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Lettere al direttore

• da Tempi del 15 luglio 2010

Leggo a pagina 27 dell'ultimo numero di Tempi un articolo a firma Yasha Reibman dal titolo "Se Milano fa dell'ambiente un tenia da referendum". Debole come giudizio e poco informato come contenuto (far passare l'iniziativa come promossa da uomini di destra e di sinistra mi pare per lo meno bizzarro, se non volutamente mistificante). Bah! Carlo Masseroli assessore allo Sviluppo del territorio di Milano
Caro assessore, nonché - se posso dirlo, se non è P3 - amico personale, tutti ì lettori sanno che non raramente la rubrica di Yasha Reibman non rappresenta la linea di Tempi. Ma avere un bastian contrario tra noi io penso che aiuti. Posso sbagliare, ma anche un Yasha formato Milly Moratti ci è utile a non cadere tanto facilmente nel rischio di essere tra coloro che raramente imparano quello che già credono di sapere. Grazie per l'attenzione e forza Pgt.
 
Premetto: sono abbonato e lettore fedele. Leggendo le "Lettere al direttore" dell'ultimo numero avrei qualcosa da eccepire sulla questione Saviano: nella discussione su Roberto Saviano si discute di tutto tranne che dei contenuti del libro; con uno stile tipicamente italiano, modello guelfi e ghibellini, si loda o si critica, ma senza aver letto il libro e senza entrarne nel merito. Si criticano le comparsate dell'autore in tv, l'atteggiamento acritico dei "savianisti" che si sentono migliori solo perché leggono il libro, il fatto che vada in giro con la scorta, eccetera, tutte obiezioni anche sacrosante. Personalmente non vado pazzo per il tipo, obiettivamente lui si sente una "immacolata concezione", un misto fra Salman Rushdie, Pasolini, Sciascia e chi più ne ha più ne netta. Però non posso condividere che si critichi senza, per lo meno, entrare nei meriti/demeriti del libro. A me è piaciuto, l'ho trovato interessante. Parla di mafia fuori dal solito cliché mafia-politica-affari-poteri forti. Gomorra presenta la mafia conce fenomeno culturale e il riferimento alla "parola come fattore di liberazione" mi è sembrato molto stimolante, e avrebbe meritato una discussione meno superficiale... Un corollario: perché ai cattolici piace così poco la storia contemporanea? Mi spiego: su tutti i libri che parlano di storia contemporanea i cattolici sono vere mosche bianche: Michele Brambilla, Roberto Beretta e - perché no? - anche Luigi Amicone. Il suo Nel nome del niente era un tentativo interessante di parlare di storia con un'angolazione tutt'altro che scontata. Credo che la discussione sui temi storici (Resistenza, amni di piombo, Prima Repubblica) è importante che venga vista/affrontata/riletta anche da noi, altrimenti ci toccherà continuare a lamentarci del fatto che lo spazio liberato dai cattolici lo occupino i saviano. Michele Fortunato via internet
D'accordo sul richiamo generale ma non nello specifico. Perché il buon Cavallari l'ha letto e se l'è appuntato. Mentre, lo ammetto, io sono ancora indietro rispetto alle letture dell'estate 2009. Molte grazie.
 
Le elezioni polacche sono andate come sappiamo. La grande rimonta della "Polonia profonda", quella che si riconosce nel partito dei "gemelli" e nel candidato Jaroslaw Kaczynski, non è riuscita, fermandosi al 47 per cento dei voti. Che però sono molti anche in prospettiva delle prossime elezioni amministrative e di quelle politiche del 2011... Ma la Polonia è un paese che permette di fare alcune riflessioni, che mi vengono ancora più spontanee alla luce di queste recenti elezioni. Noi europei che non abbiamo conosciuto il regime comunista pensiamo alla Polonia del regista Andrzej Wajda, quello che recentemente abbiano osannato per aver mandato sugli schermi il film sul massacro di Katyn, dove 22 mila ufficiali polacchi vennero assassinati dai sovietici durante la Seconda guerra mondiale. Un film che ci ha commosso, che ha il grande merito di aver gettato finalmente una luce su una tragedia che per decenni la censura comunista e l'autocensura degli occidentali avevano relegato nel silenzio. Però molti polacchi non amano Wajda e più sono anticomunisti meno lo amano. Perché? (...) Nelle recenti elezioni Wajda si è schierato contro la Polonia profonda di Kaczynski per sostenere il candidato liberale Konorowski. In una recente intervista a Repubblica (6 luglio) ha spiegato con queste parole la sua preferenza: «Il suo sistema [quello dei Kaczynski] ci allontana dai valori del mondo civile, dalle conquiste della rivoluzione. Tusk [il capo del governo e del partito liberale] e Komorowski ci agganciano invece a Ue e Nato». Ora ci possianno chiedere: quali saranno i valori del mondo civile a cui fa riferimento il regista polacco? Divorzio, aborto, fecondazione assistita: sono questi i valori che dividono i polacchi e tutti quei popoli dove il processo di scristianizzazione conosce ancora qualche resistenza, come l'Italia, Malta, la Croazia, l'Irlanda. Queste e non altre,su cui ci possono essere e ci sono diverse opinioni, sono le conquiste della Rivoluzione, cui Wajda fa riferimento. L'accusa di allontanare la Polonia dall'Europa non sta in piedi: una cosa è tener fuori la Polonia dall'Unione europea (Ue), un'altra accettare senza discussione tutti i suggerimenti (o le imposizioni) di quest'ultima, soprattutto sui temi etici. Ecco perché Wajda non è amato dai polacchi molto cattolici e molto anticomunisti. E con lui un altro "grande" della storia anticomunista polacca, il fondatore di Solidarnosc Lech Walesa. Entrambi in Polonia sono accusati di aver collaborato con il regime comunista ed entrambi si sono schierati contro Kaczynski e contro la grande maggioranza della Chiesa cattolica. Sono accuse che circolano da tempo e che vengono sempre più sostenute da ricerche e pubblicazioni: io non sono in grado oggi di verificarle, però ci sono e circolano negli ambienti maggiormente sensibili ai valori cristiani. Faremmo bene a tenerne conto, anche per aiutare i polacchi a non ripetere, sulla loro pelle, la triste storia del cattolicesimo democratico italiano, che oggi vorrebbe portare i cattolici a guardare alla Ue e ai suoi valori come dopo la Seconda guerra mondiale che ha portato i cattolici a collaborare con le diverse forze politiche laiciste e socialiste, o comunque a non ostacolare la loro penetrazione nella cultura e nel costume del paese. Marco Invernizzi
Caro Marco, abbiamo tutto in comune, tranne il tuo pedigree di autentico e formidabile reazionario. Amo anch'io Nicolàs Goméz Dàvila, ma sto con Lech Walesa. Non si ferma la secolarizzazione con il cattolicesimo in un solo paese. Io sono per il "su lottiamo, l'ideale nostro fine sarà", l'Internazionale di BXVI futura umanità. Ergo, non diamo alla politica la speranza che viene solo da una presenza laica, cioè cristiana, con tutto il rischio (personale) che essa comporta.
Altrimenti cosa dovremmo fare fuori dalla Polonia, un Sinn Féin?
 
Mi scusi, so che non è compito mio approvare o censurare tutto quello che dicono e fanno gli uomini di Chiesa. Però vorrei sottoporle, a titolo di esempio, un paio di concetti tratti dall'intervista rilasciata da don Luigi Verzé a Claudio Sabelli Fioretti e pubblicata dalla Stampa del 12 luglio. Esempio numero uno. Osserva Sabelli Fioretti: «Lei è favorevole al sacerdozio femminile, al sacramento ai divorziati, alla procreazione assistita. II solito disobbediente». Risponde don Verzé: «Disobbediente? La Chiesa le farà queste cose». Di nuovo Sabelli, incredulo: «Le farà?». Verzé: «Ma certo. II mondo, con la globalizzazione, diventerà una città sola. Ma la Chiesa, purtroppo, lo sta perdendo il mondo, perché non ha messo in atto il precetto del Signore: amatevi l'un l'altro come io vi ho amati». Esempio numero due. Dice don Verzé: «Ci assimiliamo al Vangelo, come io cerco di fare, perché vorrei essere il Cristo dei nostri tempi. Lui era un drammaturgo e diceva: "Se avete fede in me", e io ce l'ho, "farete miracoli come quelli che ho fatto io". Io ho risposto al signor Gesù: "Infatti Signore tu non hai fatto l'ospedale San Raffaele e io l'ho fatto"». Replica Sabelli: «Insomma qui fate miracoli». Spiega Verzé: «Noi tiriamo fuori tanta gente con già tutti e due i piedi nella tomba». Ora, ammetto che l'intervista è divertente (Sabelli Fioretti ci sa fare) e probabilmente qualche idea di don Luigi sarà pure stata semplificata dal giornalista, nia mi domando: se Verzé crede davvero che prima o poi la Chiesa dovrà darla vinta al secolo, e perdipiù che i miracoli non li fa più Dio bensì la medicina, bè, non gli viene il dubbio di aver sbagliato seminario? Paco Miuelli Ferrara
Don Verzé ha fatto tanto bene. Mò sbrocca un po', ma gli vogliamo bene.
 
Crede che questa volta sia una cosa seria la rottura tra Marco Pannella e il direttore della "sua" Radio Radicale, Massimo Bordin? E crede che sia una cosa seria sostituire quest'ultimo con Marco Cappato, il gran visir di tutte le battaglie transumaniste e mortifere? Franca Anzolin Vicenza
Credo sia molto difficile trovare in giro una persona come Massimo Bordin, capace di dirigere una radio così permalosa e di passare in rassegna una stampa così uggiosa con tanta solerzia, competenza, gusto, intelligenza, ironia. Bè, la rassegna di don Livio non ha più concorrenti.
 
Sempre esagerati: arrestare l'uomo in bianco. Siete saturi di odio antianticattolico, ecco la verità. Quale arresto e arresto: ieri mi hanno ciulato il telefonino. Se Benedetto XVI, che non poteva non sapere, chiede pubblicamente perdono e soprattutto me ne compra uno nuovo però più fico, tipo l'Aifon, per conto mio possiamo chiuderla cosa. Mattia Spanò via internet
Sa, detto in facebook, anche noi ne abbiamo piene le ipad e gli ipod di queste storie giudiziarie sulla P16.
 



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