisione proprio con quella legge attraverso il meccanismo dei decreti delegati. L'Agenzia per la sicurezza nucleare, premessa operativa dell'intero percorso, organo "guida" di tutti gli adempimenti istituzionali, sta prendendo forma solo in questi giorni. Lo statuto doveva essere varato con un decreto legislativo entro il 15 novembre 2009. È comparso sulla Gazzetta ufficiale solo giovedì scorso. Sede, nomine dei vertici, regolamenti di funzionamento: tutto deve ancora essere fatto. L'Agenzia è ancora una scatola vuota. Il ministero dello Sviluppo economico è in posizione debole, senza ministro, e l'Ambiente sta già collocando le sue candidature forti al vertice. Forse, a fine mese, l'ufficializzazione dei nomi. Poi si partirà, non senza ulteriori intoppi. Il lavoro dell'Agenzia doveva (dovrà) svolgersi lungo i criteri delineati con la strategia nazionale nucleare, che il governo avrebbe dovuto definire e pubblicare con un documento programmatico entro la seconda metà di giugno. Niente da fare anche qui. La strategia «arriverà in autunno, per essere subito portata al confronto in Parlamento», afferma Stefano Saglia, sottosegretario allo sviluppo economico con delega alle politiche energetiche. Certo, pesa il persistente eco degli altolà all'avvento del nuovo atomo italiano lanciati durante le elezioni amministrative di primavera persino da illustri esponenti della maggioranza di centrodestra. Che hanno contribuito, loro stessi, a esacerbare il conflitto che ancora tiene banco tra governo e amministrazioni locali sulle prerogative negli indirizzi e nelle decisioni legate all'operazione. Poche settimane fa la decisione della Corte costituzionale che ha respinto i ricorsi presentati da io regioni sul meccanismo con il quale il governo, nella legge 99, si riserva comunque un potere di decisione pressoché assoluto nel caso non si giunga ad un accordo con le amministrazioni locali nei criteri e nelle scelte territoriali per la locazione dei siti delle nuove centrali. Solamente il Piemonte del leghista Roberto Cota ha detto sì in modo netto, ma per esempio la Sardegna di Ugo Cappellacci (espressione della parte berlusconiana del Pdl) continua a recalcitrare di fronte a un'ipotesi atomica. Per le regioni guidate dal centrosinistra non se ne parla. Va detto che il governo ha comunque teso una mano ai contestatori con una nuova versione di un decreto legge, nel frattempo cassato dalla Consulta, che riguarda le procedure su tutte le opere strategiche di pubblico interesse. La nuova metodologia (decreto "sblocca opere" n.31 del 15 febbraio 2010) prevede uno stretto coordinamento tra stato e governi periferici, anche se ripropone, oltre alla possibilità di nominare commissari di governo per le opere palesemente impantanate nella burocrazia locale, la logica di fondo della legge 99: in caso di mancato accordo decide comunque il governo attraverso una delibera di Palazzo Chigi. Nuove battaglie o concreta possibilità di trovare un clima di cooperazione tra governo centrale e periferico, ma anche tra maggioranza ufficialmente filonuclearista e opposizione ufficialmente anti-atomo? Un po' di ottimismo è lecito. Se infatti qualche dubbio sulla corsa alle centrali nucleari serpeggia anche nello schieramento di maggioranza, molti dubbi sull'opportunità di frenarne questa corsa emergono con grande evidenza della coalizione contraria. Tant'è che in primavera il segretario del Pd Pierluigi Bersani si è visto recapitare un'accorata lettera firmata da 72 illustri esponenti della scienza e dell'impresa apertamente schierati a sinistra, che chiedono e rivendicano attenzione all'atomo elettrico e ai suoi vantaggi. Nomi del calibro di Umberto Veronesi (che ora è peraltro candidato alla guida della costituenda Agenzia per la sicurezza nucleare) e Margherita Hack ritengono che «non sia in alcun modo giustificata l'avversione al reingresso dell'Italia nelle tecnologie nucleari». Questo perché «dal punto di vista ambientale non vi è programma internazionale accreditato per la riduzione della CO2 che non preveda anche il ricorso all'energia nucleare e non vi è un solo studio internazionale che affidi alle sole rinnovabili il compito di ridurre il peso dei combustibili fossili». Peccato che «tutti gli accenti che sentiamo oggi nel Pd prescindono dall'analisi di questi dati e fatti». Con «il rischio che nel Pd prenda piede uno spirito antiscientifico, un atteggiamento ereditario è snobbistico che isolerebbe d'Italia, non solo in questo campo, dalle frontiere dell'innovazione». Mesi cruciali per dare davvero corpo al progetto. Al quale le imprese italiane credevano, e credono. Tutte le imprese: quelle direttamente o indirettamente coinvolte nelle commesse e quelle accomunate al singolo cittadino, alla singola famiglia, che si aspettano i benefici effetti dell'atomo sul nostro problematico scenario di approvvigionamento energetico, caratterizzato da un pericoloso squilibrio verso il gas metano (ormai quasi totalmente importato) e da bollette mediamente superiori di almeno un quarto rispetto a ciò che accade negli altri paesi europei. Enel e Edf lavorano a spron battuto. Il sistema italiano della formazione si sta attrezzando. Il territorio fa la conta sui possibili siti dei nuovi impianti e sui vantaggi anche economici promessi al popolazione. E la volontà italiana di perseguire l'obiettivo trova testimonianza dell'interesse non solo nella coppia di ex monopolisti dell'energiadi Italia e Francia (Enel e Edf), ma pure in primarie imprese concorrenti, che stanno prendendo le misure per un secondo consorzio pronto a concorrere per l'altra metà del nostro programma nucleare. E anche sul versante della tecnologia si fa avanti il principale concorrente del sistema francese Epr: il reattore AP1000 della nippoamericana Westinghouse-Toshiba. Sul fronte dei grandi operatori l'ipotesi più matura, già oggetto di negoziati tra le imprese, disegna una cordata guidata dalla tedesca E.On e dai francesi di Suez-Gaz de France, con la partecipazione della nostra A2A nel ruolo di capofila delle ex municipalizzate che vorranno partecipare, con il sostegno di una robusta partnership finanziaria da individuare possibilmente nella Cassa depositi e prestiti. Tutto ciò per costruire anche qui l'impalcatura di un modello "alla finlandese" che verrebbe adottato già dal consorzio Enel-Edf: un consorzio aperto alla massiccia partecipazione di consumatori energivori (industriali del cemento, dell'acciaio, della carta, ad esempio) che godrebbero di un patto pluriennale per il ritiro dell'energia prodotta con impianti nucleari a un prezzo stabile e prefissato.



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