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Quelle toghe illegali

• da la Repubblica del 16 luglio 2010

di Stefano Rodotà

Una rete di infiltrazione e corruzione dei magistrati era il primo piano d'azione organizzativo della cosiddetta P3. Non mi sorprende il fatto che nel disegno complessivo di stravolgimento di ogni regola del funzionamento del sistema istituzionale si sia intervenuti anche sulla magistratura e che ci siano state persone che hanno finito con l'aderire a questo disegno. La magistratura non è diversa dal resto del paese, i rischi di inquinamento ci sono dappertutto, ma questa vicenda suggerisce immediatamente due considerazioni. La prima: chi ha tuonato e continua a tuonare contro la politicizzazione della magistratura si è reso protagonista di una operazione non solo di politicizzazione ma in qualche modo di asservimento a disegni esterni di singoli magistrati. In secondo luogo la forza di reazione della magistratura medesima la mette in una posizione di legittimità e di forza rispetto a tutti gli altri ambienti nei quali l'inquinamento non solo viene negato, ma i responsabili vengono difesi fino all'ultimo: e solo quando la pressione esterna dell'opposizione politica e dell'opinione pubblica si fa intollerabile si decide di intervenire. Dunque da una parte un establishment che si difende in ogni modo, anche di fronte a prove clamorose di deviazioni dalla legalità, dall'altra la reazione immediata dell'Associazione nazionale magistrati e del Consiglio superiore della magistratura che invece subito chiedono che i responsabili di questa gravissima deviazione vengano messi fuori gioco. Tutti ricordiamo che la corruzione e l'uso veramente politico della magistratura poggiavano in passato su una rete di protezione del malaffare politico: ricordo bene in proposito un articolo di "Repubblica" che riguardava la Procura di Roma e venne intitolato «il porto delle nebbie». Ci volle tempo, ci volle il rinnovamento interno alla magistratura perché quell'immagine venisse allontanata, e la magistratura riassumesse pienamente il compito di custode della legalità. Episodi rivelati in questi giorni ci dicono che si sta cercando di ripetere esattamente quel copione, cioè in un momento in cui la politica soffre il controllo dell'opinione pubblica e il controllo della legalità, si tenta di piazzare nei posti di responsabilità persone fidate per ricostruire la rete di protezione. Non è un caso che proprio in questi giorni l'insistenza e la fretta intorno alla vicenda della legge bavaglio diventino rivelatrici. Forse all'inizio qualcuno aveva sottovalutato quella legge dicendo che tutto sommato era uno strumento che il presidente del Consiglio adoperava con la logica tradizionale delle leggi ad personam per evitare che intercettazioni sgradite potessero essere conosciute all'esterno. Questa lettura tutto sommato riduttiva è stata smentita, e mi pare che poi fosse evidente che l'obiettivo andava al di là della tradizionale legge ad personam. L'accelerazione sulle intercettazioni va di pari passo con la scoperta progressiva della corruzione diffusa, di questo - riprendo la famosa espressione di Silvio Spaventa - mostruoso connubio che si è determinato tra politica, amministrazione e affari. Un connubio non esterno al sistema di governo, non esterno al modo in cui la maggioranza funziona, ma del tutto interno e in qualche modo provocato da questa medesima maggioranza perché se c'è una differenza tra Tangentopoli e oggi è questa: Tangentopoli fu una vicenda che si determinò attraverso connivenze politiche composte da una rete di protezione, ma si trattava comunque di comportamenti fuori dalla legalità. Tutta questa vicenda che noi in questo momento abbiamo davanti agli occhi è stata dunque resa possibile dallo stravolgimento della legalità determinato dalle procedure che hanno sottratto agli ordinari controlli di legalità questioni rilevanti. Quindi c'è una componente istituzionale di questo scandalo messa a punto attraverso un uso degli strumenti legislativi. In questo momento noi ci rendiamo conto dunque che c'era bisogno di tenere al riparo questo insieme di comportamenti illegali dall'occhio del pubblico e dall'occhio degli stessi magistrati. Quindi la legge sulle intercettazioni oggi acquista tutta la sua portata, non solo di legge ad personam, ma di misura fatta per difendere un sistema di governo che proprio in questi giorni sta mostrando tutti i suoi vizi e tutte le sue caratteristiche. Tutta questa vicenda conferma la necessità non solo di opporsi ma di denunciare le caratteristiche proprie di questa legge sulle intercettazioni che è un pezzo essenziale di questa abnorme costruzione istituzionale di salvaguardia, abuso e privilegio. Prima si sono varate tutta una serie di norme per rendere opaco e non controllabile lo svolgimento di una serie di affari, e poi si cerca di approvare norme ulteriori per impedire che si possa svelare questa opacità e mettere in evidenza le caratteristiche del mostruoso connubio che stiamo vivendo.



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