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Un ricordo del professor Luigi De Marchi

28 luglio 2010

di Pier Paolo Segneri

Caro Luigi, sei stato un numero 1. Per questa ragione eri e sei un “solista”. E ti vogliamo bene, come sempre te ne abbiamo voluto. Sei parte del nostro cuore. Del resto, il professor De Marchi era un liberale, un laico, un libertario, un Radicale con la R maiuscola. Ha segnato un’epoca e ha contribuito concretamente, per decenni, a formare molti giovani secondo un consapevole e responsabile spirito di libertà. Aveva un grande e profonda personalità empatica. Un intelletto raro e geniale. Eppure amava farsi chiamare semplicemente Gigi. Non si dava mai le arie del saccente, anzi: era un uomo umile. Anche se era spesso costretto ad auto-citarsi o ad essere autoreferenziale per via del silenzio con cui il potere dominante lo ricambiava ogni qual volta la sua voce e le sue idee prendevano forma. Luigi De Marchi, psicologo clinico e sociale, politologo e autore di numerosi saggi pubblicati in Europa e in America, è stato protagonista di varie battaglie italiane per i diritti civili riuscendo, nel 1971, con una storica sentenza della Corte Suprema (sulla “Vertenza tra il Presidente del Consiglio dei Ministri, On. Emilio Colombo, e il Prof. Luigi De Marchi”), ad ottenere la revoca dei divieti penali all’informazione e all’assistenza anticoncezionale. Era il più lucido, il più libero, il più grande intellettuale e pensatore liberale che l’Italia abbia avuto a disposizione negli ultimi tre decenni. Sapeva coinvolgere, appassionare, entusiasmare. Aveva una vitalità che lo rendeva giovane nello spirito e nella battuta, fino al punto di farti dimenticare la sua età. Era nato il 17 luglio 1927. Aveva da poco compiuto 83 anni. Ci mancherà tantissimo perché, purtroppo, come i lettori già sapranno, ci ha lasciati la sera del 24 luglio mentre era ancora attivo e operativo su più fronti di lotta, impegnato come sempre nella realizzazione dei suoi tanti progetti, con in cantiere nuovi libri e nuove idee. Affermava, senza stancarsi, che quella dominante in Italia fosse una cultura di coristi, dove i più cantano in coro le solite due o tre vecchie e noiose canzoni e dove i solisti hanno vita difficile. Scriveva: “I Direttori d’Orchestra ne sono chiaramente infastiditi e i Ragazzi del Coro, appena il Solista tenta un gorgheggio, corrono a imbavagliarlo e a tagliare i fili del microfono”. Per tutta la vita è stato denigrato, accusato, sbeffeggiato, deriso, screditato, escluso, emarginato e perfino minacciato dai terroristi rossi. Molti devono la loro comprensione del mondo e della realtà alla lettura dei suoi libri, alle sue analisi, alle sue teorie, alle sue particolareggiate documentazioni, ai suoi “Controluce” su Radio Radicale. Mi rendo conto che, quando una persona scompare, si tende spesso ad enfatizzare i toni, ad eccedere nell’elenco delle innumerevoli qualità del defunto, a riconoscere in chi non c’è più un prestigio forse esagerato e una grandezza intellettuale che non pare più colmabile. Ma stavolta è diverso, per Luigi De Marchi il discorso è quello opposto: ha sempre pagato sulla propria pelle il coraggio delle sue idee controcorrente e non si è mai voluto piegare a facili scorciatoie di comodo, non si è mai venduto l’anima per far carriera e non ha accettato i tanti vantaggi assicurati dalla cultura dominante in cambio di una cessione in bianco della sua onestà intellettuale o morale. Era un uomo sensibile e geniale. Ora che non potremmo più chiamarlo al telefono per dargli il riconoscimento che avrebbe meritato, si tratta di restituire all’uomo gli onori e tutto quanto avrebbe dovuto ricevere in vita per la sue lotte di libertà.

 

Storica rimase la manifestazione anticlericale organizzata il giorno di Pasqua del 1967 a Piazza S. Pietro in cui Marco Pannella, De Marchi e pochi altri eretici o Radicali srotolarono vari striscioni in cui si chiedeva al Pontefice di non porre veti alla legalizzazione della pillola anticoncezionale in Italia. Ne parlarono, in prima pagina, molti giornali italiani e stranieri e le televisioni di mezzo mondo in quel momento presenti in piazza per la solenne occasione e, addirittura, negli Stati Uniti, l’iniziativa finì sulle prime pagine di alcuni dei quotidiani più blasonati. “Sesso e Civiltà” fu soltanto il primo tassello di una serie di opere scritte da De Marchi sulla sessualità e sulla sessuofobia che lo portarono ben presto ad avvicinarsi, in maniera critica, alle teorie di Wilhelm Reich e al lancio di una visione nuova dei fenomeni individuali e di massa attraverso la cosiddetta “psicopolitica”, ideata dallo stesso De Marchi negli anni ’70. La constatazione da cui parte De Marchi nel 1959 è la seguente: “La condanna o la vergogna della sessualità - propria della nostra morale tradizionale - non fu e non è un fatto universale”. Il libro ripercorre così la storia della sessualità nella vita dell’uomo in tutte le epoche e in tutte le culture, evidenziando le distorsioni subentrate con una visione dogmatica e sessuofobica del rapporto tra uomo e donna. Nell’era del boom economico e del conformismo anni ’60, Luigi De Marchi, rischiando la solitudine e l’ostilità dei colleghi, non rinunciò ad esaminare le conseguenze che le dinamiche psicologiche hanno non solo sull’individuo, ma sulla società, sulla politica, sulla demografia, sulla sessualità e su ogni altro ambito della vita. In quegli anni fondò la Scuola di Reich in Italia. Poi, nel decennio successivo fondò la Scuola Bioenergetica di Alexander Lowen e, negli anni ‘80, quella di Carl Rogers, arrivando a dare un contributo fondamentale alla riscoperta e alla valorizzazione di Otto Rank, altro geniale allievo di Freud. Tra le sue opere maggiori si ricordano anche: “Sociologia del sesso”, Laterza (1963); “Repressione sessuale e oppressione sociale”, SugarCo (1964); “Wilhelm Reich – Biografia di un’idea”, SugarCo (1970), “Psicopolitica”, SugarCo (1975); “Poesia del desiderio”, La Nuova Italia (1992; poi 1998 Seam); “Il Manifesto dei Liberisti – Le idee-forza del nuovo Umanesimo Liberale”, Seam (1995); “Aids. La grande truffa” (con Fabio Franchi), Seam (1996); “Il Solista - Autobiografia d’un italiano fuori dal coro”, Edizioni Interculturali (2003); “Il nuovo pensiero forte – Marx è morto, Freud è morto e io mi sento molto meglio”, Spirali (2007); “Svolta a destra? Ovvero non è conservatore chi combatte parassiti, fannulloni e sfruttatori”, Armando Curcio Editore (2008).

 

Luigi De Marchi, inoltre, è stato sempre in prima linea nella sensibilizzazione sui rischi dell'esplosione demografica di cui ha fatto, per anni e decenni, una lunga e durissima battaglia controcorrente. Caro Gigi, eri un uomo coraggioso, libero, vero. Ora che hai chiuso gli occhi, sarà più difficile per chi ti amava e ti ama, sentirsi più libero. Perché tutti noi dobbiamo a te la conquista di alcune nostre libertà. Senza di te, sarà dura.

 



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